Dino Martirano, Corriere della Sera 4/7/2014, 4 luglio 2014
BLINDATO IL PATTO DEL NAZARENO CON BERLUSCONI
Nella partita a tre, Renzi e Berlusconi confermano l’accordo del Nazareno (legge elettorale senza preferenze e riforma del Senato non elettivo) davanti a un caffè preso a Palazzo Chigi di buon mattino e Grillo, qualche ora dopo, si precipita a Montecitorio chiedendo di vedere le carte che hanno in mano gli altri giocatori. Il confronto tra il Pd e il M5S («Se ci sono le preferenze se ne può parlare», insiste il comico genovese) slitta a lunedì e l’aria che tira, a questo punto, non è buona: «A noi la toccante letterina sull’infinita bontà del Pd, al pregiudicato due ore di incontro segreto», osserva caustica la grillina Giulia De Vita.
La giornata, dunque, inizia a Palazzo Chigi con il colloquio tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi dal quale — ad ascoltare il resoconto del vice segretario del Pd Lorenzo Guerini, presente nell’appartamento del premier con Gianni Letta e Denis Verdini — si evince che il patto del Nazareno godrebbe di buona salute e che non se ne parla neppure di cancellare dall’Italicum le liste bloccate introducendo le preferenze. E anche sui tempi, premier ed ex premier concordano che ci vuole un colpo d’ala prima della pausa estiva. Conferma Anna Finocchiaro, presidente della I commissione del Senato: «Finiremo per incardinare la legge elettorale a luglio dopo aver licenziato la riforma costituzionale». Sul merito della riforma, invece, è il ministro Maria Elena Boschi ad usare toni rassicuranti sulla tenuta della partnership con Berlusconi: «Al momento resta confermata l’ipotesi di un Senato non elettivo. L’incontro è stato positivo. Rimane l’impostazione data dal governo alla riforma e condivisa dai partiti della maggioranza, da Forza Italia e anche dalla Lega di un’elezione di secondo grado del Senato».
L’incastro a tre, dunque, non sembra possibile sul nodo delle preferenze. Grillo che prima non le voleva ora le sostiene per mettere zizzania tra Berlusconi e Renzi: il primo le vede come la possibile fonte di dissolvimento della sua leadership, il secondo non le ama e, semmai sarà costretto ad abbandonare le liste bloccate, preferisce i collegi uninominali. Ma anche all’alleato Ncd piacciono le preferenze: «L’Italicum va corretto, così come è non può passare», avverte Gaetano Quagliariello. E Alfredo D’Attorre (Pd, area riformista) aggiunge: «Possiamo anche votare un Senato non elettivo ma, poi, non voteremo mai una legge elettorale con le liste bloccate».
Alla Camera si è sfiorato anche l’incontro «casuale» tra Berlusconi e Grillo, che si è fatto vedere fuori della porta dell’ufficio del vice presidente Di Maio proprio una manciata di secondi dopo il passaggio dell’ex Cavaliere nell’attiguo corridoio della Sala della Regina. Il mancato contatto ha eccitato la curiosità dei deputati e dei senatori riuniti a Montecitorio per l’elezione di 2 giudici costituzionali e di 8 consiglieri laici del Csm (l’ennesima fumata nera confermerebbe che Renzi e Berlusconi non hanno sciolto questo nodo).
A Palazzo Madama, invece, la riforma del Senato ha fatto altri passi in avanti scatenando l’ira dei grillini. Almeno su due punti: la ghigliottina che permette al governo di far approvare i ddl «essenziali» entro 60 giorni; l’innalzamento del tetto (da 50 mila a 250 mila) delle firme necessarie per la presentazione delle leggi di iniziativa popolare. Di segno opposto l’abbassamento a un terzo del quorum necessario per portare la legge elettorale davanti al vaglio preventivo della Consulta e l’impegno dei relatori a rendere più elastico il quorum del 50% per la validità del referendum abrogativo. Martedì, si passa agli articoli sulla elettività dei senatori e sul numero dei deputati .
Dino Martirano