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 2014  luglio 04 Venerdì calendario

JUNIOR: «IO PENSAVO, QUI CORRONO»

La voce melodiosa e il samba di Leo riporta al­l’Estate 1982, quella del Mundial di Spagna, quando tutta Copacabana cantava in coro, Voa canarinho, voa… Era l’inno della Seleçao e l’autore - testo e musica - lui, Leovigildo Lins Gama Junior, per il popolo del Pais do futebol semplicemente Leo Junior. Con Zico è stato la grande anima del “rubro negro”, il Flamengo, e per O Rey Pelè, uno dei 125 giocatori più forti di tutti i tempi.
«Ma questo ora non conta. Adesso non gioco più, faccio il giornalista, come te…», dice ridendo sotto il baffo brizzo­lato che lo rese ’Papà Junior’ già nei rug­genti anni ’80 italiani, prima come indi­menticato cuore Toro e poi nel Pescara di Giovanni Galeone.
«Ah Galeone, un filosofo, uno dei pochi che ho incontrato nel mondo del calcio», dice con tono da opinionista consuma­to. Quello del giornalista è un vecchio pallino di Junior fin dai tempi di Pesca­ra, quando su TeleMare andava in onda BrasiLeo. La sua prima trasmissione, in cui coniugava i due grandi amori di una vita, il futebol e la musica. «Dal Mondia­le del ’98 lavoro per Rede Globo e non ho mai smesso un giorno di cantare. Il mio gruppo si chiama ’Samba de Sopa’, zup­pa di samba. Ogni due settimane faccia­mo le prove e teniamo concerti in tutto il Brasile. Chi paga il biglietto o compra i miei dischi - ho inciso 4 cd e Voa cana­rinho voa all’epoca ha venduto quasi un milione di co­pie - sa che quei soldi serviranno per comprare il latte ai bambini della favela o a supportare alcune istituzioni che seguiamo da anni».
Progetti solidali che vanno da Joao Pessoa, lo stato in cui è nato, «in una famiglia borghese», alle favelas pacifica­te, ma ancora infernali, che circondano il paradiso ter­restre della Barra di Rio de Janeiro, dove risiede. «Sono arrivato a Rio che ero un bambino e ora ho appena com­piuto 60 anni. Il regalo più bello me lo ha fatto il Brasile passando ai quarti di finale. È stata dura con il Cile, ma lo sapevamo, e questa sera ci aspetta un’altra sfida diffi­cilissima con la Colombia che finora ha giocato il calcio più spettacolare. La Seleçao? E’ una torta, con sopra u­na “ciliegina”, Neymar. Lui come Pelè? Per noi brasiliani Pelè è ancora inarrivabile, ma Neymar è uno che già si può sedere a tavola con Maradona, Zico e Platini. Sta gio­cando con addosso la pressione di 200 milioni di tifosi, ma ha fatto 4 gol ed è uno che non si tira mai indietro».
Felipao Scolari invece ha rispedito a casa Kakà, uno che magari faceva comodo a questo Brasile sen­za regia, così come un nuovo Junior, che a guardar bene non c’è. «Nel 2002 Sco­lari non convocò Romario, fu conte­stato, ma poi ha vinto il Mondiale e ha avuto ragione. Non convocando Kakà, Felipao non è stato neanche critica­to, ma io penso che uno come ’Ri­cardinho’ avrebbe fatto bene a que­sto spogliatoio un po’ emotivo. Un altro Junior non serve più, questo è un calcio per corri­dori e non più per pensatori. Uno come me in giro? For­se Ganso, ma quest’anno al San Paolo non ha brillato ed è rimasto fuori».
Tra una canzone e l’altra ascoltata in sottofondo, la memoria di cuoio non può che rimbalzare a quell’estate Mundial dell’82, in cui l’Italia fece piangere il Brasile di Junior, Falcao, Zico e Socrates. «I tifosi mi chiedono an­cora come sia potuto accadere… Ma la storia è piena di partite imprevedibili. È successo all’Olanda del ’74 che era più forte della Germania, ma festeggiò troppo il giorno prima e perse la finale. Noi abbiamo incontrato un’Italia spietata, che sfruttò tutte le opportunità che gli concedemmo. E poi quel giorno esplose la bomba, Paolo Rossi...».
Il Pablito campione del mondo che quando pochi mesi dopo volò a Rio, la leggenda narra che un tassista l’abbia fatto scendere dalla macchina. «È una leggenda, appunto. Il popolo brasiliano, specie quello carioca, ha il senso dell’accoglienza nell’anima e non si permetterebbe mai di fare una cosa del genere. Paolo Rossi qui è venerato come se fosse un campione brasiliano. Chi sono stati i ’brasiliani d’Italia’? Bruno Conti, Cabrini, Antonioni… Ma il giocatore e l’amico che avrei voluto sempre con me, specie al Flamengo, è quel simpaticone di Ciccio Graziani. Vi siete resi conto che è stato uno dei più gran­di attaccanti che avete avuto?». Lo informiamo che da noi i tifosi hanno la memoria cor­ta e che l’ultima generazione deve fare i conti con l’I­talia fallimentare di Balotelli e compagni. «Molti bra­siliani, dopo averli visti alla Confederations si erano innamorati di Pirlo e Balotelli e in tanti avevano fatto un investimento per acquistare i biglietti per assistere alle partite degli azzurri. Che peccato uscire subito co­sì. Ho parlato con Prandelli, quando mi disse del riti­ro a Mangaratiba: non ho compreso la scelta. Per ac­climatarsi sarebbe stato più logico fare base a Recife o Natal. Poi si è fidato troppo del blocco Juve, non ha puntato su Cerci e non mi spiego perché ha tolto così presto Candreva... Ha sbagliato a rinnovare tanto e in corsa, così come ha sbagliato a lasciare l’incarico di ct. Forse Prandelli sperava che la Federcalcio non avreb­be accettato le sue dimissioni?». Non abbiamo risposte in merito, mentre le ultime do­mande spettano al collega del Junior giornalista. Un bi­lancio a trequarti del cammino di Brasile 2014? «Meglio del previsto. Dopo i Mondiali andremo a chiedere al co­mitato organizzatore come giustificano le promesse non mantenute, ma per ora le cose stanno funzionando. Ho preso 18 voli in quindici giorni, visitato 9 aeroporti e al­trettanti stadi, mai riscontrato un problema. A Porto A­legre c’erano 150mila tifosi argentini e solo 30mila ave­vano il biglietto per entrare allo stadio, eppure tutto è fi­lato liscio. Le proteste dei ’Nao Copa’? Niente a che ve­dere con il calcio. È un segnale politico: ad ottobre ci sa­ranno le elezioni presidenziali e chi è contro il governo della Rousseff ha pensato bene di mettere benzina sul fuoco. Per questo hanno usato anche i media stranieri, i quali si sono divertiti a creare un ’mostro’ prima che il Mondiale cominciasse, danneggiando in parte l’imma­gine del Brasile. Molta gente sentendo di scontri e di scio­peri in atto, ha rinunciato al viaggio e ha sbagliato, per­ché sul campo e per le strade delle nostre città stiamo as­sistendo a una Copa meravigliosa».
Una Copa che per diventare da favola dovrebbe conclu­dersi con la vittoria del Brasile: «Sarebbe il massimo ­chiede Junior - se arrivasse il sesto titolo. Questo Paese ha bisogno di crescere ancora e di continuare a sognare. E la Seleçao è l’unico so­gno che mette d’ac­cordo tutto il mio popolo».