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 2014  luglio 03 Giovedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - DI SABATO NON SI VA PIÙ A SCUOLA


CORRIERE.IT
[Esplora il significato del termine: Chiuso per crisi. Il governo Renzi annuncia la rivoluzione della scuola italiana, con gli istituti aperti dalle 7 alle 22 e 11 mesi su 12, e c’è già chi si sfila: la Provincia di Genova, con una nota inviata dal Commissario straordinario della Provincia, Giuseppe Piero Fossati, ai dirigenti scolastici, chiede di «abbassare le serrande» in anticipo. Scuole chiuse al sabato, cioè, e orario curricolare esteso su cinque giorni settimanali, a decorrere dal prossimo anno scolastico, il 2014-2015. Il provvedimento interessa gli 88 edifici delle scuole superiori genovesi e del territorio di proprietà dell’Ente Provincia, ed è dettato dalla necessità di contenere il costo del riscaldamento e dell’energia elettrica, «per far fronte ai forti tagli ai trasferimenti di risorse previsti dal decreto legge 66/2014 in via di conversione». Chiuse per crisi Al sabato tutti gli edifici che ospitano scuole superiori rimarranno chiusi «a causa del perdurare della crisi finanziaria determinata dai pesanti tagli ai trasferimenti agli Enti locali e aggravata dai provvedimenti governativi», si legge nella nota. Che termina con «la speranza che la situazione in futuro possa migliorare». La misura permetterà alla Provincia - spiega il commissario - di ridurre di 1 milione di euro i costi per il riscaldamento, l’energia elettrica e le altre utenze. Nonostante ciò, purtroppo, questo provvedimento da solo non sarà sufficiente: dovremo ridurre le spese di altri 5 milioni per far fronte ai nuovi pesantissimi tagli nazionali ed evitare il dissesto finanziario». «Kafkiano» «Situazione kafkiana», commenta Massimo Di Menna, segretario generale della Uil scuola: «Da una parte si progetta di tenere aperte le scuole oltre le ore di lezione, per dare risposte all’emergenza educativa - apertura lunga, che era già stata introdotta dal ministro Fioroni, che ne aveva discusso con i sindacati, durata un anno e poi non se n’è fatto più niente per mancanza di copertura finanziaria - e dall’altro il sistema delle scuole alle prese con la realtà». La decisione assunta a Genova, continua il sindacalista, «comporterà la necessità di riorganizzare la didattica non in virtù di una possibilità connessa con l’autonomia scolastica ma a causa di una necessità economica». «Scuole aperte fino alle 22?», rincara l’Anief definendo «un’improvvida proposta quella del sottosegretario all’Istruzione Roberto Reggi: «Comincia a mostrare le prime crepe il piano del Governo di raddoppiare l’orario di servizio degli insegnanti», è il commento. «Gli enti locali già adesso hanno serie difficoltà a pagare luce e riscaldamento per 6-8 ore al giorno, figuriamoci se dovessero garantire un’apertura così prolungata». Da Milano a Verona E mentre gli istituti scolastici si ingegnano per rimodulare l’orario di insegnamento, scegliendo se effettuare uno o più rientri pomeridiani o aggiungere ogni giorno una o più ore di lezione a fine mattinata, il dibattito (non nuovo), si estende. Di «sabato-sì, sabato-no» si parla da almeno due anni, con richieste da parte di diverse Province d’Italia di cambiare orario per risparmiare. Iniziativa presa dall’assessore all’Istruzione e all’Edilizia Scolastica di Milano, Marina Lazzati, già nel giugno 2013, quando aveva proposto ai dirigenti scolastici di organizzare l’orario su cinque giorni: «una consuetudine apprezzata dalle famiglie, che ci mette in linea con i principali paesi europei» - scriveva - «e che consentirebbe, oltre a una miglior gestione dei tempi di riposo o delle attività sportive dei giovani, anche una più ottimale organizzazione del lavoro del personale Ata. Proposta poi ribadita in una lettera al presidente del Consiglio. Dello stesso tenore è la posizione presa nei giorni scorsi dagli amministratori di Biella, dove la Provincia, anche questa commissariata, «non ha più un soldo: neanche per i servizi essenziali come il riscaldamento delle scuole e la manutenzione delle strade». Corta sì, ma non sempre A Verona, la Provincia, per convincere i presidi ad accorciare la settimana, aveva optato per un taglio drastico dei trasporti scolastici, in particolare al sabato. E a Pavia l’assessore Milena D’Imperio ha tentato la via più drastica: non più una richiesta, ma un obbligo. «Non possiamo più permetterci scuole aperte anche il sabato», ha detto D’Imperio. «Questa volta i soldi sono davvero finiti» ha chiarito l’assessore : «il decreto 66 varato dal Governo per le coperture degli 80 euro, e ora divenuto legge, impone alla Provincia di restituire allo Stato 3,5 milioni di euro. Tecnicamente non siamo alla presenza di tagli diretti alla scuola ma, di fatto, siamo chiamati a risparmiare su una serie di voci tra cui le utenze, cioè i costi di riscaldamento e luce, e sui trasporti di collegamento con le palestre». La mossa, che avrebbe consentito un risparmio di mezzo milione di euro, tra bollette e trasporti, non è però piaciuta a molti insegnanti e alle associazioni degli studenti. Che dopo tante proteste e un incontro con le autorità, hanno ottenuto una «rimodulazione» dell’orario: settimana corta nei mesi invernali, lunga negli altri. L’assessore intanto ha garantito agli studenti che, se le scuole accetteranno la settimana corta, saranno rivisti, senza aumenti della tariffa, i vari orari del trasporto pubblico locale. Entro l’11 luglio i presidi presenteranno una bozza degli orari per il nuovo anno scolastico, mentre il 22 luglio ci sarà un nuovo tavolo di confronto sulla settimana corta. ] Chiuso per crisi. Il governo Renzi annuncia la rivoluzione della scuola italiana, con gli istituti aperti dalle 7 alle 22 e 11 mesi su 12, e c’è già chi si sfila: la Provincia di Genova, con una nota inviata dal Commissario straordinario della Provincia, Giuseppe Piero Fossati, ai dirigenti scolastici, chiede di «abbassare le serrande» in anticipo. Scuole chiuse al sabato, cioè, e orario curricolare esteso su cinque giorni settimanali, a decorrere dal prossimo anno scolastico, il 2014-2015. Il provvedimento interessa gli 88 edifici delle scuole superiori genovesi e del territorio di proprietà dell’Ente Provincia, ed è dettato dalla necessità di contenere il costo del riscaldamento e dell’energia elettrica, «per far fronte ai forti tagli ai trasferimenti di risorse previsti dal decreto legge 66/2014 in via di conversione».

