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 2014  luglio 02 Mercoledì calendario

IL CONSOLE E L’EREDITIERA


Vista dal mare, con i piedi nell’acqua bassa attraversata da grassi cefali, Montecarlo è una foresta di grattacieli. Una colata di cemento scossa, in questo inizio d’estate, da un terremoto. La miliardaria Hélène Pastor è stata uccisa con il suo tuttofare. Un delitto maturato in famiglia, che ha lasciato il Paese sotto choc. Per un momento, le parure di diamanti hanno smesso di tintinnare e i soldi di frusciare nelle banche. Per un momento.

Passeggiava ogni giorno con il suo levriero, Hélène Pastor, o con la figlia Sylvie, l’adorata Sissi. Che lotta contro il cancro – l’ultima chemioterapia è finita un anno fa – e a cui per questo l’anziana madre cercava di stare accanto il più possibile, portandola con sé a pranzo e in ufficio. Oppure si spostava sull’amato taxi nero londinese guidato da Mohamed Darwich, al suo servizio da 15 anni.
Storica amica di Ranieri e Grace, era gentile e umile in società: «Se non la conoscevi, mai avresti detto che era la persona più ricca di Montecarlo e la più inflessibile sul lavoro», giura un’amica di famiglia. Ramo immobiliare: per capire di che cosa parliamo, basti dire che nei due chilometri quadrati della Rocca, un Paese dove una casa costa 40 mila euro al metro quadrato, era suo un appartamento su tre. Patrimonio stimato: venti miliardi.
La sua storia finisce a 77 anni sotto i colpi di un fucile a canne mozze, la sera del 6 maggio. Hélène, per una volta senza Sissi, esce dall’ospedale l’Archet di Nizza dove è ricoverato, per un aneurisma, l’altro suo figlio, Gildo. Ad aspettarla non c’è solo l’autista sulla Lancia Voyager nera. Un sicario a volto scoperto appare dal lato passeggero e spara. La Pastor è ferita alla mascella, al collo, al petto. Anche Darwich è bersagliato. Lui morirà quattro giorni dopo, lei il 21 maggio, dopo che era uscita dal coma. Il principe Alberto si dirà «profondamente turbato».

Chi la voleva eliminare? «Dal 6 maggio, sulla Rocca il mondo si divide in due: i muti e quelli colpiti da amnesia. È omertà», scrive Le Monde. «Subito abbiamo pensato alla mafia italiana, viste le canne mozze del fucile», ci racconta sul lungomare un residente che vuole restare anonimo. La Police indaga anche in ambiente camorrista, in grande espansione nella Costa Azzurra: ad aprile è stato arrestato a Nizza il boss Antonio Lo Russo e nel 2012 era stato sciolto, per infiltrazioni della ’ndrangheta, il Consiglio comunale della vicina Ventimiglia. «Abbiamo pensato anche alla mafia dell’Est», continua la fonte, «perché la comunità russa, qui a Montecarlo, è in crescita esponenziale, sfacciata, miliardaria». Le mafie, ovvio: si pensa subito a loro quando ci sono di mezzo appalti, costruzioni, miliardi e morte. Perché aver tolto di mezzo Hélène Pastor significa aver sminuzzato il suo regno per far subentrare nuovi e più rampanti signori.

Invece, il colpo di scena. Una volta arrestati i due sicari originari delle isole Comore – maldestri come neanche i killer di Pulp Fiction, inconsapevoli delle telecamere onnipresenti, capaci di lasciare tracce alla Hänsel e Gretel – si scopre che i soldi che hanno ricevuto per il colpo vengono da casa Pastor. Il 23 giugno gli agenti rinchiudono in garde à vue – la custodia cautelare – Sylvie, figlia della defunta, e il suo compagno Wojciech Janowski, console onorario della Polonia, privo di immunità diplomatica. Sissi è scarcerata tre giorni dopo: è pulita. Il 27 il suo compagno ammette di essere coinvolto nel delitto. Gli inquirenti lo accusano di aver voluto accelerare i tempi dell’eredità. Finisce in carcere con Pascal Dauriac, suo trainer e massaggiatore di Sissi: è stato lui, dopo aver intascato 140 mila euro riconducibili a Janowski, ad assoldare (per 60 mila euro) i sicari. «Sono sconvolta», singhiozza davanti ai magistrati Sylvie, da 28 anni innamoratissima del suo polacco. «Mi sento tradita». Postilla inquietante: era console onorario di un Paese dell’Est, la Russia, anche Claude Pallanca, ex secondo marito di Hélène, padre di Gildo.

