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 2014  luglio 03 Giovedì calendario

UN SEMESTRE IN SALITA


Nel suo discorso per molti versi irrituale, pronunciato sul filo delle grandi dichiarazioni di principio più che sotto il profilo strettamente programmatico, Renzi ribadisce che l’Italia rispetterà le regole ma serve la crescita. Il passaggio verso il «miglior utilizzo della flessibilità», secondo le faticose intese raggiunte nel Consiglio europeo del 26 e 27 giugno, pare tutt’altro che scontato.
Da questo punto di vista, l’avvio del semestre italiano di presidenza della Ue parte in salita. Renzi non ha indicato nel suo discorso ai parlamentari neo eletti i passaggi che dovrebbe condurre all’auspicata flessibilità, affidandosi al testo scritto consegnato alla presidenza del Parlamento.
Se l’impianto delle regole europee sul fronte della disciplina di bilancio è al momento intangibile, l’enfasi sulla crescita posta ieri dal presidente del Consiglio Matteo Renzi nel suo discorso al Parlamento europeo di Strasburgo, potrebbe potenzialmente aprire una breccia in direzione di una politica economica europea finalmente orientata al sostegno dello sviluppo e dell’occupazione. L’utilizzo del condizionale è d’obbligo, come mostra la netta presa di posizione del capogruppo del Ppe, il tedesco Manfred Weber («i debiti non creano futuro, lo distruggono, dobbiamo continuare sulla linea del rigore»). Il «nuovo inizio» che ispira il programma italiano per il semestre, propone una nuova agenda di politica economica «basata su riforme strutturali e investimenti per la crescita e l’occupazione». In chiave europea, si tratta di spingere l’acceleratore sui «quattro pilastri» fatti propri dal Consiglio europeo del dicembre 2012. Focus su unione bancaria, rafforzamento della regolamentazione dei mercati finanziari, fiscalità e bilancio.
Certo lo scambio tra riforme e più tempo a disposizione per rientrare nella «regola del debito», ma anche per aprire la partita degli investimenti con quota nazionale parzialmente scomputabile dal calcolo del deficit, è ancora formalmente sul tappeto. Se ne comincerà a discutere concretamente con la prossima Commissione europea che s’insedierà a novembre. Non sarà una passeggiata provare a infrangere nell’Europarlamento il muro eretto dagli euroscettici da un lato e dai rigoristi ad oltranza, dall’altro.
Al centro del semestre occorre porre il tema centrale del rilancio di grandi progetti infrastrutturali, provare a portare al tavolo della discussione il tema della mutualizzazione del debito attraverso la creazione di un nuovo veicolo finanziario comunitario, dotato di garanzie fornite dagli stati membri e capace di emettere titoli di debito. Difficile che si possa sull’argomento fare passi in avanti, come del resto ha implicitamente ammesso il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan nell’intervista di due giorni fa al Sole 24 Ore, ma sul piano programmatico si potrebbe provare quanto meno ad avviare l’istruttoria preliminare. Per l’Italia – come del resto è stato ribadito a più riprese sia da Renzi che da Padoan – la scommessa la si gioca tutta sul piano delle riforme.
Se il collegamento riforme-flessibilità, peraltro già contenuto nella stessa disciplina di bilancio, farà effettivamente breccia (la precondizione è essere fuori dalla procedura per disavanzo eccessivo), sarà la Commissione a valutare caso per caso, nella premessa che comunque dovremo non infrangere il tetto del 3% nel rapporto deficit/pil, assicurarne la progressiva discesa e realizzare al tempo stesso il pareggio di bilancio in termini strutturali nei tempi indicati (2015, ma l’Italia ha chiesto lo slittamento al 2016).
Mercato del lavoro, giustizia, fisco, pubblica amministrazione: l’elenco delle azioni – in parte già intraprese, per il resto da realizzare – è nutrito, va inserito nel quadro delle raccomandazioni rivolte all’Italia dalla Commissione Ue lo scorso 2 giugno, sulla scia del «Programma nazionale di riforma» presentato lo scorso aprile, e dunque con una proiezione necessariamente rivolta all’orizzonte dell’Agenda Ue «2020», necessariamente ribadita dal programma italiano per il semestre.

Dino Pesole, Il Sole 24 Ore 3/7/2014