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 2014  luglio 02 Mercoledì calendario

VIETARE IL BURQA DIVENTA LEGITTIMO IN EUROPA

La Corte europea dei diritti umani ritiene legittimo il divieto di proibire il burqa e il niqab. I giudici hanno dato ragione alla Francia, che in base a una legge dell’11 aprile 2011 impone alle donne islamiche di non nascondere il viso dietro il velo integrale nei luoghi pubblici. Secondo questa sentenza definitiva la norma francese non viola, infatti, il diritto alla libertà di religione o quello al rispetto della vita privata.
Questo significa che anche gli altri Paesi europei potranno ricalcare le orme della Francia, senza temere di incorrere in alcun illecito ma sostenuti, al contrario, da una sentenza destinata a fare da spartiacque con il passato. E non è detto che non lo facciano presto.
La Francia era stato il primo Paese europeo ad approvare in via definitiva, quattro anni fa, una legge ad hoc contro il burqa, che prevedeva una multa di 150 euro o in alternativa «uno stage di educazione civica» per quante non avessero rispettato il divieto di indossarlo. Multa di 30mila euro e un anno di carcere, invece, per chi avesse obbligato una donna a coprirsi completamente. Una musulmana francese trentaquattrenne di origini pachistane, però, ha protestato, facendo ricorso e sostenendo che vietare burqa e niqab significava consentire una discriminazione religiosa, violando il principio della libertà di culto, con un’ingerenza pesante nella vita privata e familiare. La Corte Europea, però, oggi le ha dato torto evidenziando che si tratta di una legge legittima perché ha lo scopo di proteggere i diritti e le libertà altrui e di «assicurare il rispetto dei minimi requisiti del vivere insieme». I giudici hanno accettato la tesi del governo d’Oltralpe, che sostiene come il volto giochi da sempre «un ruolo importante nelle interazioni sociali». Un unico appunto viene mosso alla Francia ed è quello che l’emanazione di leggi come questa possa contribuire al rafforzamento di stereotipi e intolleranza verso certi gruppi, mentre lo Stato dovrebbe favorire la tolleranza.
Un plauso alla nuova sentenza arriva da Souad Sbai, politica di origini marocchine ed esperta di questioni femminili nel Maghreb. «Si tratta dell’ennesima conferma di quanto il velo integrale sia solo un’orrenda e barbara imposizione, che nulla ha a che vedere con la religione - spiega Souad Sbai -. Vietarlo non lede alcun diritto, anzi ne difende altri, come quello di garantire le condizioni della vita associata. Tutela la dignità delle donne, che vengono oscurate da un indumento usato solo per afganizzare e talebanizzare la società. Bisogna difendere i loro diritti, perché da troppo tempo non respirano più sotto i colpi dell’avanzata estremista che le vorrebbe zittire per sempre». In passato proprio lei era stata la relatrice del progetto di legge sul burqa in Italia. Ora torna alla carica: «Il Parlamento riprenda in mano quel progetto, arenatasi tempo fa, e lo approvi in tempi rapidi, dicendo una volta per tutte no al burqa e al niqab».
«Le motivazioni della Corte affrontano in profondità la questione - le fa eco Barbara Pollastrini, del Pd -. Penso che siano poche le donne che scelgono di indossare quelle corazze per ragioni di libertà. Sulla questione il Parlamento deve intraprendere una discussione saggia e serena».