Lavinia Farnese, Vanity Fair 2/7/2014, 2 luglio 2014
CHE RAGAZZO D’ORO
Sta finendo la giornata, e il bagnino della piscina come ogni sera ritira dall’acqua le corsie di plastica. Le ammassa sul bordo. Le trascina. Poi le lascia asciugare all’aria, sul prato. Luca Dotto le guarda, e fa: «Nuoto da così tanto tempo che non sento più nemmeno l’odore del cloro». Lo stupore per una sua compagna di corso che si tuffava senza braccioli: a quattro anni era stato quello a scuoterlo. «Per orgoglio e difesa del genere, mi tolsi per sfida pure i miei». Sono passati altri vent’anni da allora. E mentre il suo coetaneo Mario Balotelli rincasa da un Mondiale di calcio in Brasile svanito male, lui ha pronte le sacche per gli Europei di nuoto a Berlino (dal 18 al 24 agosto), dove tifiamo figure migliori.
Tra uno scatto fotografico e l’altro, mangerà a grandi morsi tre panini. «Le indigestioni da bagno dopo pranzo sono solo paure infondate di mamme apprensive», racconta mentre è già in costume sulla scaletta, con tutta la pancia a mollo. «La mia non me li ha mai negati, anche prima delle vasche. Lei esagera su altro: per esempio, va sostenendo che somigli niente di meno che a Steve McQueen».
In Scent of Freedom, la campagna di Giorgio Armani per i 18 anni del profumo Acqua di Giò, presta il corpo a un simil-dio Apollo: si svincola da frammenti di lava che ha addosso, in una rincorsa supera gli elementi, dal buio salta verso la luce. Lei quanto si sente libero?
«Tanto. Se si esclude il mio allenatore, non ho nessuno cui dovere rispondere. Faccio quello che ho sempre desiderato fin da bambino. E al limite della vasca preferisco il mare aperto, dove non ci sono gare».
Non le ha fatto mai paura?
«Una volta, durante un’immersione subacquea. Ero rimasto indietro nel gruppo. Ho finito l’aria. In apnea, ho dovuto raggiungere da solo l’erogatore di emergenza. Fu terribile. Lì ho compreso che più bello ancora di buttarsi è riemergere. Così è anche nella vita: quando ho raggiunto il top della mia carriera, nel 2011 a Shanghai, come secondo al mondo, dentro di me ero già una promessa da Olimpiade. E invece un grosso infortunio alla schiena mi ha congelato. Due mesi senza potermi allenare l’anno dopo, a ridosso di Londra. In piena riabilitazione ossessionato da un solo pensiero: “Gli altri sono in vasca a nuotare e io no”. Per questo il mio chiodo fisso è il 2016. Rio, il riscatto».
Com’è andata sul set dello spot? Posa nudo.
«In verità indossavo un perizoma di quelli di carta che danno dall’estetista. Quanto imbarazzo. Quando l’ho messo, nel ritrovarmi in mezzo a così tante persone con gli occhi addosso, sono andato in crisi. Non sono abituato, mica è il mio mestiere. Nudo nudo, forse avrei rifiutato».
Del suo passaggio alla maggiore età, che cosa ricorda?
«Ero fissato con le macchine. Corsi appena sveglio a fare il foglio rosa».
Figlio unico, padre macchinista ferroviere, madre istruttrice di nuoto.
«Lo è diventata iscrivendo me ai corsi. Una famiglia sana, gran fortuna. Non abbiamo mai litigato. Non hanno mai alzato la voce».
Che cosa si aspetta da Berlino?
«Ascolterò buona musica che allontani le pressioni. Di solito funziona Sympathy For the Devil dei Rolling Stones».
Le è mai stato proposto il doping?
«Mai. Può far gola. Ma io quando avrò 40 anni e dei figli vorrò poter dire davanti alle medaglie: “Papà non avrà vinto tutto quello che c’era da vincere, ma quello che ha ottenuto lo ha avuto con la forza delle sue braccia e con il sudore della sua fronte. Senza aiuti chimici e dottori stravaganti”».
Con la sua fidanzata e sincronette Costanza, dura da un paio d’anni, e l’amore è nato su Facebook. Funziona così, ora?
«Anche. Però non disdegno i vecchi metodi d’abbordaggio, in giro per locali. Con lei sono sereno: ha la maturità di capire i miei sacrifici di atleta. Non so se una ragazza normale potrebbe. Al momento non conviviamo, ma è la mia prima tifosa».
Su Federica Pellegrini disse una volta: «È lei il vero uomo da battere». Tutti pensavano che il suo fosse Filippo Magnini.
«Campione uscente, si è visto arrivare me, un ragazzino più giovane di otto anni, che a volte lo superava, gli metteva la mano davanti. Ci sta che gli siano girate le scatole. Però ha saputo viverla da signore. Non ha mai smesso di rivolgermi la parola e di uscire con me, anche quando andavo più forte. Siamo andati oltre la rivalità dell’essere primi avversari nell’essere compagni di squadra».
Siete molto diversi: lei protegge la sua vita privata, loro sono su tutti i giornali.
«Non sono così famoso, ma anche dovessi vincere un giorno quanto loro, non mi esporrei così. Sono timido, discreto, chiuso, silenzioso».
Lo è sempre stato?
«Tranne che con le suore dell’asilo, a Tombolo (nel Padovano, ndr). Una mattina ne abbiamo chiusa una assieme a un’intera classe in un’aula, e abbiamo buttato via la chiave. Dovettero chiamare il fabbro. Non ha mai scoperto che eravamo stati noi».
E sul viso riecco tutte le espressioni accese da ragazzino divertito delle sue piccole bravate. S’incarta, nell’abbottonarsi lo smoking Armani («Non mi è mai capitato di doverlo mettere»). All’anulare, riluce una fedina d’argento, quelle che a vent’anni scambi perché si sappia che l’impegno c’è, e ancora credi basti. Al centro della schiena, un ideogramma giapponese tatuato significa «acqua» sulla pelle: «Dopo gli allenamenti, scendo sempre sul fondo della piscina. Mi piace restare steso per un po’ lì, in apnea statica. Nel silenzio, sento piano il battito del cuore che da forte inizia a rallentare. E tutto si distende».