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 2014  luglio 05 Sabato calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - AL BAGHDADI APPARE IN UN VIDEO



BEIRUT - L’autoproclamato ’califfo’ dello ’Stato islamico’ tra Iraq e Siria (Isis), Abu Bakr al Baghdadi, è apparso per la prima volta oggi in immagini video riprese ieri, in una moschea non identificata di Mosul (seconda città irachena caduta il 9 giugno nelle mani dei jihadisti sunniti), nel nord del Paese, nel corso della preghiera del venerdì. Lo riferiscono i profili Twitter dello stesso Stato islamico e la notizia è stata rilanciata dalle agenzie di stampa.

Nel video, il leader jihadista, che finora ha sempre operato nell’ombra, ordina a tutti i musulmani di ubbidirgli.
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Abbigliato in modo sobrio - con una tunica e un turbante neri - l’uomo identificato dall’ufficio stampa dello ’Stato islamico’ come il ’principe dei credenti Abu Bakr al Baghdadi’ è in effetti molto somigliante all’identikit fornito nei mesi scorsi dai servizi di sicurezza americani e giordani. Su di lui, gli Stati Uniti hanno posto una taglia pari a dieci milioni di dollari.

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Durante la sua predica, durata poco più di un quarto d’ora, Baghdadi si è rivolto ai fedeli salmodiando versi del Corano e della tradizione del profeta Muhammad. Dall’alto di un pulpito in pietra decorato di sculture, lo shaykh ha innanzitutto elogiato il mese sacro islamico di Ramadan, iniziato a fine giugno e che si concluderà a fine luglio. Ha poi esaltato i mujahidin (i combattenti per il jihad), invitandoli a compiere il loro "sforzo" (jihad) sulla via di Dio, perché "l’annuncio del califfato è un dovere di tutti i musulmani". L’imam si è dunque rivolto contro i miscredenti e gli ipocriti, esaltando le "vittorie dei musulmani" a "Occidente e Oriente".

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Soltanto qualche giorno fa, al Baghdadi ha promesso di conquistare anche Roma, lanciando un appello ai musulmani di tutto il mondo affinché immigrino nella sua nuova terra per combattere sotto la sua bandiera. Ancora prima aveva minacciato gli Stati Uniti, paventando un attacco peggiore di quello dell’11 settembre.

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"Coloro che possono immigrare nello stato islamico dovrebbero farlo perché l’immigrazione nella casa dell’Islam è un dovere" ha dichiarato al Baghdadi in un messaggio audio postato su un sito web utilizzato dal gruppo, in precedenza conosciuto come Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isil). "Affrettatevi o musulmani a venire nel vostro stato. E’ il vostro stato. La Siria non è per i siriani e l’Iraq non è per gli iracheni. Questa terra è per i musulmani, tutti i musulmani", ha detto ancora, citato dal sito internet del giornale The Telegraph. "Questo è il mio consiglio per voi. Se lo seguirete, conquisterete Roma e diventerete padroni del mondo, con la volontà di Allah".

NOTIZIE DI IERI
BAGDAD - Tenterà di restare al governo, nonostante le pressioni, per il terzo mandato consecutivo. Il premier iracheno uscente, Nuri al-Maliki ha dichiarato di non avere alcuna intenzione di ritirare la propria candidatura alla guida del nuovo esecutivo anche se la comunità internazionale, gli Stati Uniti in particolare oltre che diversi esponenti all’interno del suo blocco sciita, continuano a chiedere che si faccia da parte. A riferirlo è stata la tv panaraba al-Arabiya, con una scritta in sovrimpressione.

