Paolo Lepri, Corriere della Sera 4/7/2014, 4 luglio 2014
«PIU’ RIGORE», LO STOP DI BERLINO
Italia ancora una volta sul banco degli imputati, al Forum economico della Cdu, il partito di Angela Merkel, dove è stato il presidente della Bundesbank Jens Weidmann a rivendicare, con toni molto duri, le ragioni del rigore e delle necessità di tenere i conti in ordine, chiamando in causa direttamente il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Ma anche il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, a pochi giorni dal vertice di Bruxelles, è stato molto rigido sul tema dei margini di manovra da utilizzare nel quadro del Patto di stabilità che era stato al centro del Consiglio europeo di fine giugno. «Rifiuto il tema della flessibilità», ha detto al convegno il «vecchio leone» cristiano-democratico, aggiungendo che «bisogna attenersi a quello che è stato concordato». «Ho parlato con il mio collega italiano Pier Carlo Padoan martedì e la questione che abbiamo affrontato — ha spiegato — era come si può migliorare l’implementazione in alcuni Paesi». La posizione del guardiano della casse tedesche è che i programmi ci sono, ma vanno realizzati. Come aveva fatto già il giorno precedente, ha indicato come esempio i fondi per le iniziative europee contro la disoccupazione. «Dei sei miliardi non è stato spesso nemmeno un euro».
Weidmann ha citato Renzi esplicitamente, dicendo agli esponenti dell’economia e della politica riuniti a Berlino dai cristiano-democratici che «il premier italiano afferma che la fotografia dell’Europa è il volto della noia e ci dice anche cosa dobbiamo fare». Sembrava quasi la replica degli attacchi lanciati a Strasburgo dal capogruppo del Ppe, il cristiano-sociale Manfred Weber. La grande paura del numero uno della Bundesbank è quella che i Paesi che spingono per promuovere la crescita facciano nuovi debiti. «Non è questo il presupposto della crescita», ha affermato, sottolineando con forza il rischio che «i tassi bassi non vengano usati per fare le riforme ma per finanziare altre spese». «Si tratta di verificare — è stato un altro passaggio del suo discorso — che le riforme vengano effettivamente fatte, non solo annunciate». Queste parole, come quelle di Weber del giorno precedente, non sono piaciute al governo italiano che ha fatto sapere in serata che «l’Europa non è dei banchieri tedeschi, ma dei cittadini europei. Se la Bundesbank pensa di farci paura forse ha sbagliato Paese. Sicuramente, ha sbagliato governo». «Non prendiamo lezioni da nessuno» aveva replicato mercoledì al capogruppo del Ppe Renzi, che ieri ha incontrato Padoan per fare il punto in vista dell’incontro con i membri della Commissione e dell’ Ecofin. Poco importa, forse, che Schäuble abbia tenuto a precisare che il governo di Berlino «non vuole, come alcuni scrivono, un’Europa tedesca, ma un’Europa forte» e che la Germania deve essere realista, tenendo conto degli equilibri politici generali, perché «sicuramente non starebbe meglio senza l’euro».
Il convegno cristiano-democratico si era aperto, in realtà, con un intervento abbastanza prudente della cancelliera, che aveva insistito sull’importanza del pareggio di bilancio nei conti pubblici che la Germania raggiungerà nel 2015, definendolo «un cambio di paradigma nella nostra storia, che deve essere mantenuto anche nel futuro». La parte centrale del discorso della cancelliera è stata dedicata ai negoziati per l’accordo di libero scambio con gli Stati Uniti che «devono essere velocizzati, perché si tratta di un obiettivo importante». Al forum era presente anche il primo ministro irlandese Enda Kenny, uno degli uomini a cui guardava Berlino per gli incarichi di vertice nell’Unione, secondo cui «bisogna lavorare» perché Londra non si allontani dall’Ue. Il presidente della Bce Mario Draghi non è potuto intervenire, ma il confronto a distanza con i «falchi» tedeschi registra un’intervista al Wall Street Journal del presidente dell’Ifo Hans-Werner Sinn, secondo cui Eurotower agisce «al di fuori del suo mandato».
Paolo Lepri