Wanda Marra, Il Fatto 2/7/2014, 2 luglio 2014
Non lo so”, “decide Matteo”, “il Presidente non l’abbiamo visto”: capita spesso di provare a informarsi su provvedimenti di Palazzo Chigi, o sulle mosse prossime venture del governo e del Pd e di sentirsi rispondere così
Non lo so”, “decide Matteo”, “il Presidente non l’abbiamo visto”: capita spesso di provare a informarsi su provvedimenti di Palazzo Chigi, o sulle mosse prossime venture del governo e del Pd e di sentirsi rispondere così. In genere non è reticenza: è che proprio Renzi “balla da solo”, per usare la metafora di un dirigente Dem. E dunque, tende a fare tutto lui, delega il meno possibile, vuole l’ultima parola su qualsiasi cosa, non si fida praticamente di nessuno. Lunedì ha incontrato a ora di pranzo Andrea Orlando, il Guardasigilli che aveva pronti una serie di provvedimenti, e gli ha chiarito non solo che la riforma della giustizia era rimandata, ma che poi nel merito avrebbe deciso lui. Per chiudere la bozza d’entrata in Cdm del provvedimento sulla Pa, il ministro Madia ha dovuto aspettare che lui tornasse dal Vietnam . E fino a quando Napolitano non ha firmato i decreti, i diretti responsabili non sapevano neanche cosa ci sarebbe stato esattamente nella loro riforma. “Renzi ha leadership ed è giusto che i ministri intorno a lui non siano figure forti. RENZI E DELRIO RENZI E DELRIO Potrebbero essere solo elementi di disturbo”, commentava qualche corrispondente straniero il giorno del giuramento. Uno spunto che Renzi segue alla lettera. “Maria Elena, hai le slide? Ah, ma queste sono slide da secchiona” . Così prendeva in giro la Boschi durante la conferenza stampa di presentazione della riforma del Senato. “Poi Marianna domani vi spiega tutto”, diceva nel Cdm dedicato alla Pa. Quel domani non è mai arrivato. I Cdm sono brevissimi e neanche troppo tesi: c’è poco da discutere. Renzi i ministri competenti li vede prima, sente cosa hanno da dire, poi decide lui. “Non è vero che Matteo non ascolta: ascolta tutti. Magari per pochissimo. Poi sintetizza”, raccontano. LUCA LOTTI LUCA LOTTI Il “Presidente” vuole avere l’ultima parola anche “tecnica” sulle leggi. Ecco l’imbuto, l’ingorgo. E le incomprensioni: capita che chi lavora con lui neanche sappia esattamente i contenuti dei testi. Gli unici a cui delega-sono quelli del “Giglio magico”: il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Luca Lotti gestisce le trattative per suo conto, magari ci mette la faccia, quando il premier preferisce evitare. La Boschi è la punta di diamante alle riforme: lei ha il mandato, lui ratifica ogni cosa. Il direttore del Dagl, Antonella Manzione, è quella che deve tradurre in legge le volontà del premier. ANTONELLA MANZIONE ANTONELLA MANZIONE Graziano Delrio, Sottosegretario alla presidenza del Consiglio, diverso per carattere ed esperienza dai fiorentini ha avuto un ruolo centrale politico nel portare il premier alla guida del governo, ma ora preferisce dedicarsi a gestire una serie di partite amministrative centrali (tipo Alitalia). Molti lo vedono pronto per il Colle. Chiunque ha una certa autonomia fa fatica a sopravvivere accanto a Renzi. A Palazzo Chigi il premier non ha neanche una segretaria: si appoggia alla struttura, per molte cose fa da solo. LA MANO DI RENZI SULLA SCHIENA DI MARIA ELENA BOSCHI LA MANO DI RENZI SULLA SCHIENA DI MARIA ELENA BOSCHI Al partito, viceversa, Renzi è quasi assente. La segreteria praticamente non esiste. Da quando è diventato premier, la metà si è trasferita con lui al governo (Boschi, Lotti, Madia). Matteo ha nominato due vice segretari, Guerini e Serracchiani. Soprattutto al primo delega ogni pratica complicata e diplomatica. Perché poi il segretario è il lavoro che gli interessa di meno. Tutti gli altri sono sostanzialmente lasciati a loro stessi. Finiti i tempi delle riunioni all’alba. MARIA ELENA BOSCHI MARIA ELENA BOSCHI Anzi, le riunioni non si fanno neanche più. “Ma siamo perennemente convocati su Whatsapp”, raccontano loro. Sono mesi che si aspettano nuove nomine per la segreteria. Sempre rimandate perché lui “non ci ha messo la testa”. Quando poi ce la mette, fa quello che vuole: il giorno della chiusura delle liste per le europee, alle 2 di notte, ha mandato sms alle 5 prescelte per comunicare che sarebbero diventate capoliste, azzerando in un istante settimane di trattative. Lacrime delle ragazze, strepiti degli esclusi. La sera prima dell’Assemblea nazionale del Pd ha mangiato una pizza con i fedelissimi e ha ratificato una decisione che aveva preso da settimane: il presidente sarebbe stato Matteo Orfini. Il 17 giugno in un vertice a Palazzo Chigi con governo e Pd ha praticamente scritto l’ultima versione della riforma del Senato, immunità compresa. RENZI, BOSCHI, RENZI, BOSCHI, L’uomo è così: non propone, ma dispone. E se qualcuno prova a contrastarlo c’è lì quel 40,8%. I voti, tipo memento mori. Accentrava quando era presidente della Provincia di Firenze, lo faceva da Sindaco, continua da premier. Il problema, che molti cominciano a notare, è che più il perimetro dell’azione è largo e l’imbuto è stretto, più rischia di strozzarsi.