Stefano Lepri, La Stampa 5/7/2014, 5 luglio 2014
L’ITALIA VA A CACCIA DI SPAZI SU DEBITO E PAREGGIO DI BILANCIO
Il sistema delle regole di bilancio europee «è diventato eccessivamente complicato, con obiettivi e traguardi multipli», scrivevano un paio di settimane fa gli esperti del Fondo monetario internazionale, addottorati in economia nelle migliori università del pianeta. Se pare astruso a loro, figuriamoci ai comuni mortali.
Infatti quando si parla di rendere più flessibili quelle regole, anche molti politici si muovono a tentoni. Al vertice europeo della settimana scorsa il governo italiano aveva chiesto chiarezza, ha ottenuto di cambiare un aggettivo in un gergalissimo comunicato finale. L’attuale controversia tra Roma e Berlino concerne che cosa di preciso significhi il compromesso raggiunto.
I DUBBI SULLE REGOLE
Le regole severe concordate nel momento peggiore della crisi dell’euro (prima il «Six-Pack», poi il «Fiscal Compact», ovvero Trattato sulla stabilità di bilancio, Tscg in sigla inglese) sono soggette a un codice di applicazione che prevede margini di flessibilità; li prevede, appunto, in modo tutt’altro che univoco.
Occorre una interpretazione della interpretazione, che di fatto può variare a giudizio della Commissione europea in carica, oppure secondo i compromessi volta a volta stipulati dai governi. Matteo Renzi ha appoggiato la nomina a presidente di Jean-Claude Juncker confidando in una sua interpretazione benevola. Ma chi sarà il commissario agli Affari monetari?
In più, le regole si reggono su calcoli economici differenti Paese per Paese, con ipotesi controverse tra gli stessi esperti (quanto è possibile ridurre la disoccupazione senza causare tensioni? Quanti bambini nasceranno nei prossimi 50 anni, quanto a lungo vivranno i pensionati?).
I MARGINI DI MANOVRA
Di discrezionalità ce n’è, però inafferrabile. Le regole vere e proprie, schematizzando, sono tre: 1) quella preesistente che il deficit pubblico di ciascun Paese non può superare il 3% del prodotto lordo; 2) l’«obiettivo di medio termine» di avvicinamento al pareggio di bilancio strutturale, calcolato su misura per ciascun Paese; 3) quella sul calo del debito.
I PALETTI
La prima regola è la più severamente difesa. Ai Paesi con alto debito non è concesso violarla, né Renzi intende tentare. Per l’Italia significa che il deficit 2014 non potrà superare i 47-48 miliardi di euro. Francia e Spagna non la rispettano perché hanno un debito totale più basso; la Francia si è impegnata ad arrivarci nel 2015, è già chiaro che non ci riuscirà.
La seconda regola è più stringente della prima, è oggi la più importante: l’abbiamo anche recepita nella nostra Costituzione. Ma risulta anche molto ambigua. L’Italia è sotto osservazione perché nel 2014 non la sta rispettando; tuttavia addendi e parametri dei calcoli complicati di cui sopra potrebbero mutare (il nostro ministero dell’Economia punta su un riesame).
La terza regola, sulla diminuzione del debito totale, è stata scritta soprattutto per il nostro Paese. In tempi normali, sarebbe più lieve della seconda. Oggi, con l’inflazione bassa, diventa la più pesante. Ma il suo calcolo è complicato e prende molto tempo; la procedura di sanzione è macchinosa. Ampie privatizzazioni aiuterebbero a rispettarla; comunque il verdetto è lontano.
Prima di trovare nuovi margini, occorre non farsi sanzionare sulla seconda regola. Inoltre, non tutte le spese sono uguali; il documento approvato dal vertice europeo riconosce che c’è gran bisogno di più vasti investimenti, ed è per farne che si può più facilmente ottenere via libera.
IL NODO DEGLI INVESTIMENTI
La via procedurale in questa direzione non è chiarissima; di sicuro occorrerà dimostrare che si fanno investimenti aggiuntivi tagliando al contempo le spese. Se invece si invocherà a posteriori la clausola pro-investimenti per giustificare l’incapacità di ridurre le spese, la porta resterà sbarrata.
Alla fine, la scelta sarà in gran parte politica. Se il governo italiano darà l’impressione di cercare spazi solo perché ha difficoltà con la manovra 2015, i «duri» tedeschi prevarranno. Se attuerà riforme efficaci, in un modo o nell’altro la flessibilità si troverà.
Stefano Lepri, La Stampa 5/7/2014