Tony Damascelli, Il Giornale 4/07/2014, 4 luglio 2014
L’ITALIA È UNA REPUBBLICA PRIGIONIERA DEGLI AUTOVELOX
Penso di traslocare a Nuoro o in provincia di Sassari. Scelta di vita? No, di guida. Ho dato un’occhiata, velox pure quella, alla mappa delle postazioni autovelox dislocate lungo il bel Paese. É roba da Dario Argento, profondo rosso dovunque, appena ci muoviamo ci fulminano. La mappa del «terrore» è stata diffusa da Coyote, nome emblematico della società europea, leader del settore per lo sviluppo di dispositivi elettronici di assistenza alla guida. La «scoperta dell’Italia», con tutti i suoi puntini rossi non da scacciare ma da rispettare, non va contra legem, semmai invita al controllo, alla prudenza, ad una specie di selfie continuo, non esibizionistico, della propria autovettura che non deve superare i limiti imposti dal codice, su strade, autostrade, vicoli, viali e controviali. Perché ormai siamo sotto schiaffo dovunque e comunque, ogni angolo nasconde il falco, dunque l’idea di munirsi di un coyote può agevolare la caccia e la tutela della fauna automobilistica.
Coyote è il cane latrante, il mammifero carnivoro predatore che, nel cartone animato ha il nome di Willy e cattura beep beep l’uccello dei deserti americani. Qui, invece, per la serie l’unione fa la forza, coyote e beep beep sono una cosa sola, infatti coyote è anche il localizzatore di autovelox, segnala con un suono la presenza del sistema sulle nostre teste, ai nostri lati. Osservando la mappa si può constatare che tutto il territorio italiano non è un deserto, anzi è coperto, dal Monviso a Lampedusa, di autovelox; non c’è zona franca, a parte quelle due province sarde che, non si sa bene in base a quale criterio, sono nude, pure e dure. Per il resto mettiamoci l’anima e il piede destro in pace, l’acceleratore dovrà fermarsi a metà corsa, chi preme sul pedale rischia il multone a meno che non si doti del coyote di cui sopra, senza incorrere in manette e arresto sul posto. Già, in Italia, si ricorre al sistema (vietato) della segnalazione rapida, con movimento furbastro sulla levetta delle luci abbaglianti, per avvisare della presenza di polizia e carabinieri da lì a qualche metro ma l’utilizzo del coyote suddetto potrebbe cambiare la vita, e soprattutto salvarla, a molti automobilisti. Qui, però, dovremmo metterci d’accordo con le aziende che ci martellano di spot pubblicitari: illustrano auto veloci, potenti, robotizzate ma nessuno, ribadisco nessuno, indica la velocità massima consentita, anzi ci spiegano, i maledetti che con i capelli, chi ancora li possiede, al vento la vita è bella fresca, l’automobile regala momenti di grande bellezza. Sarà, lo era almeno. Questa cartina italiana sembra il trionfo della sinistra alle elezioni politiche, non c’è un solo buco nel quale infilarsi, sì, qualcosa, roba piccola, in Basilicata e sulla costa toscana ma sono zone non meglio identificate. Il localizzatore di autovelox ridurrebbe il pericolo di sanzione e anche il lavoro della polstrada. Di certo la nostra vita in abitacolo si è fatta dura davvero: se non c’è l’autovelox c’è il tutor, se non c’è il tutor c’è la moglie, assisa al sedile di fianco, che strilla, ammonisce, redarguisce; se non c’è la moglie c’è la targhetta adesiva in simil oro, con fotografia di parenti, affini o santi che ricordano: «Vai piano». E ripenso a Gianni Morandi che cantava: «Andavo a cento all’ora a trovar la bimba mia, yeyeyeyè, yeyeyeyè». Bei tempi, quando il coyote inseguiva beep beep, tra un canyon e l’altro.