Paolo Baroni, La Stampa 4/7/2014, 4 luglio 2014
NEL “LABORATORIO” ROMA LA SFORBICIATA NEUTRALIZZATA DALLE PRESSIONI DEI PARTITI
Roma, lo sappiamo, in fatto di conti fa un po’ acqua da tutte le parti. Con le sue 44 farmacie la capitale, unico caso in Italia, riesce a perdere in media la bellezza di 10-15 milioni di euro l’anno, coi trasporti urbani gestiti dall’Atac quest’anno siamo arrivati a quota -219. Poi c’è il caso di Assicurazioni di Roma (AdiR), unica compagnia assicurativa in Italia controllata da un Comune, costituita nel 1971 per gestire «al meglio» le polizze delle migliaia di mezzi pubblici comunali e finita per praticare a suoi soci fondatori (oltre al Comune, l’Atac e l’Ama) tariffe che sono in media il 20% più alte del mercato.
Pressata dalla necessità di mettere assieme un piano di rientro da 550 milioni di euro in tre anni, per queste e per altre ragioni, la capitale in queste settimane è un po’ diventata il «laboratorio» della spending review. La palestra dove si sperimenta la cura che Cottarelli ha in mente per tutte le altre amministrazioni pubbliche. All’ombra del Campidoglio ridurre i costi, tagliare sprechi e recuperare efficienza, tanto più alla luce dei casi Farmacap e AdiR e delle pessime condizioni di Atac e Ama, è diventato un obbligo assoluto. Il piano dettato dal decreto «Salva Roma» non ammette cedimenti: e per questo la giunta guidata ad Ignazio Marino ha messo a punto un programma molto ambizioso quanto obbligato. «Vogliamo diventare un esempio virtuoso per tutti gli enti locali italiani» spiegava ancora ieri il sindaco Marino.
Che ha messo in conto di liquidare una trentina di società, con risparmi attesi per circa 90 milioni, e di dare il via ad una spending review «a 360 gradi» che va dagli affitti passivi alle utenze telefoniche, dalle spese per l’elettricità alle utenze idriche sino ai costi per l’acquisto di carburante, pc e software.
Lo scoglio più grosso, però è rappresentato dalle partecipate. Ai primi di aprile i piani prevedevano tra l’altro di cedere tutte le controllate dell’Ama, buona parte se non tutte le farmacie comunali, di riportare all’interno dell’Atac sia la manutenzione (Ogr srl) sia gli immobili (Roma patrimonio). E ancora di liquidare Trambus Open e Bravobus, di passare all’Agenzia della mobilità la realizzazione delle linee C e B1 fino ad ora assegnate alla società misto pubblico-privata Roma Metropolitane e quindi di procedere ad una serie di altri accorpamenti: Zetema fusa con Azienda Palaexpo per creare un unico polo culturale, il Centro ingrosso fiori fuso con il Centro agro alimentare. Ed infine le funzioni di Risorse per Roma assegnate ad altre aziende.
Poi la questione è approdata in consiglio comunale, nelle varie commissioni, sono entranti in campo i partiti coi loro mille interessi, ed il piano ha cominciato a perdere pezzi. Farmacap? Nessuna privatizzazione: andrà sul mercato il 20% appena, al massimo il 40%. Il Pd è d’accordo, Sel vorrebbe addirittura che restasse tutta pubblica ed in più occasioni ha minacciato di disertare i lavori del consiglio per protesta contro le «privatizzazioni». Non parliamo poi delle opposizioni, di Alemanno e Marchini, entrambi sulle barricate assieme ai grillini. ll sindaco Marino non è certo contento, ma poi non può che rimettersi alla volontà del consiglio perché comunque l’insieme del piano ha ottenuto un primo ok dal governo che di qui a un mese deve esprimere il suo parere e contribuire a sua volta al ripiano dei conti riconoscendo a Roma i costi legati alla funzione di capitale (Marino in questo modo si aspetta 110 milioni).
Nel frattempo, però, Roma Metropolitane passa a Risorse per Roma, che così si salva. Pure Zetema, dietro pressione del Pd, sembra non si tocchi più. Cedere AdiR? Idem. Il caso più eclatante, però, è quello di «Roma Multiservizi» una delle nove società partecipate dall’Ama, la disastrata azienda rifiuti, che secondo i piani doveva liquidare tutte le sue quote, anche le più piccole. La «Multiservizi» (51% Ama, 49% Manutencoop e la Veneta servizi) ha circa 3900 dipendenti ed un fatturato di 80-90 milioni di euro per il 60% assicurato dagli appalti di Roma Capitale. Si occupa delle pulizie e della manutenzione di scuole ed aree verdi. Il piano originale prevedeva l’uscita dell’Ama e l’assegnazione dei lavori tramite la Consip al Consorzio nazionale servizi che a sua volta doveva assorbire i dipendenti della Multiservizi, anche se non tutti. E proprio sulla questione occupazionale, anche se alla fine i posti non garantiti sembra fossero appena 250, quelli degli impiegati e dei dirigenti, è scoppiato un putiferio. I dipendenti hanno occupato il Campidoglio riuscendo a portare dalla loro parte tutto il consiglio comunale. Risultato: nessuna liquidazione e appalto prorogato di nuovo, «ma a prezzi allineati a quelli della Consip» assicurano in Campidoglio.
Fra un anno la quota Ama sarà messa in vendita attraverso una gara internazionale. Ma ci sarà qualcuno che se la compra se poi deve farsi carico di tutti i 3900 dipendenti attuali?
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Paolo Baroni, La Stampa 4/7/2014