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 2014  luglio 03 Giovedì calendario

ARCORE SEDOTTA DAL NEMICO

Attrazione fatale, forse cordiale, però pure funzionale, per non dire venale dal momento che si tratta pur sempre di un’azienda che con il potere politico deve fare i suoi conti. Ha detto ieri il vicepresidente Mediaset Pier Silvio Berlusconi: «In un paese che ha bisogno di riforme io tifo per Renzi». Ha quindi aggiunto, con una formula che non è suonata proprio felice sul piano della nobiltà: «E chi non lo farebbe con chi ha preso il 40 per cento?». A giudizio del secondogenito della dinastia di Arcore il premier del centrosinistra è comunque «il più bravo comunicatore dopo mio padre. La fiducia se la merita, ha fatto un gran lavoro, speriamo che ce la faccia, la cosa peggiore è deludere le speranze». Amen.
Si tratta di un’uscita che fuoriesce dalle logiche per così dire di sistema, influenzata come appare da una specie di miscuglione pop che tiene insieme post-familismo e interessi economici. Sintomatico in questo senso appare il verbo - «tifare» che Pier Silvio, detto «Dudi», ha usato per esprimere la sua adesione insieme leggiadra e passionale al renzismo.
Anche Ennio Doris, d’altra parte, il fidatissimo finanziere vicino alla famiglia, ha proclamato testualmente tre mesi fa, presentando la sua autobiografia « C’è anche domani », (Sperling& Kupfer): «Io voto Silvio, ma faccio il tifo per Renzi». Così come piuttosto impegnativa è la definizione che un’altra figura decisiva da quelle parti, Fedele Confalonieri, anche lui di recente ha scolpito sul leader del Pd: «Un Berlusconi con 40 anni di meno».
Tanto sul tifo che sull’immedesimazione Silvio-Matteo si possono aggiungere diverse pezze d’appoggio famigliari. Barbara terza figlia fu la prima (2010) a dichiarare il proprio apprezzamento per Renzi; Marina, sia pure a distanza, ha sempre espresso parole rispettose per un uomo politico che ha liquidato vent’anni di antiberlusconismo e come tale «certifica la sconfitta» di una certa sinistra. Idealmente, ma calorosamente «renzista» è anche Francesca Pascale, tanto da aver costretto Silvione a telefonare in piena notte al vincitore delle primarie per complimentarsi, e con lei tutte le ragazze del cerchio magico che in quell’occasione esultarono attorno alla cornetta.
Non solo, ma i raccoglitori dell’indispensabile e spesso stucchevole materiale che colora l’odierna vita pubblica possono a buon diritto documentare come Renzi non solo sia stimato, ma anzi venga ripetutamente e pubblicamente vezzeggiato da figure e figurine che più berlusconiane non potrebbero essere. Da Dell’Utri («Lo avrei assunto di corsa») a Briatore («Lo voterei al cento per cento»), dal tele-precettore Del Debbio («Sinceramente lo voterei») a Signorini («Parla alla pancia del paese»), fino a Lele Mora per il quale Renzi è «uno strafico, è seducente, ha un viso sensuale», e via di questo passo.
L’impressione, comunque, è che nessuno di loro si sarebbe mai sbilanciato senza aver chiaro ciò che dell’attuale premier pensa il loro idolo – e qui tra i mille riconoscimenti vale menzionare quello con cui nel dicembre del 2010 l’allora presidente del Consiglio congedò il 35enne sindaco fiorentino dopo averlo avuto a pranzo: «Ti apprezzo perché mi assomigli». E per quanto venga la curiosità di sapere in che modo Renzi, ben lesto di lingua, reagì dinanzi a quell’attestato di egotica solennità, si segnala che sopraffatto dai più imbarazzanti osequi, commentò un giorno: «A questo punto mi manca solo l’ endorsement di Jack lo Squartatore».
Ieri, dopo aver rimarcato pure l’uso delle slide nella presentazione dei palinsesti Mediaset, Pier Silvio ha concluso: «Se non succede qualcosa, Renzi vince per vent’anni». Al netto delle reazioni dei poveri dirigenti di Forza Italia, che dunque si sbattono invano, con maliziosa superficialità se ne potrebbe dedurre che la famiglia e l’azienda salgono definitivamente sul già affollato carro presidenziale proprio per ingraziarsi il guidatore.
Sennonché, al di là delle nebulose e pasticciate riforme che molto in teoria dovrebbero trasformare il Grande Condannato in un padre della Patria, l’osservazione dei dati, anche elettorali, suggerisce che nessun leader ha mai danneggiato Berlusconi più di quanto sia riuscito finora a Renzi; e proprio stringendolo in quell’abbraccio che in un fuorionda, cioè in un momento di verità, è stato designato da un fedelissimo (Toti) «mortale».
Chi conosce le dinamiche e la legge dei simili che regolano l’omeopatia - «Similia similibus curentur», le cose simili si curano con le loro simili - se ne sorprende fino a un certo punto. Così il berlusconismo rende omaggio a chi lo sta consumando e si appresta a sostituirlo. Attrazione fatale, perciò, attrazione micidiale, attrazione terminale.