Brunella Bolloli, Libero 4/07/2014, 4 luglio 2014
LA MALEDIZIONE DI BOFFO COLPISCE «IL GIORNALE» INSULTI TRA FELTRI E SALLUSTI
Poteva sembrare un gioco delle parti, una boutade estiva tra due direttori fuoriclasse che sanno come attirare l’attenzione. Ma stavolta non si scherza. «La macchina dei dossier», titolo con cui l’Espresso ha appena schiaffato in prima pagina la ricostruzione del caso Boffo, ha acceso la miccia ai piani alti de Il Giornale di via Negri Vittorio Feltri contro Alessandro Sallusti, o forse sarebbe meglio dire Alessandro Sallusti contro Vittorio Feltri, con in più Daniela Santanchè che minaccia querele, il cardinale Tarcisio Bertone che smentisce tutto alle agenzie («mai consegnato veline a chicchessia», dice), il Vaticano in agitazione, Luigi Bisignani che pensa già a un altro best-seller, e i media scatenati per una vicenda che continua a tenere banco nelle redazioni e nei posti che contano. Chi ha ragione? Com’è andata veramente?
Ora, il settimanale L’Espresso, a distanza di quasi sei anni, ha pensato bene di andare a scovare la deposizione che Feltri ha reso due anni fa (2012) al pm di Napoli Gianfranco Scarfò. Il giudice chiamò il direttore in gran segreto nei suoi uffici sotto al Vesuvio, scrivono i due cronisti Emiliano Fittipaldi e Nello Trocchia, per interrogarlo come persona informata sui fatti. Oggetto della discussione: Dino Boffo, l’ex direttore di Avvenire costretto alle dimissioni dopo che Il Giornale rese nota una storiaccia che lo riguardava. Boffo nel 2004 fu querelato da una ragazza di Terni per molestie telefoniche, pagò una multa da 516 euro e fu raggiunto da un decreto penale di condanna. Il direttore del quotidiano dei vescovi non era certo innamorato della giovane, che ai tempi infatti era fidanzata con un ragazzo che si presume Boffo conoscesse, e in seguito affermò di avere pagato l’ammenda per chiudere una vicenda fastidiosa da altri causata, anzi sostenne che le telefonate erano state fatte a sua insaputa da qualcun altro. Comunque una notizia (vera) rimasta sotto traccia per molto tempo ed emersa in un momento politicamente strategico.
Il gip di Terni, a settembre 2009, sollecitato dai giornalisti che si occuparono dell’inchiesta, ha esibito il decreto penale di condanna emesso nei confronti di Boffo. Ma il quotidiano allora diretto da Vittorio Feltri, il 28 agosto 2009 non è andato tanto per il sottile nel titolo di testata contro «Boffo il supermoralizzatore»: tanto di editoriale e di servizio di cronaca in prima che citavano il numero uno di Avvenire come «noto omosessuale già attenzionato dalla polizia di Stato per questo genere di frequentazioni», secondo quanto riportato da quella che negli articoli viene definita «un’informativa di polizia». Solo che il decreto di condanna penale era vero ma agli atti, la presunta informativa del Viminale un po’ meno. Da lì, è storia nota. Diluvio di polemiche e dimissioni del giornalista cattolico. Dimissioni peraltro accettate senza batter ciglio dalla Cei (conferenza episcopale italiana) e da Oltretevere. Gli stessi che poi, lo scorso febbraio, hanno anche risolto il contratto di lavoro di Boffo con Tv2000, la tv dei vescovi.
Ma torniamo all’Espresso. Il settimanale del gruppo di De Benedetti, evidentemente è venuto in possesso del verbale d’interrogatorio che Feltri ha reso nel 2012 al pm Scarfò. Il fondatore di Libero, in quell’occasione, ha deciso di non avvalersi del segreto professionale, evidentemente fedele al motto che se la fonte è buona si tutela, se si pensa sia inquinata invece non si cela. «Dissi al pm che la catena era Santanchè, Bisignani, Bertone... è quello che mi fu detto da Sallusti, quando lui era condirettore. Dopo, non so se fosse vero.... Io ero il direttore e mi sono fidato senza pormi tanti problemi». Sallusti e Santanchè, però, hanno reagito malissimo.
Volano gli stracci a via Negri, è stato il refrain rimbalzato nelle redazioni per tutta la giornata di ieri. Fatto sta che Sallusti, l’ex uomo macchina del Corriere della Sera e poi colonna di Libero, non ha affatto gradito lo scenario offerto dal suo «maestro». «Come ho già avuto modo di spiegare ai magistrati di Napoli, non ha alcun fondamento la ricostruzione di Feltri sull’origine dello scoop della condanna di Boffo per molestie a sfondo sessuale», ha dichiarato. «I nomi citati da Feltri non hanno nulla a che fare con quella vicenda né avrei potuto farli, quelli o altri, a Feltri o a chiunque in quanto avrei violato il dovere alla riservatezza delle fonti che è baluardo inviolabile del nostro mestiere». In pratica, uno dei due (Feltri) davanti al giudice non si è appellato al segreto professionale e ha fatto i nomi delle «fonti» della notizia. L’altro (Sallusti) si è attenuto alla segretezza. «Durante la mia deposizione a Napoli», ha aggiunto l’attuale numero uno di via Negri, «ho avuto la netta impressione che i magistrati fossero più stupiti e allibiti di me delle parole di Feltri. Non hanno neppure ritenuto di allegare il verbale agli atti del processo in corso sulla fuga di notizie, tanto quella ricostruzione risultava confusa, fantasiosa e senza alcun riscontro». Sul piede di guerra anche Daniela Santanchè, onorevole Fi e compagna di Sallusti: «Smentisco squallidi pettegolezzi sul caso Boffo che mi stupisco vengano accreditati da un giornalista autorevole», ha detto. «Mi riservo di tutelare la mia immagine in ogni sede». E perfino l’ex segretario di Stato, Tarcisio Bertone, minaccia querele. Ma Feltri a stretto giro scrive a Dagospia e rincara la dose: «Sono cose che ho detto al pm due anni fa. Non mi sono attenuto al segreto e ho detto quello che sapevo. Del resto, per quella vicenda ho pagato io, come sempre succede perché ero il direttore», facendo riferimento alla sospensione di sei mesi (ridotta a tre) dalla direzione. Episodio che l’attuale editorialista rinfaccia senza mezzi termini al suo direttore: «Io a causa di ciò venni sospeso dall’Ordine tre mesi e dovetti rinunciare alla direzione del Giornale. Al mio posto guarda caso subentrò Sallusti». E, in fondo, ancora una stilettata all’ex collega: «Sallusti, pure interrogato dallo stesso magistrato, ha smentito la mia versione, ma non ha svelato la fonte delle notizie false su Boffo, di fatto proteggendo i falsari che mi avevano danneggiato. Perché?».