Al-Maliki si ricandiderà in quanto a capo del primo partito secondo l’esito delle elezioni legislative del 30 aprile. "Non potrò mai deludere il popolo che mi ha eletto", ha rimarcato nella dichiarazione riportata dai media locali, sottolineando che "il voto è un diritto del cittadino iracheno attraverso il quale ha deciso chi vuole" a guida del Paese. "Nessuno ha il diritto di porre delle condizioni, perché ciò equivarrebbe a una dittatura". E ancora "rititarsi dal campo di battaglia di fronte a organizzazioni terroristiche ostili all’islam e all’umanità significherebbe mancare alle responsabilità legali, nazionali e morali: giuro di voler rimanere a fianco delle forze armate e dei volontari per combattere fino alla sconfitta finale dei nemici dell’Iraq e del suo popolo", ha concluso al Maliki.

La dichiarazione del premier arriva poche ore dopo la rinuncia del leader della coalizione sunnita ’Uniti per le Riforme’ Osama al-Nujayfi a ricandidarsi per la presidenza della nuova Assemblea al fine di favorire un accordo per la nascita di una governo di unità nazionale. Il sunnita al-Nujayfi è uno dei principali rivali politici di Maliki. "Nell’interesse del popolo e del Paese ho deciso di non candidarmi", ha detto Nujayfi, secondo il testo di un discorso pubblicato sulla sua pagina Facebook. Il primo luglio si è conclusa in pochi minuti la prima sessione del nuovo Parlamento di Bagdad: a causa delle divergenze tra le forze parlamentari sulle nomine dei vertici dell’assemblea e il prossimo governo in aula è infatti mancato il quorum. Una nuova seduta è stata fissata per martedì prossimo.

Secondo fonti governative al-Maliki è quasi sicuramente destinato a pagare la crescente instabilità del paese, che da due anni sta scivolando di nuovo verso une guerra civile fra sciiti e sunniti di cui il premier, con la sua politica di marginalizzazione della minoranza sunnita, viene ritenuto responsabile principale.

L’alternativa sarebbe quella di un governo di unità sempre a guida sciita - agli sciiti, per una legge non scritta, spetta il primo ministro così come la presidenza della repubblica ai curdi - per il quale non mancano i candidati, dall’ex vicepresidente Adel Abdel Mehdi, considerato secondo alcune fonti il favorito, all’ex premier Ibrahim al-Jaafari o al suo vice Ahmed Chalabi.

Sebbene al premier uscente non manchino ancora gli appoggi in seno all’alleanza sciita - composta di vari blocchi, non tutti a lui favorevoli - rimane da considerare il fatto che l’apparente incapacità dell’esercito iracheno di far fronte alle milizie sunnite, assai meno numerose, potrebbe riflettere anche la volontà di una parte dello sciismo di liberarsi di al maliki che non ha dimostrato la capacità di poter condurre una politica di convivenza pacifica fra le comunità irachene.

Attentato suicida a Samarra. E’ di almeno 15 morti e 25 feriti il bilancio delle vittime di un attentato suicida contro un posto di controllo dell’esercito nei pressi della località di Samarra. Il kamikaze ha lanciato l’auto imbottita di esplosivo contro un posto di controllo uccidendo dei militari e dei volontari civili.

Nel Paese gli scontri non si placano. Nella zona di al Athim, nella provincia sunnita irachena di Diyala, l’esercito di Bagdad e i ribelli sunniti fedeli allo Stato islamico continuano a combattere. Gli scontri, secondo l’emittente televisiva "al Maiadin", vedono i ribelli avvicinarsi sempre di più alla capitale, nonostante qualche lieve successo conseguito nei giorni scorsi dall’esercito intorno a Tikrit. Oggi trenta militanti sunniti sono rimasti uccisi in un raid aereo delle forze governative per il controllo della raffineria di Beiji, la più grande dell’Iraq, che si trova a nord di Bagdad. Lo rende noto il portavoce delle forze antiterrorismo irachene, Sabah al-Nuaman, spiegando che nell’attacco aereo erano stati presi di mira otto veicoli. I combattenti del gruppo jihadista dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil), che hanno occupato gran parte del nord e dell’ovest dell’Iraq, cercano da settimane di conquistare la raffineria di petrolio del Paese.

