Emilia Patta, Il Sole 24 Ore 4/7/2014, 4 luglio 2014
QUELLE PREFERENZE INVISE AL CAV. E ANCHE AL PREMIER
La prossima vera grana per Matteo Renzi ha il titolo "preferenze". La verità è che le piccole liste bloccate dell’Italicum – ossia il sistema proporzionale con liste di pochi nomi, riconoscibili sì ma non scelti direttamente dagli elettori – sono il cuore del patto del Nazareno siglato a gennaio. Fermamente volute da Silvio Berlusconi e non sgradite a Renzi, le piccole liste bloccate restano e resteranno al loro posto. Tanto è vero che nell’incontro di ieri mattina il punto è stato dato talmente per assodato che non ci si è soffermati sopra più di tanto. Mentre si è discusso della possibilità di alzare dal 37% al 40% la soglia per far scattare il ballottaggio e «metodologicamente» di cambiare insieme anche le soglie di sbarramento; il che vuol dire accontentare il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano uniformandole al 4 o 5% sia per i partiti coalizzati sia per quelli non coalizzati. Stop. Il resto dell’impianto dell’Italicum resta lo stesso.
Non solo non ci saranno le preferenze, ma i piccoli partiti in coalizione che non raggiungeranno la soglia di sbarramento contribuiranno comunque a far scattare il premio di maggioranza (o il ballottaggio) così come imposto a suo tempo da Berlusconi. Un partito del 3% come Fratelli d’Italia, insomma, porterà acqua al mulino della coalizione anche se non avrà rappresentanti alla Camera. Su questo punto, così come sulle preferenze, Berlusconi non ha mollato e non è intenzionato a mollare. Renzi lo sa da mesi, naturalmente. Ma è una questione così delicata che è meglio non esplicitarla troppo, e non prima di aver portato a casa il primo sì del Senato alle riforme costituzionali. Per questo Lorenzo Guerini dice che quello sulle preferenze «è un ragionamento aperto». Per questo lo stesso Renzi qualche giorno fa ha pubblicamente aperto alla possibilità di introdurre le preferenze. In Parlamento la minoranza del Pd che ora si rifà all’area riformista è sul piede di guerra e già minaccia di non votare l’Italicum se resteranno le liste bloccate. A conti fatti, si tratta di una trentina di senatori e quasi un centinaio di deputati. E ieri l’ex segretario Pier Luigi Bersani è salito al Colle proprio per esprimere il suo pensiero e la sua preoccupazione su questo punto: con un Senato non più elettivo – è il ragionamento di Bersani – e una Camera eletta con liste bloccate ci ritroveremo un Parlamento di nominati, con gravi rischi per la democrazia. E anche Beppe Grillo, capita l’antifona, si è subito allineato mettendo da parte la proposta di legge elettorale "Democratellum" già bocciata da Renzi e insistendo proprio sulle preferenze: «La loro legge ha dei caratteri incostituzionali, noi vogliamo le preferenze». Per Renzi un asse pericoloso, quello sulle preferenze, che potrebbe incrociare parte del Pd grillini e centristi in una opposizione di fatto al patto del Nazareno. Da qui l’esigenza per il premier di muoversi con cautela sul punto. Portando prima a casa il voto del Senato sulle riforme costituzionali entro luglio.
Personalmente Renzi non ha mai amato le preferenze. Piuttosto, meglio il sistema dei collegi uninominali del vecchio Mattarellum. Ma, accademia a parte, ora il premier ha un motivo squisitamente politico per non strapparsi i capelli in favore delle preferenze. È evidente che le piccole liste bloccate daranno al leader del Pd la possibilità di disegnare più a sua immagine e somiglianza la prossima rappresentanza parlamentare democratica. E l’esperienza di questi mesi ha dimostrato quanto è importante, dal suo punto di vista, avere gruppi parlamentari omogenei per portare avanti le riforme. Mai più Chiti e Mineo, insomma, nella prossima legislatura. Da una parte la fedeltà al patto con l’ex Cavaliere e la necessità di avere in cambio dell’Italicum il sostegno di Fi alle riforme costituzionali; dall’altra la volontà di non lasciare con le preferenze sacche di potere ai "nemici" interni, che potrebbero far leva sul loro radicamento nel territorio per ottenere la ricandidatura: le ragioni politiche in favore delle piccole liste bloccate sono per il premier più profonde di quanto possa sembrare. Più profonde e più solide della propaganda grillina che verrà.
Emilia Patta, Il Sole 24 Ore 4/7/2014