Giordano Stabile, La Stampa 3/7/2014, 3 luglio 2014
AL BAGHDADI, DA JIHADISTA A CALIFFO. «CONQUISTEREMO ANCHE ROMA»
Vuole arrivare dove nessun condottiero arabo è mai arrivato. Il sogno del nuovo califfo Abu Bakr al Baghdadi al Qureshi include adesso anche Roma, assediata dai saraceni nell’843 dopo Cristo, ma mai espugnata. «Conquisterete Roma e sarete padroni del mondo», dice ai suoi seguaci il leader dello Stato islamico dell’Iraq e della Siria (Isis), trasformato pochi giorni fa in Stato islamico e basta. Perché Siria e Iraq non bastano più. Ora vuole tutti i territori che nei secoli sono stati sotto il dominio dei musulmani. E come ciliegina la capitale della cristianità.
Molta retorica per attirare nuovi adepti. E un bel po’ «di delirio», come sottolinea l’orientalista Olivier Roy. Ma anche astuzia, una consuetudine con la simbologia religiosa da ex predicatore salafita, un profilo sfuggente da leader che vuole durare nel tempo e non esporsi al primo drone americano in volo sul suo califfato appena sorto. Perché Al Baghdadi è «prudente e invisibile come il Mullah Omar, ambizioso, megalomane ancor più di Osama bin Laden».
Nell’audio lanciato sul Web martedì c’è la sintesi di tutto. L’evanescenza dello «jihadista invisibile» che concede solo la sua voce. Mai un’immagine. Mai una foto. E poi la chiamata alle armi di tutti i musulmani, condita dei «dettagli dottrinali per rivendicarne l’autorevolezza».
A cominciare dal nome. Al Baghdadi ha aggiunto il titolo di Abu Bakr, «primo califfo della storia, successore di Maometto», subito dopo aver assunto la guida degli islamisti iracheni nel 2010. Ora, da qualche settimana gli adepti sul Web lo chiamano anche Al Qureshi, nome della tribù del Profeta. Non è un caso, spiega Roy: «Nel 1924, quando Atatürk abolì il califfato per costruire la Turchia laica all’occidentale, i pensatori islamici si riunirono in Arabia per decidere i criteri di una rifondazione, e i requisiti per il futuro califfo. E uno dei principali era far parte dei Qureshi. Al Baghdadi ha scoperto qualche linea di successione che prima non conosceva…».
Un dettaglio non folkloristico in un mondo dove potere temporale e religioso si mescolano «in modo esplosivo». Il califfo, «il successore» alla lettera, ha fuso le due componenti solo nei secoli d’oro dei primi califfati arabi. Poi scià persiani e sultani turchi, che avevano ereditato l’egemonia sul mondo musulmano, si sono limitati ad aggiungere il titolo califfo, onorifico, a quello terreno di «imperatori». Nel Novecento, continua Roy, ci sono stati «molti tentativi velleitari di riportalo in vita» compreso quello dei Fratelli musulmani, nati nel 1928.
Ma nessuno finora si era autoproclamato califfo con un esercito di guerriglieri alle sue dipendenze. «Nemmeno Bin Laden ha mai osato. E nemmeno i taleban, che a differenza di Al Qaeda, disponevano di un territorio. L’Afghanistan talebano era un emirato, un principato, non un impero che dovrebbe abbracciare tutti i musulmani e, se tutta l’umanità si convertisse, il mondo intero».
Questo spiega la boutade su Roma. Ma non fin dove vuole arrivare Al Baghdadi. «Finora è stato fortunato e questo può avergli dato alla testa - azzarda Roy -. Ha riempito due vuoti, in Siria e Iraq, causati da regimi sciiti, quelli di Assad e di Al Maliki, odiati dalle popolazioni sunnite che sono passate con le sue milizie di mercenari pur di liberarsene». Ma ora? Ha attirato quasi tutti i gruppi islamisti, compreso, ieri, il temibile Aqmi nordafricano, ma «è circondato da potenze ostili come Turchia, Iran, Egitto. Anche attaccare la Giordania sarebbe follia. Dovrebbe attraversare 300 km di deserto. Sarebbe incenerito dall’aviazione. Magari quella Usa o israeliana».