Chiuse per crisi

Al sabato tutti gli edifici che ospitano scuole superiori rimarranno chiusi «a causa del perdurare della crisi finanziaria determinata dai pesanti tagli ai trasferimenti agli Enti locali e aggravata dai provvedimenti governativi», si legge nella nota. Che termina con «la speranza che la situazione in futuro possa migliorare». La misura permetterà alla Provincia - spiega il commissario - di ridurre di 1 milione di euro i costi per il riscaldamento, l’energia elettrica e le altre utenze. Nonostante ciò, purtroppo, questo provvedimento da solo non sarà sufficiente: dovremo ridurre le spese di altri 5 milioni per far fronte ai nuovi pesantissimi tagli nazionali ed evitare il dissesto finanziario».

«Kafkiano»

«Situazione kafkiana», commenta Massimo Di Menna, segretario generale della Uil scuola: «Da una parte si progetta di tenere aperte le scuole oltre le ore di lezione, per dare risposte all’emergenza educativa - apertura lunga, che era già stata introdotta dal ministro Fioroni, che ne aveva discusso con i sindacati, durata un anno e poi non se n’è fatto più niente per mancanza di copertura finanziaria - e dall’altro il sistema delle scuole alle prese con la realtà». La decisione assunta a Genova, continua il sindacalista, «comporterà la necessità di riorganizzare la didattica non in virtù di una possibilità connessa con l’autonomia scolastica ma a causa di una necessità economica». «Scuole aperte fino alle 22?», rincara l’Anief definendo «un’improvvida proposta quella del sottosegretario all’Istruzione Roberto Reggi: «Comincia a mostrare le prime crepe il piano del Governo di raddoppiare l’orario di servizio degli insegnanti», è il commento. «Gli enti locali già adesso hanno serie difficoltà a pagare luce e riscaldamento per 6-8 ore al giorno, figuriamoci se dovessero garantire un’apertura così prolungata».