Scali sotto controllo. Intanto oggi anche la Francia, su richiesta degli Stati Uniti, ha rafforzato le misure di sicurezza nei propri aeroporti per i voli verso gli Stati Uniti durante il periodo estivo, che potrebbero causare dei ritardi. Lo ha reso noto l’aviazione civile in una nota. Ieri Washington aveva chiesto ad una quindicina di Paesi in Europa e Medio Oriente di rafforzare i controlli nei propri scali perché esiste la possibilità di minacce terroristiche contro gli Stati Uniti, in particolare dallo Stato Islamico in Iraq e nel Levante (Isis).

Liberate le infermiere indiane rapite. Sono state liberate le 46 infermiere indiane bloccate a Tikrit, in Iraq, nella zona controllata dai militanti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante. Lo ha reso noto oggi il governatore dello stato indiano del Kerala, Oommen Chandy. Le donne torneranno a casa su un aereo speciale organizzato dal governo indiano. Sono attese domani nella città di Kochi, nel sud dell’India.

SITUAZIONE DEL 3 LUGLIO
WASHINGTON - Possono difendere la capitale, tenere il controllo su Bagdad, ma l’esercito iracheno non è in grado di riprendere i territorio occupati dagli insorti sunniti. A dirlo è il capo di Stato maggiore, generale Martin Dempsey, gli fa eco il segretario alla Difesa Chuck Hagel, che ha parlato alla stessa conferenza stampa al Pentagono confermando l’invio dei 200 consiglieri militari Usa che stanno valutando la situazione. Il capo militare ha ribadito che gli Stati Uniti non si faranno coinvolgere nelle operazioni di combattimento, così come preannunciato dal presidente Barack Obama.

Ma l’Iraq resta diviso. Lacerato dalla violenza settaria. Per un governo di unità sarebbe necessaria la partecipazione dei curdi, che invece vanno avanti per la loro strada, pronti a chiedere l’indipendenza. La regione curda semi-autonoma nel nord dell’Iraq per anni ha minacciato di separarsi dal resto del Paese. Ora, con la rivolta sunnita e le battaglie a Bagdad, i politici curdi dicono sia arrivato il momento: l’Iraq è già diviso lungo linee settarie ed etniche. "Il Paese è diviso. Abbiamo una nuova realtà" ha detto da Washington Fuad Hussein, capo di gabinetto del presidente regionale curdo Massoud Barzani.

La situazione è incandescente. L’esercito iracheno ha smentito di aver ordinato il ritiro di migliaia di soldati dalla zona di confine con l’Arabia Saudita. "Questa è una notizia falsa che ha lo scopo di colpire il morale della nostra gente e dei nostri eroici combattenti", ha affermato il portavoce delle forze armate irachene, il generale Qassim Atta. La frontiera con l’Arabia Saudita - ha assicurato - è "totalmente sotto il controllo" delle guardie irachene.

Stamani la tv saudita ha annunciato che Riad ha dispiegato 30mila soldati al confine con l’Iraq dopo che le truppe irachene hanno abbandonato le loro postazioni, lasciando le frontiere con l’Arabia Saudita prive di protezione. La stessa emittente aveva diffuso un video nel quale alcuni soldati con l’uniforme dell’esercito iracheno testimoniano di aver ricevuto l’ordine dai vertici militari di ritirarsi dalle zone di confine con i due paesi, senza che fosse fornita loro alcuna motivazione.

Obama e il re saudita. La "attuale situazione in Iraq e la minaccia che lo Stato Islamico in Iraq e in Levante pone all’Iraq e all’intera regione" è stata al centro di un colloquio telefonico tra il presidente Obama e re Abdullah di Arabia Saudita. Nel corso della telefonata, Obama e Abdullah "hanno ribadito la necessità che i leader iracheni procedano in maniera spedita per formare un nuovo governo in grado di unire tutte le diverse comunità irachene", si legge in una nota. Obama ha anche rivolto un invito alla responsabilità dei leader arabi sunniti e curdi, chiedendo loro di contribuire alla rapida formazione di un governo di unità nazionale a Bagdad per fronteggiare all’offensiva jihadista dell’Is.

