4 luglio 2014
LA RICETTA PUBBLICO-PRIVATO VA IN CLASSE A NEW ORLEANS
Un sistema educativo allo sbando. Un uragano. Un esperimento di autonomia scolastica che solleva l’istruzione di un’intera regione e fa da modello al resto degli States. Vent’anni dopo l’apertura della prima “charter school” americana, in Minnesota, il distretto scolastico di New Orleans sta per diventare il primo negli Stati Uniti ad essere composto esclusivamente da scuole pubbliche gestite privatamente. Il mese scorso le ultime cinque elementari tradizionali della città sulle sponde del Mississippi hanno chiuso le porte. Nel corso dell’estate, tutti i 33mila bambini del distretto saranno inquadrati in una delle 58 scuole charter sulla base di un’estrazione a sorte. La svolta, per la sua novità e portata, ha suscitato allo stesso tempo entusiasmo e scetticismo. Ma ha certamente regalato un’insperata seconda opportunità a migliaia fra le famiglie più povere d’America.
Il caso di New Orleans è difficilmente ripetibile, la conseguenza imprevista di uno dei più gravi disastri naturali nella storia americana, costato la vita a più di 1.800 persone, che ha offerto ai riformatori l’occasione unica di ricostruire il sistema scolastico da zero. Nel 2005, quando le acque del Golfo del Messico si sono ritirate, la Louisiana ha infatti assunto il controllo diretto delle scuole di New Orleans, togliendole di mano a una commissione scolastica nota più per la corruzione dei suoi vertici che per la sua efficacia. Poi lo Stato ha fatto un passo indietro. Dei 45 miliardi inviati da Washington per la ricostruzione della capitale del jazz, ne ha indirizzati due alla ristrutturazione di edifici scolastici pubblici, con la precisa intenzione di consegnarli a costo zero alle associazioni che si sono impegnate a gestirli in base a standard di qualità. I risultati per ora sono incoraggianti. Negli ultimi sette anni le charter hanno garantito un aumento costante del livello accademico e una diminuzione del tasso di abbandono scolastico.
«Dieci anni fa la migliore studentessa delle superiori della città, che era stata premiata dal sindaco per i suoi voti, non aveva superato l’esame statale (l’equivalente della nostra maturità, ndr) – spiega Jessica Williams, esperta di istruzione dell’organizzazione nonprofit di New Orleans “The Lens” –. Le charter hanno offerto ai genitori un’alternativa. Siamo passati dal 65% di scuole fallimentari al 6». I numeri del prima e del dopo non finiscono qui. Prima di Katrina, solo il 54% degli studenti si diplomava. Oggi la percentuale è del 78. E due terzi dei bambini delle elementari leggono al livello previsto dalla loro classe, contro un quinto nel 2004. Ora, però, il gioco cambia.
Come fa notare Williams, a settembre le charter si troveranno a dover gestire la responsabilità di portare tutti i ragazzi, senza eccezioni, a livelli competitivi con il resto della nazione. Un conto, infatti, è essere un istituto a vocazione particolare che può scegliere i suoi insegnanti e persino, entro certi limiti, i suoi studenti. Un altro è dover offrire l’istruzione pubblica all’intera popolazione di una città fra le più povere, con profonde sacche di disagio sociale.
La nazione è ansiosa di sapere come andrà a finire. In America, 42 Stati su 5 0 incoraggiano l’alternativa delle scuole charter, ma l’unico altro distretto dove questa formula ha una presenza cospicua è quello della capitale Washington, dove il 44% degli studenti siede ai banchi di istituti che non sono né del tutto statali né privati. Ci sono più di 6mila scuole charter negli Stati Uniti, che educano ogni anno 2 milioni e 300mila allievi. «Al centro di quello che stanno facendo a New Orleans c’è sia un’idea statalista che un’idea privatista – dice Edward Cremata del Centro per la ricerca sull’educazione dell’Università di Stanford –. Da un lato l’idea che lo Stato abbia il potere di chiudere le scuole più deboli e fallimentari. Dall’altro che possa offrire al privato sociale di trasformarle. Il concetto sta prendendo piede. Ma solleva domande. Come si misura la qualità? Solo in termini di risultati ai test di fine anno? E come si selezionano i gestori di charter migliori?».
La risposta di New Orleans finora è stata una sorta selezione darwiniana. Non solo le scuole pubbliche che non funzionavano sono state smantellate, ma in cinque anni già sette charter school che non avevano rispettato gli standard imposti dallo Stato hanno dovuto chiudere i battenti. Ma molti educatori fanno notare che l’esperienza di New Orleans non è solo un test che deciderà il successo o il fallimento del formato “charter”, né una corsa ad eliminare tutto il vecchio in nome del nuovo. Invece, è un passo verso una maggiore autonomia del sistema scolastico che può fornire spunti di riforma anche agli istituti pubblici. «New Orleans è la città più emozionante nel Paese per quanto riguarda l’istruzione – argomenta Kate Mehok, una delle fondatrici di Kipp, la scuola autonoma che ha rivoluzionato Harlem, a New York –. Permettere ai genitori di scegliere la scuola dove vogliono mandare i loro figli non può essere che un bene».