Da Milano a Verona

E mentre gli istituti scolastici si ingegnano per rimodulare l’orario di insegnamento, scegliendo se effettuare uno o più rientri pomeridiani o aggiungere ogni giorno una o più ore di lezione a fine mattinata, il dibattito (non nuovo), si estende. Di «sabato-sì, sabato-no» si parla da almeno due anni, con richieste da parte di diverse Province d’Italia di cambiare orario per risparmiare. Iniziativa presa dall’assessore all’Istruzione e all’Edilizia Scolastica di Milano, Marina Lazzati, già nel giugno 2013, quando aveva proposto ai dirigenti scolastici di organizzare l’orario su cinque giorni: «una consuetudine apprezzata dalle famiglie, che ci mette in linea con i principali paesi europei» - scriveva - «e che consentirebbe, oltre a una miglior gestione dei tempi di riposo o delle attività sportive dei giovani, anche una più ottimale organizzazione del lavoro del personale Ata. Proposta poi ribadita in una lettera al presidente del Consiglio. Dello stesso tenore è la posizione presa nei giorni scorsi dagli amministratori di Biella, dove la Provincia, anche questa commissariata, «non ha più un soldo: neanche per i servizi essenziali come il riscaldamento delle scuole e la manutenzione delle strade».

Corta sì, ma non sempre

A Verona, la Provincia, per convincere i presidi ad accorciare la settimana, aveva optato per un taglio drastico dei trasporti scolastici, in particolare al sabato. E a Pavia l’assessore Milena D’Imperio ha tentato la via più drastica: non più una richiesta, ma un obbligo. «Non possiamo più permetterci scuole aperte anche il sabato», ha detto D’Imperio. «Questa volta i soldi sono davvero finiti» ha chiarito l’assessore : «il decreto 66 varato dal Governo per le coperture degli 80 euro, e ora divenuto legge, impone alla Provincia di restituire allo Stato 3,5 milioni di euro. Tecnicamente non siamo alla presenza di tagli diretti alla scuola ma, di fatto, siamo chiamati a risparmiare su una serie di voci tra cui le utenze, cioè i costi di riscaldamento e luce, e sui trasporti di collegamento con le palestre». La mossa, che avrebbe consentito un risparmio di mezzo milione di euro, tra bollette e trasporti, non è però piaciuta a molti insegnanti e alle associazioni degli studenti. Che dopo tante proteste e un incontro con le autorità, hanno ottenuto una «rimodulazione» dell’orario: settimana corta nei mesi invernali, lunga negli altri. L’assessore intanto ha garantito agli studenti che, se le scuole accetteranno la settimana corta, saranno rivisti, senza aumenti della tariffa, i vari orari del trasporto pubblico locale. Entro l’11 luglio i presidi presenteranno una bozza degli orari per il nuovo anno scolastico, mentre il 22 luglio ci sarà un nuovo tavolo di confronto sulla settimana corta.


A MILANO L’AVEVANO GIà CHIESTO L’ANNO SCORSO



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Nuovo e utile Il MIUR, l’orario scolastico e la problematica del problema

Il 3 giugno 2013 un trio di prestigiose istituzioni scolastiche unite in un titanico sforzo persuasivo e organizzativo partorisce la seguente nota (qui l’originale). E bravi: sono solo 19 righe e ci vuole un certo talento per metterle insieme (logiche, contenuti, modi, linguaggio) in questa maniera.

____

Oggetto: articolazione dell’orario scolastico su cinque giorni settimanali.

