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 2014  luglio 03 Giovedì calendario

FINITI I BRACCIALETTI ELETTRONICI SCATTA IL NUMERO CHIUSO


MILANO — Che begli annunci, che magnifiche sorti e progressive: «In prospettiva è auspicabile un uso più esteso dei “braccialetti elettronici”» per il controllo a distanza dei detenuti ammessi agli arresti domiciliari, raccomanda il 24 giugno ai magistrati una circolare del Ministero della Giustizia. Del resto il 17 dicembre 2013 il comunicato stampa del governo Renzi celebrava questa «sicura garanzia in ordine al mantenimento di adeguati standard di controllo istituzionale sui detenuti».
Peccato che braccialetti elettronici non ce ne siano più: erano solo 2.000 quelli disponibili nel contratto Telecom, sono tutti finiti, e procurarne altri non sarà possibile per almeno un anno. Sta scritto in una lettera del 19 giugno del capo della Polizia, che la medesima circolare del 24 giugno del gabinetto del Ministro della Giustizia allega e «prega di comunicare agli uffici giudiziari in attesa che il Ministero dell’Interno giunga a una nuova Convenzione che amplii la disponibilità dei “braccialetti elettronici”».
D’ora in avanti o si fa come in alcune sedi, dove le carceri stanno già cominciando a comunicare ai giudici che «l’applicazione del braccialetto elettronico è momentaneamente sospesa per raggiungimento della soglia contrattuale minima», e dove dunque le persone poste ai domiciliari dai giudici non saranno più monitorate elettronicamente, ma solo (come prima) dagli estemporanei controlli delle oberate forze dell’ordine. Oppure ci si attrezza pazientemente per il “riciclo”, invece che dei regali di Natale, dei braccialetti a “numero chiuso”: cioè si aspetta che una persona finisca gli arresti domiciliari con il “braccialetto”, e si corre a prenotarlo (uno degli sempre stessi 2.000) per dirottarlo subito su altri in attesa.
Non è un gran periodo per la logistica della giustizia: ieri al Csm il consigliere Auriemma ha segnalato «il blocco del sistema informatico che nel Tribunale civile di Roma ha impedito del tutto i depositi degli atti da parte di giudici e avvocati e l’intera attività di cancelleria». Ma questa dei braccialetti è l’ultima peculiare puntata della telenovela legislativa-economica su quella che in realtà è una cavigliera idrorepellente, impermeabile, resistente a 70 gradi di temperatura e a 40 chili di forza di strappo. Già aveva divorato oltre 80 milioni di euro dall’infelice esordio nel 2001, tanto da produrre poi sino al dicembre 2013 (quando in utilizzo ve n’erano solo 55 in 8 uffici giudiziari) «una reiterata spesa antieconomica e inefficace», per dirla con le parole della Corte dei Conti ben meno icastiche della colorita sintesi in Commissione Giustizia nel 2011 del vicecapo della polizia Cirillo: «Se fossimo andati da Bulgari, avremmo speso meno». Ma il 17 dicembre 2013 il governo Renzi dei ministri Alfano (Interni) e Orlando (Giustizia), come una delle valvole di sfogo per l’intollerabile sovraffollamento carcerario, punta di nuovo su questo strumento regolato da un discusso e travagliato contratto con Telecom da 11 milioni l’anno.
Al 19 giugno, quando scrive il capo della Polizia, erano già «attivi 1.600 dispositivi, con una previsione di saturazione del plafond di 2.000 unità entro giugno». È successo: i braccialetti sono finiti, e «non sarà più possibile» — scrive Pansa — esaudire le ulteriori richieste, «se non attraverso il recupero degli apparati non più utilizzati». Infatti «l’ipotesi di ampliare il numero dei dispositivi previsti in Convenzione non appare percorribile» perché questo contratto, bersagliato dai ricorsi, «è stato dichiarato inefficace dal Consiglio di Stato, che ne ha prorogato la validità fino al 31 dicembre 2014». E rifare l’appalto? Il ministero dell’Interno promette di aver «già avviato le iniziative volte alla definizione di un Capitolato tecnico da porre a base di una gara per il nuovo servizio di braccialetto elettronico, ma i tempi necessari allo svolgimento della procedura non consentiranno l’attivazione del servizio prima di marzo-aprile del prossimo anno» 2015.