Fulvio Abbate, il Fatto Quotidiano 5/7/2014, 5 luglio 2014
ALESSANDRO CATTANEO E LA STRATEGIA DEL MOCIO
Alessandro Cattaneo, “volto giovane” di Forza Italia”, incidentalmente già “sindaco più amato d’Italia”, nella “sua” Pavia, si capisce fin da lontano lontano come possa, notevolmente, piacere al principale della tradotta azzurra Silvio Berlusconi. Così fino a conquistare il sempre vacillante titolo di Prescelto non meno celeste. Cattaneo, infatti, già dalle sue perfette misure antropologiche, di più, osservandolo nel suo formato televisivo, custodisce le qualità del “bravissimo ragazzo”, dell’“ometto perbene”, del “genero ideale”, del “fidanzatino d’Italia”, non un capello fuori posto, il ragazzo nostro… Perdonate l’eccesso di virgolette, ma davvero Cattaneo esiste a tentoni nell’immaginario pubblico innanzitutto muovendo dai molti testi a fronte cui rimanda, con orgoglio da misurato ben pensante. Non ultima, dimenticavo, una marcata somiglianza con un altro pupillo apprezzato dalle masse in cerca della pianura della moderazione insieme alla scriminatura esatta, il blazer ben stirato, il pedigree sociale che non conosce eccessi, hai capito bene, stiamo parlando di Emanuele Filiberto di Savoia, il suo (quasi) sosia.
Ed effettivamente, mettendo per un istante da parte le ragioni e gli argomenti della sua esistenza in vita politica, compresa l’esperienza di amministratore con la solfa della “cultura del fare”, scorgendolo puntualmente ospite di Agorà su Rai3, così come in ogni altro talk che dio palinsesto manda in terra, si ha la prevedibile sensazione che l’uomo debba assolvere il proprio ruolo di “forza tranquilla”, rassicurante camomilla dialettica, stia, insomma sotto le insegne di Forza Italia secondo quella che con un’iperbole per nulla inelegante potremmo chiamare la “strategia del mocio”.
Avete capito proprio bene: la faccina, il blazer, il tono della voce quasi inavvertibile, la scriminatura di Alessandro Cattaneo costituiscono l’ideale strofinaccio destinato a rimuovere strategicamente dal ricordo recente il peso simbolico di altre facce ben più inquietanti e impresentabili del partito personale di Berlusconi: i Verdini, gli Scajola, tanto per non andare oltre l’ambo secco. Non sembri fuorviante il riferimento iconico che mi appresto a fare, eppure il nostro suggerisce proprio l’immagine di un celebre manifesto sovietico con Lenin che ramazza via dal globo terrestre i nemici di classe.
Accanto a queste certezze inossidabili, Mocio Cattaneo, consegna un’ulteriore domanda bassamente mediatica e insieme assoluta soprattutto se inquadrata nel teatro della vita e della soddisfazione personale. Eccola: resisterà il “caruccio” Alessandro sul piano inclinato della leadership o piuttosto, colpa del destino e di un Silvio viziato e volubile come un gran visir o addirittura Sardanapalo, svanirà presto dalla vista come la povera Elisabetta Gardini? Chi vivrà vedrà, nel frattempo il carnet di impegni mediatici del nostro sembra infittirsi di impegni. Siamo ancora lontani dalla riconoscibilità immediata della sagoma del personaggio, ma il ragazzo è già lì sulla rampa di lancio.
Fulvio Abbate, il Fatto Quotidiano 5/7/2014