Alberto Pezzini, Libero 3/7/2014, 3 luglio 2014
«LA MIE OSSESSIONI PREFERITE: MIO PADRE E I BRONZI DI RIACE»
Alberto Angela, figlio del celebre Piero di Quark, paleontologo di formazione e naturalista, è l’uomo entrato per primo, con la sua troupe, nella tomba situata nella Valle dei Re e voluta da Ramsesse II per i suoi figli (un mausoleo di circa 130 mt.).
Il suo volto più noto al pubblico a parte quello televisivo è però quello letterario. Come Christian Jacq in Francia, che aveva fatto furore con i Faraoni, anticipando di molto l’Alexandros di Manfredi in Italia. Alberto Angela è uno scrittore bestsellerista (2,5 milioni di copie, in coppia col padre Piero) che deve tantissimo alla sua cultura scientifica ed alla sua vena avventurosa: un Ulisse in camice che essiccava pipistrelli da piccolo e li metteva in frigo per puro gusto scientifico. Alberto ha aggiunto alla ricetta paterna adatta allo spettatore medio l’avventura intellettuale, in fondo molto più pervasiva.
I suoi libri parlano per lui: dal Viaggio nella Cappella Sistina, all’Amore e sesso nell’Antica Roma, fino al Viaggio nell’Impero (Romano) inseguendo una moneta. Ha venduto copie su copie. Circa 2,5 milioni in coppia col padre Piero Angela: cifre mostruose per l’editoria.
«Ora devo partire quest’estate per una serie di conferenze su Roma in tutto il mondo dove non mi conosce nessuno. Forse lo devo a Roma». Scrivere è emozionante come ricercare. Dice Angela: «Quando entri in contatto con uomini che hanno circa due milioni di anni, senti sempre un’emozione travolgerti letteralmente per la ricostruzione che stai compiendo. Anche se quelli che hai davanti non sono persone come le concepiamo noi oggi, ma un passaggio tra l’uomo e la scimmia». Se gli domandi quanto abbia influito sulla sua attività di divulgatore televisivo il suo papà Piero, resta un istante in silenzio: «Senta, sono anni che nessuno mi fa più questa domanda. Le posso però dire che mio padre ed io siamo diversi e molto. Lui è un giornalista mentre io sono un ricercatore. Certo, mai e poi mai avrei pensato di finire a lavorare con lui, come abbiamo fatto conducendo insieme alcune fortunate trasmissioni televisive come Il pianeta dei dinosauri o Viaggi nel cosmo».
Divulgazione e scienza sanno coesistere: «Sono assolutamente alleati. Le dirò di più. Per essere un buon divulgatore bisogna possedere due qualità fondamentali. La prima è data dalle nozioni scientifiche: devono essere solide. La seconda viene invece dalla capacita di saperle comunicare, che è conseguenza della prima. Se non conosci bene le cose, non sarai mai in grado di spiegarle agli altri». Il che capita con tutti i suoi libri, ed anche con l’ultimo, I bronzi di Riace (Rizzoli, pagg. 177, euro 15,00), dove l’avventura sta dietro la curiosità di conoscere da dove arrivino quelle statue affogate nel mare della Calabria, vicino a Punta Stilo. «Vede, il bello di scrivere è la possibilità di far scattare davanti agli occhi dei lettori la luce del sole quando si alza su di un’arena romana prima che ci entrino dentro i gladiatori». La scrittura è visiva, allora. Alberto Angela, oltretutto, è sempre impegnato sul set, a registrare una trasmissione dopo l’altra. Come spiega questa sua inclinazione poco scientifica? «Diciamo che sono arrivato alla televisione in modo fortunoso. Le posso dire una cosa, però. Io lavoro con la struttura Rai, e mi sono ritrovato a confrontarmi tutti i giorni con dei professionisti eccezionali. Il bello della mia esperienza è proprio questo: un giorno pensi ad una trasmissione che ti sembra avveniristica e quasi impossibile, ne parli, ed il giorno dopo ti ritrovi un’astronave fuori dalla porta che ti aspetta in moto». Ma ci sarà pure qualche trasmissione scientifica che non le aggrada, provochiamo (Giacobbo, Valerio Massimo Manfredi, il vecchio Lucarelli, divulgatori diversi), lo scienziato ed il comunicatore: «Senta, io rispondo soltanto per quello che faccio io. Le posso dire che non esiste un altro paese dove ci sia una trasmissione scientifica come Ulisse capace di fare ascolti così alti in prima serata. Senta, è come quando ti chiedono se esista un veliero migliore del tuo. La risposta è si, però bisogna vedere chi lo conduce. Non esistono velieri migliori o cavalli più veloci, esistono menti più o meno chiuse». Ma scusi, allora cos’è che rende uno scienziato come lei un divulgatore appassionato? La scienza, la semplicità nella pagina, la facilità con cui spiega le cose, il senso di avventura? «Il cuore, soltanto il cuore».