Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  luglio 04 Venerdì calendario

SHAKESPEARE, UN OTELLO ALLA PROVA

Lost in La Mancha, “Perdu­ti nella Mancia”, è il titolo del film con cui Terry Gil­liam ha cercato di raccon­tare l’impossibilità di gira­re un film tratto dal Don Chisciotte. E come Lost in Cyprus , “Perduti a Cipro”, si presenta lo spettacolo “sulle tracce di Otello” con cui si è inaugurato l’altra sera al Teatro Romano il Festival shakespea­riano che – dal lontano 1948 – ripor­ta a Verona il poeta di Giulietta e Ro­meo .
Due gli spettacoli in cartellone per l’estate del 2014, anno in cui cade il 450mo anniversario della nascita di Shakespeare. E due nuove traduzio­ni, affidate entrambe alla poetessa Pa­trizia Cavalli, che si è così misurata con la partitura scintillante della Do­dicesima Notte (il debutto è atteso per il 16 luglio) e con lo stile, vivacissimo e corrusco, di un Otello che, nelle in­tenzioni, avrebbe dovuto vedere Pap­pi Corsicato alla regia, Valentina Cer­vi nel ruolo di Desdemona e Giusep­pe Battiston in quello del protagoni­sta. Unico superstite del progetto o­riginario, lo stesso Battiston ha as­sunto la direzione dello spettacolo, avvalendosi della collaborazione di Paolo Civati e allestendo una sorta di “ Otello alla prova” che non pretende di avere la compattezza drammatur­gica dei Promessi Sposi rivisitati da Te­stori, ma pure non rinuncia a evoca­re precedenti impegnativi.
Se seguiamo lo spunto cinematogra­fico del titolo, infatti, il maestro degli allestimenti impossibili è indubbia­mente Orson Welles, che Battiston ha impersonato sulla scena in un fortu­nato monologo propiziato, tra l’altro, dal suo poderoso aspetto fisico. Wel­les, che prima gira un Macbeth e poi, non senza fatica, realizza un magi­strale Otello , ma non riesce a termi­nare il suo Mercante di Venezia, di cui sopravvivono spezzoni, frammenti, metri preziosi di “girato” che non rie­scono a comporsi in un’opera unita­ria. È questa la triangolazione da ri­cordare per capire quello che Batti­ston e i suoi compagni d’avventura cercano di fare con Lost in Cyprus.
L’attore-capocomico – che di recente ha vestito con successo i panni di Macbeth – si presenta davanti al pub­blico per una breve introduzione: sie­te qui per Shakespeare, dice, Shake­speare è parola e noi quella vi daremo, molta parola e giusto un po’ di azio­ne scenica. Ecco quindi che la ge­stualità si riduce al minimo (non sen­za qualche trovata efficace: il nerofu­mo di cui Otello si impiastriccia la fac­cia è la tinta adoperata dai guerrieri per mimetizzarsi in battaglia), la sce­nografia di Carlo De Marino è una sca­bra parete in legno e il resto sono leg­gii che vanno e vengono, sui quali la compagnia legge, o finge di leggere, il copione. Battiston dà il meglio di sé nello staccato della dizione, lo Jago di Francesco Rossini tende a esagerare, la Desdemona di Federica Sandrini è forse più attonita che appassionata, in contrasto con la consapevole Emilia di Valentina Fois. I momenti di fasci­no non mancano, ma restano come i­solati. Più che altro, a perdersi davve­ro è la lenta progressione della gelo­sia in Otello, un’intossicazione graduale alla quale si sosti­tuisce qui il passaggio re­pentino dall’amore alla furia. Imperfetto o, meglio, “impossibi­le” finché si vuole, Lost in Cyprus ha comunque il me­rito di proporsi come l’esempio più evidente di u­na tendenza alla rielaborazione dei testi shakespearia­ni che, almeno in I­talia, procede ormai secondo i criteri della riduzione e della con­densazione. Come se il Bardo tutto in­tero, ormai, non ce lo meritassimo più e dovessimo accontentarci di indizi, tracce, fantasmi.