Come noto, i continui tagli di bilancio che vengono imposti alle Amministrazioni Pubbliche e in particolare alla Provincia di Milano stanno mettendo in seria difficoltà l’erogazione dei servizi essenziali per il buon funzionamento delle Istituzioni Scolastiche.
… ma come, “stanno mettendo in seria difficoltà”? Signor MIUR, signor Assessorato, succede da anni che a scuola bisogna portarsi perfino la carta igienica. E i (sic) “contributi volontari” richiesti alle famiglie, vogliamo parlarne? A proposito di tagli: non è che bisognava tagliare le Province, che sono ancora lì belle come il sole, invece dei “servizi essenziali per il buon funzionamento eccetera”?
Tale problematica investe pesantemente il problema
La problematica che investe il problema? Dai, MIUR-Assessorato, ma che cosa dici? Sta’ almeno attento all’italiano, santa polenta, che usarlo decentemente è gratis, e c’entra anche col mestiere che fai.
del riscaldamento per cui sono previste per il prossimo anno scolastico ulteriori forti diminuzioni di spesa.
Ah, eccola, la magnifica forma impersonale burocratica. Previste da chi? Dalla problematica del problema?
Per questo motivo, in pieno accordo con l’Assessorato all’Istruzione della Regione Lombardia e con la Direzione Scolastica Regionale che firma congiuntamente questa nota, siamo a proporvi
Dunque, tutti d’accordo, Provincia, Regione e MIUR: chissà perché, sembra una di quelle premesse a cui fa seguito una fregatura. E infatti…
di voler definire l’articolazione dell’orario scolastico per il 2013-14 su 5 giornate settimanali.
Cioè, non si va più a scuola di sabato per risparmiare sul gasolio. E questo, diciamolo, non è esattamente un motivo di alto valore culturale e pedagogico.
Tale possibilità sarebbe opportunamente consentita dalla riorganizzazione degli orari effettuata dalla recente riforma degli ordinamenti delle Superiori che portano ad un impegno massimo settimanale di 32 ore limitato a pochi corsi di studio e nella generalità dei casi in un arco di 27-30 ore.
Lasciamo perdere l’”opportunamente” e facciamo i conti: 30 ore settimanali vuol dire ogni giorno 6 ore di lezione, sveglia alle 7, ingresso alle 8 e uscita alle 14. Se le ore sono 32, per due giorni su 5 alla settimana uscita alle 15. Alla settima ora gli studenti saranno vispi e scintilleranno d’interesse e attenzione, possiamo starne certi: lo garantiscono la Provincia, La Regione e il MIUR.
D’altra parte, specialmente nella città di Milano, la scansione dell’orario settimanale in 5 giorni nelle scuole primarie e secondarie di primo grado è da tempo diventata una consuetudine apprezzata dalle famiglie e che ci mette in linea con i principali stati europei.
Ehi… furbacchioni: nelle scuole inferiori c’è la mensa e si fa una pausa. Alle superiori non c’è. Dai, dai, non potete non saperlo.
Tale decisione consentirebbe, oltre a una miglior gestione dei tempi di riposo o delle attività sportive dei giovani, anche una più ottimale organizzazione del lavoro del personale ATA.
Ahah, questa è carina: un’ora di scuola in più al giorno favorisce le attività sportive? Al massimo, il calcetto del sabato. E poi, santa polenta, signor Assessorato-MIUR, perché mai scrivi “più ottimale”, il superlativo del superlativo? E ci sarebbe un ulteriore piccolo dettaglio di contenuto: gli orari scolastici sono finalizzati a ottimizzare la performance degli studenti o il lavoro del personale ATA?
Al fine di organizzare al meglio i servizi di trasporto e di riscaldamento vi preghiamo di far pervenire entro il 30 giugno 2013 agli uffici dell‘Assessorato (f.torazza@provincia.milano.it ) e della Direzione Regionale Scolastica (usp.mi@istruzione.it ) le delibere sulla scansione settimanale che verranno assunte dal vostro istituto.
Ma come? Questo mentre tutti sono già fibrillati e oberati dalla chiusura dell’anno, le ultime interrogazioni, le pagelle, i debiti, i consigli di classe, gli esami di maturità prossimi venturi, insomma, tutto l’ambaradàn scolastico-burocratico, e non ci sarà neanche il tempo di sentire gli studenti, magari di consultare (vedi mai, sarebbe cortese, no?) le famiglie, insomma, di far mente locale? Ma pensarci un zinzino prima, magari?

Non sarà così, ma leggendo queste righe a me viene in mente un tizio in ciabatte che si sveglia e dice urca, non abbiamo i danée per il gasolio nelle scuole, e un altro tizio in ciabatte che gli risponde e vabbe’, inventati qualcosa e scrivi una circolare.
Intanto, le reazioni delle scuole, e specie dei licei classici (quelli che devono vedersela con settimane di trenta ore e più) non sono esattamente entusiaste. Potete trovarle qui e qui.
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Posted on 07/06/2013 by Annamaria in home, punti di vista 15 Commenti

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15 Responses to Il MIUR, l’orario scolastico e la problematica del problema

jac 07/06/2013

Pressapochismo, stupidità, malafede, ignoranza (se non altro della lingua italiana). E questo, santa polente (come direbbe AM) è il MIUR. Figuriamocigli altri.

stefania 07/06/2013

ah pensavo di avere capito male , ma purtroppo non è così..aggiungo..senza contare i compiti richiesti e necessari. O pensano per decreto di farli eliminare? Pensano di avere davanti (sotto)a sè italiano babbei che pensano solo al sabato libero ?
perfino gli studenti(ho 2 ragazzi)sanno che il sabato serve eccome.
I problema e che per anni tanti italiani hanno avvallato perchè più comodo e facile questo sistema tendente al ribasso.

