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 2014  luglio 04 Venerdì calendario

LA CINA VIETA IL RAMADAN NELLO XINJIANG


Perché Pechino attacca i musulmani uiguri?
Niente Ramadan per gli uiguri. Nello Xinjiang cinese, infatti, l’etnia musulmana maggioritaria è sorvegliata speciale, in particolar modo quest’anno, segnato da una serie di sanguinosi attentati, rivendicati da gruppi indipendentisti uiguri. Così, per contrastare il terrorismo, ecco che Pechino se la prende con il mese sacro all’Islam: niente digiuno per i dipendenti pubblici anche se pensionati, e per gli studenti; e pressioni su tutti gli altri affinché non rispettino i dettami del Ramadan. L’annuncio è stato diffuso in modo capillare, appeso nelle scuole e davanti alle moschee, e sui siti web degli uffici governativi e delle organizzazioni legate al Partito Comunista. Un divieto spiegato sostenendo che il digiuno nuocerebbe alla salute in particolare dei giovani «che devono nutrirsi in modo regolare». Alcuni insegnanti sono stati piazzati davanti alle moschee in molte città dello Xinjiang (grande cinque volte l’Italia) per evitare che studenti e minorenni non vi entrino. In tutta la Cina vige il divieto di istruzione religiosa ai minorenni, anche se impartita all’interno delle famiglie, ma questa legge draconiana è fatta rispettare solo nei territori tibetani e uiguri. Così, mentre agli impiegati pubblici uiguri non è consentito portare la barba o i baffi, e alle donne è proibito anche un fazzoletto sulla testa, ecco che i musulmani hui, che non hanno rivendicazioni territoriali da portare avanti, possono scegliere se rasarsi o coprirsi il capo. Durante il Ramadan, digiunano indisturbati fino al tramonto. Per stanare possibili sovversivi, il primo luglio, 93° anniversario della fondazione del Partito Comunista, le celebrazioni nello Xinjiang hanno visto funzionari cinesi aggirarsi con vassoi di leccornie, sorvegliando chi si asteneva dal gustarne. A Qarkilik (Ruoqiang in cinese) le scuole hanno affisso un avviso sul sito web che spiega che «nessun insegnante può prendere parte ad attività religiose, promuovere sentimenti religiosi o sospingere gli studenti a prendere parte in attività religiose», mentre negli uffici pubblici provinciali avvisi spiegano che i luoghi statali non possono essere «tramutati in luoghi di promozione religiosa».

Ilaria Maria Sala, La Stampa 4/7/2014