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 2014  luglio 02 Mercoledì calendario

QUESTA UNIPOL-SAI HA FATTO TROPPI UTILI


Ci sono voluti due anni per celebrare il matrimonio ai vertici delle assicurazioni italiane tra le ex società della galassia Ligresti e il braccio assicurativo di Unipol gruppo finanziario (Ugf). Due anni in cui sembra avvenuto il miracolo del salvataggio del gruppo Fondiaria-Sai. Nato nelle menti dei suoi grandi registi-creditori delle società unite a nozze Mediobanca e Unicredit, la fusione risale al 31 dicembre 2013, con la nascita di Unipolsai. Ma la compagnia bolognese guidata da Carlo Cimbri era salita al controllo delle società dell’ex gruppo Ligresti con gli aumenti di capitale del 2012, già tutto il 2013, quindi, per Fonsai risente dell’effetto Unipol.
L’anno scorso, il bilancio consolidato di Unipolsai, che rappresenta le attività dell’ex gruppo Fonsai prima della fusione (quello dopo l’integrazione non è confrontabile con l’anno precedente), si è chiuso in utile per 417 milioni, rispetto alla perdita di 800 milioni del 2012. Eppure, dal 2012 al 2013, i premi netti pagati dai clienti alla compagnia, ossia i ricavi di un gruppo assicurativo, sono scesi da 9,97 a 9,65 miliardi. Se Salvatore Ligresti e i figli Paolo, Jonella e Giulia sono indagati dalla magistratura e accusati, tra l’altro, di avere spolpato per anni le riserve tecniche, ossia il “fieno” che la compagnia mette in cascina in vista di possibili costi per incidenti, è perché l’attività assicurativa di Fonsai ha sempre reso parecchio.
Se nel 2013 sono scesi i premi pagati dai clienti, l’ultima riga di bilancio in utile contro il rosso dell’anno precedente si spiega soprattutto perché sono diminuiti sia i costi e gli oneri complessivi (tra cui gli importi pagati per incidenti e la variazione delle riserve tecniche), da 13,14 a 11 miliardi, sia le imposte, passate addirittura in negativo per 234 milioni dal dato positivo di 131 milioni del 2012. In parallelo, le attività collaterali rispetto alle assicurazioni hanno ridotto le perdite. A cominciare dal settore immobiliare che ha un risultato negativo prima delle tasse di 69 milioni dal rosso di 237 milioni del 2012. Le “altre attività”, che scontano il peso di due business in costante perdita come il Centro oncologico fiorentino e la catena di alberghi Atahotels (ricapitalizzata per 46 milioni ancora a febbraio), hanno chiuso il 2013 con un passivo ante imposte di 51 milioni, da quello di 95 milioni del 2012.
Unipol, quindi, ha ereditato dai Ligresti un business assicurativo che funziona ancora bene, più alcune attività extra che invece appesantiscono i conti. Di zavorre al bilancio, comunque, il gruppo bolognese ne sa qualcosa: quest’anno deve ricapitalizzare per 100 milioni la controllata Unipol Banca, che tra 2007 e 2013 ha perso circa 820 milioni. Le cooperative rosse possono però consolarsi con i 50 milioni abbondanti di dividendi appena staccati dalla loro controllata, attraverso Finsoe, Ugf. Quest’ultima ha archiviato il 2013 con utili consolidati di 188 milioni e ha deciso di distribuirne 120 ai soci, ben più della metà (il 64 per cento, ma si sale all’82 considerando i profitti civilistici). Così, le coop sono state in parte ricompensate dello sforzo economico dell’estate del 2012, quando si sono svenate per i 500 milioni di aumento di capitale da 1,1 miliardi di Unipol, necessario per comprare Fonsai. Indirettamente, le cooperative beneficiano anche del dividendo super da 550 milioni, pari a ben l’80 per cento dei profitti consolidati (694 milioni nel nuovo assetto post fusione), appena staccato al piano di sotto da Unipolsai. In questo caso, chi ha incassato di più è la stessa Ugf controllata dalle coop, nelle cui casse sono appena entrati circa 335 milioni. Insomma, l’Ad Cimbri, che già a fine 2012, per il periodo dal 2013 al 2015, aveva fornito un’indicazione di cedole tra il 60 e l’80 per cento degli utili, ha mantenuto le promesse.
“Questi dividendi – commenta un analista che segue il settore delle assicurazioni – mi hanno sorpreso, credevo che sarebbero state trattenute più risorse nel gruppo Unipol, visto restano criticità come il patrimonio immobiliare ex Fonsai, che rende sempre meno, e il portafoglio di titoli derivati ora in pancia a Unipolsai”. Quello stesso portafoglio che, in sede di via libera alla fusione assicurativa ha fatto litigare il presidente della Consob Giuseppe Vegas con il capo del suo Ufficio analisi quantitative Marcello Minenna, che aveva lanciato l’allarme sulle potenziali perdite dei derivati all’epoca in carico a Unipol. Sulla vicenda cerca di fare luce la Procura di Milano, nell’ambito di un’inchiesta che vede indagato anche Cimbri per aggiotaggio. Secondo calcoli del Sole 24 Ore, al 27 maggio gli strutturati di Unipolsai valevano 6,545 miliardi, con una plusvalenza latente di 82 milioni, contro i 6,45 miliardi della di fine dicembre, quando invece incorporavano una minusvalenza di 188 milioni .
Il gruppo Unipol ha quindi archiviato un 2013 positivo, con profitti da centinaia di milioni in larga parte girati ai soci. Eppure nella primavera del 2012 la Consob di Vegas ha esentato il gruppo bolognese dal lancio di una costosa offerta pubblica di acquisto (Opa), stabilendo che l’acquisizione di Fonsai era un “salvataggio”. Ma nel marzo 2011 la stessa Commissione di vigilanza aveva imposto l’Opa ai francesi di Groupama che avevano messo gli occhi sul “gioiellino” assicurativo dei Ligresti. Dal punto di vista della Consob, la situazione del gruppo Fonsai è schizofrenica: nel 2011 non aveva bisogno di essere salvato, nel 2012 era sull’orlo del baratro e nel 2013 macina utili. I piccoli azionisti saranno a dir poco disorientati.

Margherita Barbero, il Fatto Quotidiano 2/7/2014