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 2014  luglio 02 Mercoledì calendario

POTERE TAVECCHIO UN REGNO COSTRUITO SULL’ERBA SINTETICA


Chi è Carlo Tavecchio? Chi è l’ex sindaco Dc che ha trasformato il calcio dei dilettanti in una gigantesca miniera di voti? Chi è il ragioniere di Ponte Lambro, classe 1943, sul conto del quale in questi giorni è stata rispolverata un’interrogazione parlamentare del senatore Emidio De Paoli che ricordava una lunga sfilza di guai giudiziari? Condanne per falsità sui titoli di credito, abuso d’ufficio, evasione di imposta: ombre di un passato che nei giorni della candidatura alla guida della Figc diventano buio. Eppure, nei corridoi della Federcalcio, i colletti bianchi del pallone lo vogliono numero uno: lui che dal 1999 presiede la Lega nazionale dilettanti (Lnd). Fu proprio Tavecchio a trasformare per sé e per i colleghi i gettoni di presenza in veri e propri stipendi. E fu lui a inventarsi l’ufficio marketing, aprendo le porte ad aziende come Enel e Banca Intesa.
Uomo di calcio, Tavecchio. Ma soprattutto d’affari. Uno che in tempi di crisi ha capito come restare con i piedi per terra, anzi nell’erba, meglio se omologata. È lì, sui manti erbosi degli stadi, che si gioca la sua carriera, lì ha coltivato gli interessi del calcio e di una stretta cerchia di manager. Tutti con un posto d’onore alla grande tavola rotonda della sua Lega. Insieme hanno srotolato in mezza Italia un enorme prato che vale mezzo miliardo di euro. A tanto ammonta il business dell’erba sintetica, pagata fior di quattrini da squadre e Comuni sepolte dai debiti. Ma gli affari sono affari, servono anche ad alimentare l’intricata rete di committenti e sponsor. In meno di 10 anni, Tavecchio ha fatto della Lnd il cuore pulsante del calcio italiano: da sola muove il 99 per cento del calcio nazionale e oltre un miliardo e 500 milioni di euro tra tesseramenti e iscrizioni ai campionati. Fu lui a intuire che soppiantando i campi in terra avrebbe portato nelle casse della Lega una montagna di soldi. I numeri gli hanno dato ragione: ogni terreno costa in media 500 mila euro, omologarlo 5 mila. Ne sono stati montati oltre mille. Tutti collaudati dalla Labosport, la sola azienda autorizzata a testarli per conto della Lnd. Un business che si tramanda di padre in figlio. Roberto Armeni, technical manager della Labosport, detiene il 40% delle azioni. Il padre, Antonio Armeni, dal 2003 e su ordine di Tavecchio, è capo supremo della Commissione impianti in erba sintetica della lega. In poche parole, Armeni senior fa il regolamento delle omologazioni, Armeni jr li testa in laboratorio. Conflitto di interessi? «Sono solo polemiche — si difende Antonio Armeni — la Labosport era uno dei laboratori Uefa. Abbiamo optato per loro su indicazione dei vertici del calcio».
La giustizia sportiva allarga le braccia: gli affari di famiglia sembrano non valere lo sforzo di un’inchiesta. Più difficile da spiegare l’altro presunto conflitto di interessi, che si cela dietro l’ombra di sponsor e amicizie. Scorrendo i nomi degli impianti certificati, spuntano una volta sì e l’altra pure i nomi di tre marchi che al numero 9 di Piazzale Flaminio, sede della Lnd, sono praticamente di casa. Il primo è quello della Limonta Sport, azienda di Erba, un centinaio di addetti e 40 milioni di ricavi. Dell’ad Paolo Limonta, Tavecchio è amico di vecchia data. Tra i documenti, si scopre che lo stesso Limonta versa in sponsor circa 200 mila euro all’anno nelle casse della Lega. Come la piemontese Mondo Spa che viaggia su un fatturato di circa 100 milioni di euro. E stesso discorso per l’Italgreeen, azienda bergamasca con 30 milioni di ricavi. Insieme detengono oltre il 90% del mercato del sintetico in Italia con oltre 900 manti forniti in 10 anni: su un totale di 1123 campi, 308 li hanno messi i Limonta, 328 la Mondo e 335 l’Italgreen. Fanno un 30% netto a testa. Coincidenza? I Limonta dicono di sì. «Questione di qualità — rispondono dall’ufficio marketing — le società sanno che i nostri prodotti sono i migliori».
Per realizzare un manto in erba sintetica omologato dalla Fifa, negli altri paesi europei ci vogliono poco più di 300 mila euro. In Italia, se volessimo farci giocare una squadra di amatori, saremmo costretti a spendere il doppio. Un’alternativa per abbattere le spese qualcuno l’aveva trovata: gomma riciclata, quella degli pneumatici, costi dimezzati. Secondo Tavecchio però sarebbe nociva. Poco importa se la Fifa la utilizza. Poco importa se lo fa anche la Uefa. In Italia fa male, soprattutto a chi la gomma vergine la vende fino a un euro al chilo (vedi Mondo, Limonta ed Italgreen) mentre le aziende che la riciclano la offrono a 20 centesimi (per un campo ne servono 100 tonnellate). Decine i comuni sul piede di guerra contro la Lnd. In Trentino, a Vicenza, La Spezia e Bussolengo i manti stesi due anni fa sono da sostituire. Un problema per le finanze delle città. Nemmeno il calcio giocato, in casa Tavecchio, se la passa bene. Dal 2010 al 2013 i tesserati sono circa 30mila in meno. Così come i club, diminuiti di quasi 1.000 unità.

Lorenzo Tondo, la Repubblica 2/7/2014