Valeria Fraschetti, la Repubblica 3/7/2014, 3 luglio 2014
IN INDIA NASCE LA SILICON VALLEY DEL TE’
Nell’era di Internet un’idea e un algoritmo possono rappresentare la catapulta fra passato e futuro. Fra tradizioni arcaiche e opportunità globali. E così accade che sulle sonnolenti colline di Darjeeling, nell’India orientale, dove il ritmo delle giornate è da secoli cadenzato dai placidi movimenti dei raccoglitori di tè e l’abbondanza dei raccolti è affidata solo alla generosità dei monsoni, arrivi una rivoluzione. Che si chiama Teabox, indossa le vesti di una piccola start-up su cui ha scommesso la finanza e sta cambiando il volto al mercato di una delle bevande più antiche al mondo.
La prima testimonianza sull’usanza di bere la “Camellia sinensis” risale al III secolo avanti Cristo. Eppure la tradizione non mostra grinze. Anzi, è più à la mode che mai grazie alla diffusione di una coscienza salutista tra gli occidentali e di raffinate sale da tè nelle città che contano. Tanto che secondo la società di ricerca Mintel la domanda mondiale di tè è destinata a raddoppiare tra il 2011 il 2016. A fronte di questo trend promettente, però, i metodi di produzione e distribuzione indiani sono rimasti quasi gli stessi dai tempi dei colonizzatori britannici: raccolta manuale delle foglie, altrettanto manuale compilazione dei libri contabili, una molteplicità d’intermediari, borse in fatiscenti edifici di epoca coloniale dove i trader si sbracciano per accaparrarsi gli stock. In sostanza, un sistema economico-organizzativo così bizantino che impiega anche sei mesi a fare arrivare le foglie di un raccolto al consumatore finale. Troppo ai tempi della globalizzazione e del commercio in modalità fast-food.
Troppo anche per Kaushal Dugar, figlio di commercianti di tè di quarta generazione e analista finanziario a Singapore fino a quando, nel 2012, ha deciso di unire i suoi studi con la tradizione di famiglia. A 31 anni ha convinto una delle più grandi aziende di venture capital delle Silicon Valley, Accel Partners, e la Horizon Ventures, a finanziare con un miliardo di dollari l’idea di far approdare il mercato del tè nel mondo dell’e-commerce, per raggiungere consumatori disposti a spendere fino a mille dollari per un chilo di pregiatissima qualità Darjeeling. Idea all’apparenza banale, ma declinata con astuzia tecnologica e prendendo in prestito spunti dal marketing vinicolo. Gli algoritmi di Teabox. com predicono la domanda in base a fattori come
le vendite passate, i ranking delle varietà di tè e i prezzi. La startup ha poi ingaggiato assaggiatori e pubblicitari del vino per farsi aiutare a rinnovare le descrizioni dei prodotti, abbandonando il tradizionale linguaggio opaco per uno più consumer friendly . Perché, come ha spiegato Dugar al New York Times, «impiegando le tattiche dell’industria del vino, vogliamo demistificare il tè, presentarlo in modo più accessibile». E poiché siamo anche nell’epoca della “customizzazione”, Teabox offre anche tè su misura, offrendo selezioni personalizzate a partire dalle 53 qualità in vendita sul sito. Una scelta apprezzata molto dagli amanti della bevanda di Russia e Usa, tra i destinatari dei 10 milioni di tazze sinora vendute in 65 Paesi dalla piccola Amazon del tè.
Piccola, ma ambiziosa. L’obiettivo per il prossimo anno è una crescita del 300%. Grazie a prezzi ultra-competitivi rispetto a marchi come Twinings o a quelli delle sale da tè. Al Palais des Thés di Parigi, per esempio, la qualità Mission Hills è venduta a 340 dollari al chilo, il 60% in più di quanto chiede Teabox per la stessa varietà. Uno scarto reso possibile anche dal fatto che la start-up ha rigirato come un calzino il tradizionale sistema di stoccaggio e distribuzione delle colline del West Bengala e dell’Assam, le regioni dov’è concentrata la produzione indiana da 1,2 miliardi di chili. Invece di affidarsi ad aste e intermediari, Teabox si procura la materia prima dalle piantagioni. Stocca il tè in magazzini climatizzati dove, entro 48 ore, viene controllato, messo sotto vuoto e spedito. Tagliati fuori dal sistema, i distributori tradizionali hanno più volte bloccato l’accesso alle piantagioni agli impiegati di Teabox. Ma non è servito, anzi: altre aziende del settore stanno sbarcando online. La trasformazione di Darjeeling in una Silicon Valley del tè va avanti.