Roberto D’Alimonte, Il Sole 24 Ore 4/7/2014, 4 luglio 2014
«GRILLINUM» FUORI TEMPO
Non sarà Grillo l’interlocutore di Renzi sulle riforme istituzionali. Almeno non per ora. È questo il senso dell’incontro di ieri tra Renzi e Berlusconi. Il patto del Nazareno tiene. Il M5S è arrivato tardi. A gennaio avrebbe forse potuto essere un interlocutore influente.
Dopo tutto il modello di riforma elettorale proposto ora dal M5S non è lontano da uno dei tre modelli indicati da Renzi. Ma a gennaio è stata fatta una scelta diversa che ieri è stata confermata. Ricominciare da capo non ha senso. Per la riforma elettorale si andrà avanti con l’Italicum. Ed è bene che sia così. La proposta del M5S non è campata per aria ma, oltre ad essere arrivata tardi, ha dei limiti che la rendono meno preferibile dell’Italicum.
L’obiettivo principale del nuovo sistema elettorale deve essere quello di garantire che la sera delle elezioni si sappia chi ha vinto. Quello che in gergo si chiama la "decisività" del voto degli elettori. Sono i cittadini a scegliere il governo. Su questo pare che anche il M5S sia d’accordo. Quanto meno immaginiamo che lo sia. Bene, questo obiettivo si potrebbe certamente realizzare anche con il grillinum, ma al costo di sacrificare eccessivamente la rappresentatività. Infatti per ottenere questo risultato si dovrebbero fare circoscrizioni elettorali molto piccole, cioè con pochi seggi da assegnare. Solo in questo modo il sistema elettorale potrebbe produrre un livello di disproporzionalità – vale a dire una distorsione voti-seggi – tale da assicurare che il partito o la coalizione con la maggioranza relativa dei voti ottenga la maggioranza assoluta dei seggi. Però, battendo questa strada, si finisce col penalizzare fortemente la rappresentanza delle formazioni minori.
Lo stesso obiettivo si può ottenere con l’Italicum in maniera più semplice e più trasparente. Infatti con questo sistema di voto se un partito supera una certa soglia – che sia parte di una coalizione o no – avrà comunque un certo numero di seggi. Così anche le formazioni minori sono rappresentate. L’importante è che la soglia non sia troppo elevata. E soprattutto che sia unica per tutti i partiti. E in questo l’Italicum, come abbiamo scritto più volte, andrebbe rivisto. Le soglie attualmente previste sono troppe, troppo elevate e troppo distorsive.
Il vero vantaggio dell’Italicum sul grillinum però è un altro. Si chiama ballottaggio. Nel nostro paese sono in tanti quelli che ancora pensano che proporzionalità e democrazia siano la stessa cosa. E allora è bene che se un partito o una coalizione non ha i voti per ottenere la maggioranza assoluta dei seggi in base alle prime preferenze degli elettori ci sia un secondo turno in cui contino anche le seconde preferenze. Dopodiché alla maggioranza dei voti corrisponderà necessariamente la maggioranza dei seggi. Detto altrimenti: il meccanismo del ballottaggio legittima meglio la disproporzionalità rispetto a quello delle piccole circoscrizioni. Nella attuale versione dell’Italicum il ballottaggio è previsto solo se un partito o una coalizione non arriva al 37% dei voti al primo turno. In questo caso sono gli elettori che vanno a votare al secondo turno a scegliere il vincitore tra i primi due competitori. Se invece un partito o una coalizione arrivano al 37% al posto del ballottaggio c’è un premio pari al 15% dei seggi che si aggiungono a quelli naturalmente ottenuti da chi arriva primo in termini di voti. È un altro modo di produrre disproporzionalità, ma è peggio del ballottaggio. Per questo sarebbe più funzionale che la soglia del 37% sia alzata. Non si sa se questo sia stato un argomento discusso ieri.
Si sa invece che tra Renzi e Berlusconi si è parlato di preferenze. Per il premier è un argomento ostico. Berlusconi è da sempre contrario. Il M5S ne ha fatto un cavallo di battaglia e la stessa cosa si appresta a fare una parte del Pd. Dare la possibilità agli elettori di scegliere i candidati suona bene. E lo stesso si può dire del Senato eletto direttamente dal popolo anziché dai consigli regionali. Il fatto che le preferenze e l’elezione diretta dei membri della seconda camera siano istituti rarissimi nelle altre democrazie non conta. Ma questo è un dettaglio che si perde nel vortice della retorica politica che caratterizza la discussione su questi temi. Alla fine, se fosse per il premier le preferenze si potrebbero anche introdurre ma è difficile che Berlusconi faccia marcia indietro. E allora vale la pena di far saltare tutto? Una buona riforma elettorale val bene una lista bloccata.
Roberto D’Alimonte, Il Sole 24 Ore 4/7/2014