Emiliano Liuzzi, il Fatto Quotidiano 3/7/2014, 3 luglio 2014
UN PLURICONDANNATO PER RINNOVARE LA FIGC
È l’ultima protesi di una Democrazia cristiana che fu, la Federazione Italiana Gioco Calcio. La continuità era rappresentata da Giancarlo Abete che dello scudo crociato fu anche deputato, trascinato nel tracollo dei Mondiali che portano il nome suo e quello di Cesare Prandelli. Ma guai a parlare di rottamazione, almeno da queste parti: per un vecchio democristiano che se ne va, uno ancora più vecchio che vuole arrivare. Lui, il nuovo che avanza, si fa per dire visto che ha 71 anni, si chiama Carlo Tavecchio che, di Abete, era vice esecutivo oltre al mandato di presiedere la Lega dilettanti, ergo una quota di consensi senza eguali nella federazione del pallone. Il suo curriculum non splende, quasi per niente, anche e soprattutto in virtù di una lunga serie di condanne penali – iniziate all’inizio degli anni Settanta e proseguite fino al 1998 – che l’uomo ha collezionato. È stato sindaco, e questo lo sappiamo per certo, visto che la fascia tricolore l’ha indossata 19 anni consecutivi. Un comune, Ponte Lambro, provincia di Como, da quattromila abitanti e spiccioli, poca cosa, ma evidentemente gli è servito come trampolino. Ora il grande salto, la visibilità a portata di mano, nonostante Tavecchio sia contrario alle dimissioni di Abete.
Se il presidente dovesse lasciare, l’11 agosto, la sua candidatura a grande traghettatore è pronta. Un sistema che garantisce alla Figc la continuità e una serie di promozioni interne a tutti gradite, la torta da spartirsi non è piccola. Così nessuno si azzarda a ricordare che Tavecchio, oltre al record da sindaco, ne conosce uno anche da imputato: è stato processato e condannato cinque volte: condanna a 4 mesi di reclusione nel 1970 per falsità in titolo di credito continuato in concorso, 2 mesi e 28 giorni di reclusione nel 1994 per evasione fiscale e dell’Iva, 3 mesi di reclusione nel 1996 per omissione di versamento di ritenute previdenziali e assicurative, 3 mesi di reclusione nel 1998 per omissione o falsità in denunce obbligatorie, 3 mesi di reclusione nel 1998 per abuso d’ufficio per violazione delle norme anti-inquinamento, più multe complessive per oltre 7.000 euro. Con delle credenziali del genere non poteva che essere consulente del ministero dell’Economia per problematiche di natura fiscale. Chi meglio di un condannato per evasione? Nessuno, ovvio.
Oggi bussa alle porte di quel paradiso che è la presidenza della Figc. Abete lascia, ma non potrebbe fare altrimenti, visto che sotto la sua gestione le sconfitte in materia di calcio sono innumerevoli e non riguardano solo la Nazionale. C’è chi consiglia di non pronunciare l’ultima parola fino all’11 agosto, quando verrà convocata l’assemblea: Abete, magari trattenuto per la giacchetta, potrebbe anche sacrificarsi e rimanere come traghettatore.
Altrimenti la corsa pare già vinta, se non altro per via dei consensi che Tavecchio può spendere e per tutta una serie di crediti.
In alternativa, l’altro vice di Abete si chiama Demetrio Albertini, anagraficamente più giovane, ma responsabile quanto Abete del tracollo dell’Italia calcistica. Gli outsider saranno Andrea Abodi, presidente della Lega Serie B (la sua candidatura alla presidenza della Lega Serie A fu affossata dall’asse Lotito-Galliani), Luca Pancalli, presidente del Comitato paralimpico e già commissario straordinario della Figc tra il 2006 e il 2007, e Francesco Ghirelli, direttore generale Lega Pro.
Ci ha provato Barbara Berlusconi a bloccare la sostituzione interna con una sorta di auto candidatura, ma al momento non è stata presa neppure in considerazione. Ci ha pensato il vecchio Tavecchio a zittirla: “Sulla nomina del presidente non decide la gentile signora, ma i delegati di un milione e mezzo di tesserati”.
Emiliano Liuzzi, il Fatto Quotidiano 3/7/2014