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 2014  luglio 03 Giovedì calendario

SCIA DI DOLLARI TRA ALGERIA, CANADA E CINA


Mohamed e Farid Bedjaoui. Zio e nipote. Oltre al cognome, in comune hanno la nazionalità algerina e la propensione per il jetset internazionale. Ma ora anche possibili guai giudiziari. Entrambi i loro nomi sono infatti emersi nel corso di indagini su pagamenti sospetti fatti da multinazionali estere per operare in Algeria.
Lo zio, Mohamed Bedjaoui, dopo aver fatto il ministro della Giustizia algerino negli anni 60 è stato ambasciatore Parigi e a New York presso le Nazioni Unite e poi, per vent’anni, giudice e presidente della Corte internazionale di giustizia, il tribunale dell’Onu. Nel 2002 è tornato ad Algeri prima in veste di presidente della Corte Suprema locale e poi di ministro degli Esteri (carica che ha mantenuto dal 2005 al 2007). Nei media algerini si parla di lui con riferimento a una vicenda di pagamenti sospetti relativi alla costruzione della cosiddetta Autoroute Est-Ouest, un’autostrada realizzata dal gruppo cinese Citic-Crcc con il supporto della società d’ingegneria canadese Snc-Lavalin.
Il nipote, Farid Bedjaoui, ha sposato la figlia dell’ex ministro della Difesa libanese Mohsen Dalloul e assieme al cognato Ziad ha fondato Rayan Asset Management, una delle maggiori società di consulenza finanziaria di Dubai.
In base agli esiti di un’indagine condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Milano, il pm Fabio De Pasquale ritiene che Farid Bedjaoui abbia ricevuto 200 milioni di euro dalla Saipem, la società ingegneristica del gruppo Eni, per cosiddetti servizi di intermediazione in Algeria. Ma quei 200 milioni incassati da Pearl Partners Ltd, società di facciata registrata a Hong Kong con succursale negli Emirati e nessuna attività in Algeria, sono solo una parte minima di impressionanti flussi di denaro gestiti da Farid e provenienti da tre continenti. Al Sole 24 Ore risulta che a propria disposizione abbia avuto decine di conti bancari in Svizzera, Lussemburgo, Libano, Singapore, Honk Kong ed Emirati Arabi e dozzine di veicoli societari registrati oltre che in quei Paesi anche a Panama e nel Delaware, lo stato americano che per mancanza di trasparenza societaria è ritenuto una sorta di sponda offshore in territorio statunitense.
In un altro stato americano, quello di New York - e per la precisione proprio nella Grande Mela - Il Sole 24 Ore ha appurato che da uno dei contenitori nei quali Farid Bedjaoui ha "shakerato" anche il denaro pagato dalle multinazionali è partito un bonifico di oltre 20 milioni di dollari usati per l’acquisto di una proprietà immobiliare di grande prestigio a Manhattan.
Tra le multinazionali che secondo le indagini condotte sia in Svizzera che in Canada avrebbero versato somme di denaro sospette a società gestite da Farid Bedjaoui o su conti bancari di cui costui appare beneficiario, oltre alla Saipem, c’è anche la Snc-Lavalin, la società d’ingegneria canadese che negli ultimi anni ha ottenuto appalti in Algeria per oltre 6 miliardi di dollari. Uno di questi appalti ha riguardato 169 chilometri, 120 ponti, 40 viadotti e cinque chilometri di gallerie dell’Autoroute Est-Ouest, oggetto di un’altra inchiesta per un’ipotesi di corruzione. E in quell’inchiesta è emerso il nome dello zio di Farid, Mohamed Bedjaoui.
