Valeria Covato, ItaliaOggi 3/7/2014, 3 luglio 2014
ARRIVA IL GIORNALISTA AUTOMATICO
Sono passati circa 40 anni da quando a Yale fu creato il primo algoritmo capace di generare delle storie. Ma sul tema restano ancora molte incognite. I giornalisti-robot, ossia gli algoritmi che scrivono le news in modo automatizzato, lasciano infatti scettici gli esperti del settore, concentrati ancora troppo sui limiti di tali marchingegni e poco avvezzi a coglierne la portata tecnologica.
Gli appassionati di media tradizionali hanno poi più volte espresso la preoccupazione che i software alimentati da algoritmi possano un giorno assumere le funzioni di veri giornalisti. E in certi versi è quello che sta succedendo negli ultimi anni in alcuni settori del giornalismo, specialmente quello sportivo.
UN INCORAGGIAMENTO. Un incoraggiamento per i giornalisti increduli giunge adesso dal sito specializzato Gigaom che invita a festeggiare la nascita del giornalismo automatizzato invece che criticarla e spiega perché sarebbe consigliabile relegare alcune fatiche a un algoritmo. L’articolo parte da una notizia recente. Alla lista dei media alle prese con le nuove pratiche si è aggiunta da qualche giorno l’Associated Press, che ha annunciato una partnership con Automated Insights, una società che ha cominciato a produrre cronache sportive automatizzate, col nome di StatSheet, nel novembre 2010, per poi allargarsi nel 2011 alla produzione di diversi contenuti informativi per aziende di spessore come Microsoft, Bloomberg e Yahoo. Ap utilizzerà il software messo a disposizione per produrre i report sugli utili societari. Secondo un post della società, la nuova partnership consentirà di produrre dieci volte il numero di report finanziari pubblicati prima e presto la maggioranza di essi sarà automatizzata.
MENO FATICHE INUTILI. Anche se alcuni giornalisti temono che società come Automated Insights e Narrative Science possano prendere via via il loro posto, il caporedattore di Ap, Lou Ferrara, ha commentato che la nuova partnership libererà i giornalisti da fatiche inutili, e permetterà loro di dedicare il loro tempo a pezzi che aggiungono valore. In un’intervista con Steven Levy della rivista Wired, il co-fondatore di Narrative Science, Kristian Hammond, ha stimato inoltre che entro 13 anni i robot o algoritmi scriveranno circa il 90 per cento di ciò che consideriamo notizia. «Forniamo dei contenuti che avrebbero un costo proibitivo se fossero realizzati da umani», ha aggiunto Hammond.
COSE DA ROBOT. Per giungere alla stesura di una notizia il giornalista-robot attraversa varie fasi che sono state spiegate dall’esperto di nuovi media Nick Diakopoulos. Le fasi descritte da Diakopoulos nel suo blog possono essere così riassunte. Prima fase: ingerire i dati. Seconda fase: calcolare le caratteristiche interessanti o degne di nota. Terzo passaggio: individuare i punti rilevanti e la loro priorità. Quarto: collegarli, e per finire generare il testo. Ciò che sembra ancora mancare secondo l’esperto è però un senso più ampio di notiziabilità.
I PRIMI ESPERIMENTI. Alcuni gruppi dei media anglosassoni usano ormai gli algoritmi nella routine quotidiana soprattutto per mansioni noiose e ripetitive. Forbes.com utilizza ad esempio una piattaforma di intelligenza artificiale fornita dalla società hitech Narrative Science per generare news automatizzate da flussi di dati in tempo reale e contenuti estratti da articoli precedenti. Stesso criterio per il Los Angeles Times che usa però i software per realizzare articoli sui terremoti, con un algoritmo che estrae automaticamente dal sito dello Us Geological Survey un set predefinito di dati.
Valeria Covato, ItaliaOggi 3/7/2014