Alesatoredivirgole 07/06/2013

a questo punto, quando nasce un bambino, si potrebbero fornire al nuovo nato, oltre al certificato di nascita, anche il diploma di scuola elementare e media.
Le scuole primarie non esisterebbero piu’, non si dovrebbero pagare bidelli, insegnanti, mezzi pubblici e … Gasolio.

Alla fine con 27ore a settimana e con almeno 27 insegnanti a tempo determinato che cambiano più e più volte nel corso dell’anno scolastico la scuola e’ come se non ci fosse (ma non per colpa di chi ci lavora).

Nella scuola elementare dei miei figli hanno installato pannelli solari e in effetti pare (e dico pare) vi sia qualche beneficio, almeno in termini di emissioni… Ma i problemi restano: noi genitori dobbiamo aiutare con contributi ed altro ma, nonostante tutto, ogni anno si rivoluzionano classi, maestre/i e famiglie…

Ma, osservando quello che accade attorno a noi, studiare oggi a cosa serve??? Forse il MIUR ha trovato la risposta … e noi, come sempre, non l’abbiamo compresa …. :-) ))

Annamaria Testa 07/06/2013

Già che ci siamo: la Crusca su problematiche e problemi.
http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/problematica-usi-abusi

Francesco 07/06/2013

Dio mio… abbiamo toccato il fondo, abbiamo iniziato a scavare e tra un po’ usciamo dal polo opposto! Poveri figli miei!

graziano 07/06/2013

Condiviso e fatto condividere su fb.
Resistere, resistere, resistere.

MircaB 07/06/2013

Con la zippatura delle ore di lezione nelle 5 giornate scolastiche diverrà finalmente chiaro per tutti che le le condizioni (materiali) influenzano ECCOME la qualità del lavoro. o cosa d’altro devo immaginare- strolgare , si dice a Bologna- i portatori di infradito ?
Per qualità intendo proprio quella strutturale , dipendente dagli elementi che occorro per realizzarla :distribuzione e sensatezza di tempi , costruzione di cattedre orarie ( che non sono solo somme o multipli) ,
numero di alunni per classi ,adeguatezza del programma al monte ore assegnato e cose altre cosucce materiali che vi risparmio.Avete capito bene MATERIALI , al fine di realizzare l’immateriale di cui sono fatte sì le lezioni ( ma cos’è più operativo del pensiero!?) e soprattutto (diverso genere di immateriale) le soverchianti burocrazie richieste . Attenzione non è una lamentela , è porre il problema !!! dato che la vera necessità è andare a scuola ( chiunque noi siamo : studenti, docenti, dirigenti , collaboratori) e decentemente combinare elementi materiali e immateriali , ovvero cultura.

Annie 08/06/2013

A me piacerebbe moltissimo non andare a scuola di sabato. Ho fatto un anno all’estero e avere 2 giorno senza scuola consentiva di riposare e fare un sacco di attività. I prof. però lavoravano molto di più a scuola dei miei qui e alle 4 del pomeriggio si faceva lezione tranquillamente. Certo non c’era in cattedra una/o che leggeva o faceva leggere dal libro!!! In più in Inghilterra stanno sperimentando in alcune scuole l’inizio delle scuole più tardi perchè più adatto ai cicli circadiani degli studenti adolescenti. La sensazione è stata che i ragazzi siano davvero al centro della scuola. Qui al centro sono i professori, i bidelli, il personale di segreteria con i loro diritti sindacali. Sono pagati poco ma lavorano anche poco. E’ come se avessero fatto un patto tacito e hanno fatto diventare la scuola un posto di lavoro per chi ha altre priorità. A questo punto fare qualcosa per risparmiare il riscaldamento non mi sembra un sacrilegio!