«Dall’indagine algerina risulta che sono state pagate tangenti per la costruzione dell’Autostrada Est-Ovest e che un ruolo chiave nella vicenda è stato giocato da Pierre Falcone, un uomo d’affari franco-brasiliano rappresentante ufficiale di Citic-Crcc, il gruppo cinese che si è aggiudicato l’appalto. Mohamed Bedjaoui è stato apparentemente l’interfaccia di Falcone in Algeria in quell’operazione e diversi giornali hanno riportato che ha organizzato un consiglio interministeriale dedicato al progetto autostradale proprio con Falcone. Cosa che l’ex ministro non ha mai smentito», spiega al Sole 24 Ore Djilali Hadjadj, portavoce dell’Associazione algerina per la lotta contro la corruzione. Il quale aggiunge: «Alcuni contratti di subappalto per l’autostrada sono andati a due società canadesi, Snc-Lavalin e Dessau internazionale. E sappiamo che Farid Bedjaoui ha avuto a che fare con la nomina di una persona apparentemente di sua fiducia prima a capo di Dessau e dopo di Snc in Algeria. Del resto lo stesso vertice di Snc ha ammesso di essere stato in pratica ostaggio di Farid Bedjaoui e dei suoi partner algerini».
Non basta: da fonti elvetiche al Sole 24 Ore risulta che tra le tante società di facciata costituite da Farid Bedjoui con il supporto del suo collaboratore Ouraied Samyr, ce ne era una con sede sia a Londra sia a Dublino chiamata Integrama Consultants. E che questa società abbia incassato svariati milioni di euro in pagamenti associati a non meglio definiti servizi di "consulenza" svolti per conto di una compagnia cinese nell’ambito del progetto dell’Autostrada Est-Ovest.
Tra il febbraio 2007 e il gennaio 2009 Integhrama ha emesso una serie di fatture nei confronti di China Civil Engineering Construction Corporation, o Ccecc, una subappaltatrice del gruppo Citic-Crcc, sulla base di un contratto di consulenza siglato l’8 giugno 2005 relativo al tratto occidentale e a quello centrale dell’autostrada.
Al Sole 24 Ore risulta che nel biennio 2007-09 Integrama abbia conseguentemente incassato oltre 15,5 milioni di euro su un conto inglese presso la banca Barclays. Il sospetto degli inquirenti è che quei soldi, come quelli andati alla Pearl Partners, fossero solo in parte destinati a Farid Bedjaoui. E che siano finiti anche a funzionari pubblici algerini. Ovviamente il dubbio è che tra questi ci sia anche suo zio.
Quando il personale addetto alla compliance di una delle numerose banche svizzere in cui Farid Bedjaoui aveva aperto dei conti assieme a suoi familiari ha chiesto spiegazioni, il fratello Reda oltre a confermare che Integrama aveva ricevuto pagamenti per consulenze relative all’Autostrada Est-Ovest ha spiegato che «è normale che il loro zio Mohamed Bedjaoui abbia partecipato a riunioni ministeriali in cui si discuteva un progetto strategico per il Paese».
Dopo averlo raggiunto telefonicamente, Il Sole 24 Ore ha chiesto direttamente all’ex ministro algerino di spiegare il proprio ruolo nella vicenda dell’autoroute. «Non ho niente da dire … perché è una vicenda che è cominciata - come dire? - con dei problemi di difesa nazionale. E io non posso parlarne», ci ha risposto.
Quando gli abbiamo chiesto se ha rapporti di affari o finanziari con il nipote, la risposta è stata netta: «Nessuna relazione. Sono dieci anni che non lo vedo».
Non ha avuto scambi di denaro con Farid? Abbiamo insistito.
«Assolutamente no. Nessun rapporto».
In particolare, l’ex ministro ha negato di aver mai ricevuto pagamenti su conti bancari in Svizzera (che ha spiegato di non avere).
A suo nipote Farid non abbiamo invece avuto modo di offrire l’opportunità di prospettare la propria versione dei fatti. Anche lui, come lo zio, viveva a Parigi, ma adesso nessuno sa dove sia. Il suo nome e il suo profilo sono stati infatti aggiunti tra quelli dei "Wanted", i cosiddetti red notice del sito dell’Interpol. Contro di lui c’è un mandato d’arresto internazionale per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione emesso dalla Procura di Milano.
cgatti@ilsole24ore.us

Claudio Gatti, Il Sole 24 Ore 3/7/2014