La tragedia, dunque, sembra interamente targata Pastor. Un cognome leggendario a Montecarlo, cresciuto assieme ai grattacieli della Rocca. Dove arriva nel 1936 il capostipite Gian Battista, scalpellino di Pigna (Imperia), e riceve dal Principe di Monaco l’incarico di costruire il primo stadio, il Louis II. Nel dopoguerra, suo figlio Gildo fa incetta di terreni disabitati: quando Ranieri di Monaco li renderà edificabili, faranno la sua fortuna.
Morto Gildo nel 1990, i tre figli Victor, Michel ed Hélène si spartiscono un patrimonio immobiliare di mezzo milione di metri quadrati: scomparsi i due fratelli, Hélène rimane proprietaria quasi assoluta. Ucciderla significava liberare 20 miliardi di patrimonio e, forse, riaprire il mercato immobiliare. Ma anche dare un brutto colpo all’immagine di Montecarlo, alla sua fama di città più sicura al mondo. Comprensibile il sollievo con cui viene accolta la confessione di Janowski: segno che in Paradiso, se delitti ci sono, si consumano in famiglia, e comunque la giustizia è veloce. Comprensibile anche l’orgoglio del procuratore di Marsiglia Brice Robin, coordinatore delle indagini, nell’annunciare in conferenza stampa la cattura del mandante.
«Tutto bene», riconosce il nostro anonimo. «Peccato che questo sia uno Stato di polizia: ci sono telecamere ovunque, si parla di microfoni nei punti nevralgici della città per le intercettazioni ambientali». Chi vuole chiacchierare al riparo da orecchi indiscreti deve farlo in spiagga, preferibilmente con i piedi a mollo tra i cefali, e sottovoce. «Bisogna ammettere che, grazie a tutto questo, la città è supersicura. Se una signora perde un gioiello per strada, lo ritrova. Io neanche chiudo a chiave la porta di casa». Ma preferisce restare anonimo, per non perdere il permesso di soggiorno.

Caso chiuso? non tutti ne sono convinti. «Sono sconvolta», ci confida una signora. «Sylvie era dolcissima. La vedevo girare in Smart e tutti i venerdì, con Wojciech, lasciare la casa in Boulevard de Suisse per cenare in una trattoria di Limone. Lei lo amava molto, si dice fosse un po’ succube. Ma sembravano due persone normalissime. Hanno una figlia di 17 anni che gioca a pallavolo: una ragazza a posto. Possibile che il console avesse una doppia vita?».
Forse. Dopo la confessione, l’università di Cambridge ha precisato di non averlo mai avuto come studente né come diplomato, come lui sbandierava. Una piccola bugia, finta come l’azzurrino dei suoi capelli. «Certo, lui ha un po’ l’aria del coglione», commenta l’anonimo, «ma nel complesso sembrava una brava persona».
Il consolato di Polonia ha annullato la sua carica. L’inchiesta sta facendo emergere che tra Janowski e i Pastor non erano tutte rose e fiori. Nel 2013 Sylvie aveva passato al suo compagno sei milioni e mezzo di euro, spariti nel nulla. Hélène non si era mai fidata del «genero», e per questo era entrata in rotta di collisione con la figlia: da poco aveva smesso di versarle la «paghetta» mensile – 500 mila euro, quasi 17 mila al giorno – perché sospettava che finissero in tasca a lui. L’unità familiare esibita in pubblico era una maschera. «Dietro a quei sorrisi si nascondono animi orribili», ha raccontato a Nice Matin Catherine, vedova di Michel, fratello dell’uccisa. E da un’amica di famiglia ci arriva un inedito dettaglio inquietante: «Chi era al suo capezzale mi ha giurato che, fin quando è stata cosciente, Hélène ha ordinato di non far entrare il console». Forse sospettava qualcosa.

La domanda resta: chi gliel’ha fatto fare, a Janowski? La giriamo al nostro uomo sul lungomare: «Uno scivolone incomprensibile, in effetti. Dopo tutto la suocera era in età, e la compagna non aveva una salute di ferro: ancora qualche anno e avrebbe avuto, comunque, la sua parte. Certo, magari aveva paura che la Sylvie morisse e che Hélène lo tagliasse fuori dall’eredità. O forse non poteva aspettare, perché aveva debiti. Ma con chi? In tanti, a Montecarlo, siamo convinti che dietro ci sia dell’altro».
Nel Principato, la vita continua a scorrere. E anche gli affari. Quelli di casa Pastor non li porteranno certo avanti gli eredi della vittima. Sissi, lo dicono tutti, non ha la stoffa, e suo fratello Gildo ha altre passioni: per esempio, la scuderia di auto elettriche da Formula 1 che ha fondato in società con Leonardo DiCaprio. Sono i cugini Patrice e Jean-Victor – eredi di Victor, fratello defunto di Hélène, e amministratori della Pastor Real Estate – i nuovi protagonisti del business immobiliare monegasco. Intanto, gli investigatori marsigliesi vogliono scoprire dove Janowski abbia nascosto i milioni spariti nel nulla, e fanno capire che le indagini si spostano a Est. La storia, forse, non è davvero finita qui.