Jonathan Franzen, la Repubblica 5/7/2014, 5 luglio 2014
“LA MIA BATTAGLIA PERCHÉ L’ITALIA FERMI LA BARBARIE CONTRO GLI UCCELLI”
[Jonathan Franzen] –
Amo l’Italia e amo gli uccelli selvatici, e vorrei tanto che questi miei amici potessero andare più d’accordo. Sebbene la maggioranza degli italiani sia incline alla protezione della natura, sulle orme di quel cammino che fu una volta di San Francesco, l’Italia ha una cupa – e purtroppo ben meritata – fama internazionale per la sua ostilità verso la fauna alata. Forse dipende dalla notizia, di poco tempo fa, di un cacciatore italiano che sparò e uccise un ibis eremita, uno degli ultimi esemplari di una specie a rischio estinzione, o forse dallo sconvolgente e indegno comportamento dei cacciatori italiani all’estero, nei Balcani o in Egitto, o forse ancora dai ricorrenti incontri dei turisti in Toscana con i cacciatori intenti ad abbattere ogni piccolo uccello di passaggio. Certo è che l’immagine che l’Italia offre di sé al mondo è macchiata dalla violenza perpetrata ai danni di queste splendide e innocue creature.
La proposta di legge che è ora in discussione in Parlamento, per l’abolizione dell’impiego degli uccelli da richiamo, rappresenta una grande opportunità per l’Italia di riparare ai torti inferti agli uccelli e cambiare in meglio la propria immagine davanti al mondo.
L’uso degli uccelli da richiamo è uno dei metodi di caccia più crudeli ancora praticati in Italia. Delle sette specie legalmente catturabili a questo scopo, cinque – l’allodola, il merlo, il tordo bottaccio, il tordo sassello e la cesena – sono piccoli uccelli migratori che hanno nidificato nel nord Europa e che finiscono, non appena giunti in Italia, in enormi reti. I piccoli prigionieri sono infilati in gabbiette e tenuti al buio per mesi, in modo da distorcere la loro percezione delle stagioni. Quando, in autunno e in inverno, vengono riportati all’aperto, i piccoli pennuti credono sia arrivata primavera e la festeggiano con i loro canti. È ciò che vuole il cacciatore: il canto attrae gli uccelli in migrazione, abbastanza vicino da potergli sparare.
Come aiuto per la caccia, gli uccelli da richiamo sono senz’altro efficaci, ma il loro uso è subdolo. Ci sono poche cose peggiori che puoi fare a un uccello selvatico, la cui intera natura è di volare libero, che rinchiuderlo in una minuscola gabbietta per il resto della sua vita. Approfittare della psicologia di una creatura, di un nostro compagno - che come noi ha sangue caldo in corpo – per indurlo a cantare fuori stagione forzandolo ad attrarre i suoi fratelli verso una morte violenta, è triste e inumano.
L’autunno scorso la Lipu (BirdLife Italia) ha lanciato una campagna per raccogliere cinquantamila firme e chiedere al Parlamento italiano di bandire finalmente l’uso degli uccelli da richiamo. Il numero di cinquantamila firme era simbolico e corrisponde alla quantità di uccelli migratori legalmente catturati ogni anno in Italia per diventare richiami nelle gabbiette. In aprile le firme sono state consegnate in Parlamento, insieme a una proposta di legge per l’abolizione di questa pratica. Da allora, grazie all’interessamento dei cittadini, al coinvolgimento dei social network e alle petizioni online, il numero di adesioni raccolte è aumentato a parecchie centinaia di migliaia. Intorno alla campagna si sono strette tutte le maggiori associazioni italiane, tanto quelle ambientaliste quanto quelle per i diritti degli animali (Enpa, Cabs, Lac, Lav, Wwf Italia). Nel frattempo la Commissione Europea ha aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia, poiché la cattura degli uccelli selvatici è proibita da una direttiva comunitaria. L’uso dei richiami in sé non è vietato in Europa (uccelli allevati in cattività potrebbero ancora essere utilizzati), ma la Commissione ha suggerito che l’Italia bandisca del tutto questa pratica, visto che i tordi possono benissimo essere cacciati anche con l’ausilio di fischietti boccali o senza alcun richiamo.
Il governo e il parlamento italiani hanno invece proposto due emendamenti alla legge esistente (uno nel quadro della legge comunitaria e l’altro in seno al decreto sulla pubblica amministrazione) che limitano l’utilizzo dei richiami invece di abolirli una volta per tutte. Un piccolo passo avanti, ma non abbastanza. Finché vi sarà la possibilità per i cacciatori di avere uccelli da richiamo, si permetterà anche che fiorisca un vasto mercato nero di uccelli catturati illegalmente e rivenduti come “allevati”. E un metodo di caccia insidioso, una pratica che trasforma una delle glorie della natura – il canto degli uccelli – in un inganno letale sopravviverà e continuerà a macchiare l’immagine internazionale dell’Italia.
I prossimi giorni sono cruciali: il Senato dovrà scegliere fra la proposta del governo e gli emendamenti delle associazioni ambientaliste. Questo è il momento di dire al presidente del Consiglio Matteo Renzi di non mancare l’opportunità che si presenta di fare dell’Italia un Paese più sicuro per gli uccelli migratori, di porre fine a una crudele pratica venatoria e di prendere le redini dell’Europa, anche nella conservazione del patrimonio naturale.
Jonathan Franzen, la Repubblica 5/7/2014