Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  luglio 03 Giovedì calendario

COLONI CHE SPARANO, ANCHE TEL AVIV HA I SUOI TERRORISTI


I PRECEDENTI
Due mesi fa, la polizia israeliana contestò l’inclusione di una serie di attacchi da parte di estremisti ebrei contro palestinesi e le loro proprietà nel rapporto sul Terrorismo globale stilato dal Dipartimento di Stato americano. Incidenti con sfondo nazionalistico, dicevano, non terrorismo e certamente non da paragonare a ciò che sta succedendo in altri paesi. Non è ancora certo che il giovane palestinese di Gerusalemme rapito e ucciso sia stato vittima di una rappresaglia ma è un’ipotesi che gli inquirenti non hanno voluto escludere. Lo Shin Bet sostiene di seguire attentamente l’ondata di vandalismo anti-palestinese degli ultimi anni in gran parte da attribuire ai coloni israeliani nei territori occupati ma, come è scritto nell’inchiesta di Washington, gli autori non sono stati puniti. Come non sono stati identificati gli autori di atti vandalici contro luoghi di culto cristiani o musulmani.
LA SCUOLA FEMMINILE
Gli ultimi atti di violenza organizzata o di gravi episodi di terrorismo da parte di singoli ebrei-israeliani risalgono a qualche anno fa. Nel 2005 Eden Natan-Zada uccise a sangue freddo quattro civili arabi israeliani. Un episodio definito «l’azione reprensibile di un sanguinario terrorista ebraico» dall’allora premier Ariel Sharon. Nel 2002, la polizia riuscì a bloccare quattro abitanti di insediamenti a Hebron e dintorni che a bordo di un camion carico di esplosivi stavano per compiere una strage davanti a una scuola femminile palestinese di Gerusalemme.
L’episodio più grave avvenuto dopo la firma degli accordi di Oslo risale al 1994. Baruch Goldstein, un medico israeliano nato negli Stati Uniti ma residente in un insediamento a ridosso di Hebron militava in Kach (oggi fuorilegge), un partito politico fondato dal rabbino Meir Kahane che chiedeva l’espulsione degli arabi da Israele e dai territori palestinesi. Una mattina, nell’ora della preghiera, entrò con un fucile automatico nella moschea all’interno della Caverna dei patriarchi (luogo condiviso da musulmani ed ebrei) e fece strage di fedeli. Ventinove morti. Fu disarmato e ucciso da altri fedeli mentre cercava di ricaricare. I palestinesi chiesero lo smantellamento degli insediamenti degli estremisti ebrei e di fronte al rifiuto, Hamas scatenò un’ondata di terrore in Israele.
E. Sal.