Scontri vicino a Bagdad. Mentre è di 130 uccisi il bilancio degli scontri armati verificatisi nelle ultime ore a Karbala, città santa irachena 100 km a sud di Bagdad, tra forze di sicurezza e miliziani seguaci di un leader religioso ostile al governo filo-iraniano del premier Nuri al Maliki. I combattimenti erano scoppiati ieri tra le forze lealiste e miliziani dello shaykh Mahmud Sarkhi. Quest’ultimo è stato arrestato assieme a 350 suoi seguaci. Mentre 125 miliziani a lui fedeli son stati uccisi, secondo fonti governative irachene. Una cinquantina di infermiere indiane provenienti dallo Stato meridionale di Kerala sono state prelevate contro la loro volontà dall’ospedale di Tikrit in Iraq, città attualmente sotto il controllo dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil). Ne ha dato notizia il portavoce del ministero degli Esteri indiano Syed Akbaruddin, evitando però di indicare il responsabile di questa azione. A una domanda circa un possibile rapimento delle donne, Akbaruddin ha risposto: "in zone di conflitto non c’è libertà.
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Liberati camionisti turchi rapiti in Iraq. In serata è stata confermata la notizia che 32camionisti turchi, tenuti in ostaggio da giugno in Iraq dagli jihadisti dell’Is, sono stati liberati e consegnati alle autorità turche nel paese.

Usa rafforzano gli aeroporti. Gli Stati Uniti hanno comunque annunciato il rafforzamento delle procedure di sicurezza negli aeroporti internazionali con voli diretti verso gli Usa per il timore che militanti di al-Qaeda in Siria e Yemen stiano sviluppando bombe che possano essere nascoste sugli aerei. Le misure riguarderebbero aeroporti in Europa, Africa e Medio Oriente, ma non ne è stato diffuso un elenco.

Misure che vengono prese anche in vista della ricorrenza del 4 luglio. Secondo fonti della sicurezza nazionale, membri di al-Nusra in Siria e di al-Qaeda nella Penisola Arabica stanno collaborando per la realizzazione di esplosivi che possano superare i normali controlli. Preoccupano anche i recenti successi militari dello Stato islamico in Iraq e Siria che può contare su un crescente numero di militanti dall’America e dall’Europa che possono avere facile accesso a voli diretti negli Usa.

Ieri il leader dell’Is al-Baghdadi aveva rivolto un appello ai musulmani di tutto il mondo per venire a combattere sotto la sua bandiera e aveva minacciato gli Stati Uniti parlando di un attacco peggiore dell’11 settembre.
Iraq, Isis annuncia la nascita del "califfato" da Aleppo a Diyala: ecco la mappa

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Uganda, allarme all’aeroporto. Uno specifico allarme è stato lanciato oggi per l’aeroporto Entebbe in Uganda, secondo quanto ha comunicato il Dipartimento di Stato americano. L’ambasciata degli Stati Uniti a Kampala, in Uganda, ha ricevuto dalle autorità locali "informazioni" riguardo ad un possibile attacco all’aeroporto internazionale di Entebbe da parte di un gruppo terroristico sconosciuto, oggi, 3 luglio, tra le ore 21 e le ore 23 (ora locale)".

MAPPA La cartina del califfato "immaginato"

L’Is conquista impianto petrolifero siriano. Proprio oggi i ribelli dell’Is - come rende noto l’Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo - hanno conquistato al-Omar, il più grande impianto di estrazione di petrolio della Siria, fino ad oggi nelle mani di altri gruppi ribelli anti-Assad. E nuovi gruppi di ribelli annunciano il proprio giuramento di fedeltà ad al-Baghdadi, al Califfato e allo Stato Islamico.

