Nanni Delbecchi, il Fatto Quotidiano 3/7/2014, 3 luglio 2014
GIANLUIGI DA COLOGNO, LA MASCHERA DI FERRO
Ha mai riso, Gianluigi Nuzzi? Ne abbiamo le prove? Apparentemente no, come si può constatare quando, come ieri sera, conduce su Canale 5 Segreti e delitti. Cronista di razza prestato al video, Nuzzi è uno che non molla. In Tv non molla mai quell’espressione tra il truce e il contrito, la tetra serietà imposta vuoi dal carattere, vuoi dalle circostanze. Una maschera di ferro come quella di Filippo d’Orleans, questa di Gianluigi da Cologno Monzese. Alcune fonti segrete sostengono saprebbe ridere, se volesse, ma non può, costretto com’è a occuparsi degli omicidi di Yara Gambirasio e Chiara Poggi 24 ore al giorno.
Una certezza però l’abbiamo: Gianluigi Nuzzi è un duro. Un vero duro. Nella maschera, nella presenza, nel rivolgersi agli opinionisti come ai telespettatori, nel dare la linea agli inviati che presidiano i campi di Chignolo d’Isola come nel passare la linea ad Alessandra Viero. Fosse vissuto a Hollywood cinquant’anni fa, sarebbe potuto diventare un divo della black comedy, e dare del filo da torcere a Ernest Borgnine, Lee Marvin, Sterling Hayden. Invece gli è capitato di vivere nell’Italia di questi anni, dove i media si appropriano dei più atroci casi di cronaca per trasformarli in telenovele a base di ipotesi, gossip e ospiti a gettone, che hanno sempre un parere su tutto; sui pedali della bicicletta, sulla psicologia di chi si fa le lampade, sulle frontiere della biogenetica.
Gianluigi da Cologno gestisce il traffico con la sua maschera di ferro, e scandisce il ritmo a suon di rivelazioni, come accade negli speciali sul calciomercato. La settimana scorsa la bomba è stata un’intervista a Fabio Buzzi, direttore del dipartimento di medicina legale dell’Università di Pavia, che affermava come sul corpo di Yara fossero stati rinvenuti “reperti piliferi” appartenenti a Ignoto 1, il cui Dna corrisponde a quello del muratore Giuseppe Bossetti. Una dichiarazione poi smentita dalla Procura, ma sufficiente ad alimentare una maratona di tre ore di vaniloquio effettivamente rivelatrici. Non sulla soluzione del delitto, ma del modo in cui la televisione se ne stia occupando. Alla morbosità, invadenza e pornografia della privacy altrui, sempre presenti in queste trasmissioni, l’ultima svolta del delitto Gambirasio ha aggiunto un tocco surreale, perché lo strano caso del muratore Bossetti e Ignoto 1 ha più a che vedere con Stevenson che con Conan Doyle; non si tratta tanto di ricostruite moventi e circostanze, improvvisandosi Sherlock Holmes da salotto, quanto di sovrapporre ossessivamente indizi più o meno credibili nella speranza che quella doppia identità conduca alla stessa persona. Se non si conoscono le indagini, è scientificamente impossibile avere qualcosa di sensato da dire, come confermerebbe lo sguardo sconsolato del criminologo Massimo Picozzi, che forse pensa qualcosa del genere, ma non può dirlo. Fedele alla linea, Nuzzi non molla lo stesso, ma a forza di non mollare sta diventando irriconoscibile. Va bene che pur di fare televisione si è disposti a tutto, ma resta incomprensibile capire come un cronista come lui, l’autore di un’inchiesta sui fondi neri dello Ior che ha fatto il giro del mondo, si sia ridotto a interpellare Eleonoire Casalegno, a lanciare clamorose rivelazioni sui reperti piliferi, e insomma sia passato senza colpo ferire dal Vatileaks al Bossettileaks.
Nanni Delbecchi, il Fatto Quotidiano 3/7/2014