NOTIZIE DEL 2 LUGLIO

ROMA - Abu bakr al-Baghdadi, il "califfo" autoproclamato dello "Stato islamico" che si estende fra l’Iraq e la Siria, ha promesso di conquistare anche Roma, lanciando un appello ai musulmani di tutto il mondo perché immigrino nella sua nuova terra per combattere sotto la sua bandiera. Ieri aveva minacciato gli Stati Uniti, parlando di un attacco peggiore di quello dell’11 settembre.

"Coloro che possono immigrare nello stato islamico dovrebbero farlo perché l’immigrazione nella casa dell’Islam è un dovere" ha dichiarato al-Baghdadi in un messaggio audio postato su un sito web utilizzato dal gruppo, in precedenza conosciuto come Stato Islamico dell’Iraq e del Levante. "Affrettatevi o musulmani a venire nel vostro stato. E’ il vostro stato. La Siria non è per i siriani e l’Iraq non è per gli iracheni.Questa terra è per i musulmani, tutti i musulmani", ha detto ancora, citato dal sito internet del giornale The Telegraph, colui che si è definito il primo califfo dell’Islam, dalla dissoluzione dell’impero Ottomano. "Questo è il mio consiglio per voi. Se lo seguirete, conquisterete Roma e diventerete padroni del mondo, con la volontà di Allah", ha concluso al-Baghdadi.

Il premier al-Maliki. Una dichiarazione definita dal premier iracheno, Nouri al-Maliki, "una minaccia per l’intera regione". Si tratta di un "messaggio a tutti gli Stati dell’area, che avverte che adesso sono dentro il cerchio rosso" e "nessuno in Iraq o in nessun altro Paese vicino sarà al sicuro da questi piani", ha aggiunto al-Maliki. E ha offerto l’amnistia alle tribù che in questo periodo hanno combattuto contro il governo.

Siria e Iraq. Si complica così ancora di più la situazione in Siria e Iraq. La proclamazione del Califfato, secondo cui lo Stato islamico si estende da Aleppo a Diyala, ha suscitato molte reazioni nell’ambito dei gruppi di fondamentalisti sunniti che combattono nei due paesi. Soprattutto perché al-Baghdadi ha imposto alle altre fazioni di prestare giuramento di fedeltà al califfato e di deporre le armi. In base al diktat, solo i membri del gruppo sono autorizzati a girare armati all’interno dello Stato islamico.

Alcune entità minori e leader tribali locali hanno aderito, altri stanno prendendo tempo, mentre altri ancora, si sono scontrati contro la formazione. E’ il caso, per esempio della cittadina di al-Bukamal, lungo il confine tra Siria e Iraq, dove lo Stato islamico ha combattuto per tre giorni contro altri gruppi di ribelli siriani, prima di conquistarla.

I combattimenti a Tikrit. Nelle ultime settimane il gruppo militante estremista sunnita ha preso il controllo di ampie zone nel nord e nell’ovest dell’Iraq, comprese le città di Mosul e Tikrit. L’aviazione irachena ha compiuto numerosi raid aerei su Mosul per colpire le postazioni dei ribelli sunniti. Secondo quanto riferisce l’emittente panaraba al-Jazeera, si combatte ancora anche a Tikrit, dove l’esercito non è ancora riuscito a riconquistare la città.

FOTO "Nessun confine", la propaganda dei ribelli

Sostegno all’Iraq da Usa e Russia. Nel frattempo, gli Stati Uniti stanno incrementando il sostegno a Baghdad. Secondo una fonte americana, citata da Iraqinews, sono in arrivo altri 300 soldati, alcuni elicotteri e aerei senza pilota. La decisione e’ stata annunciata dal Pentagono. Agli aiuti americani si sono aggiunti quelli russi e bielorussi. Si tratta in particolare di cinque aerei caccia Sukhoi, mentre 25, sono arrivati nei giorni scorsi in Iraq.