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 2014  luglio 02 Mercoledì calendario

ULTIMO AVVISO DEI MAGISTRATI E BERLUSCONI ORA SI SCUSA


Berlusconi convocato dal giudice di sorveglianza del Tribunale di Milanoper aver parlato di «magistratura incontrollata, incontrollabile, irresponsabile e che ha l’impunità piena» a Napoli mentre era testimone al processo Lavitola. Il che, essendo Berlusconi un condannato definitivoper frode fiscale ammessoa scontare in misura alternativa al carcere la pena di un anno, significa che d’ora in avanti l’ex premier dovrà stare attento a non farsi revocare il beneficio dei servizi sociali e rinchiudere in detenzione domiciliare.
MILANO — Nella metafora calcistica che gli è tanto cara, è come se ieri Silvio Berlusconi fosse stato convocato a centrocampo (il Tribunale) dall’arbitro (il giudice di sorveglianza di Milano) per essere ammonito per l’entrata a gamba tesa sulla «magistratura incontrollata, incontrollabile, irresponsabile e che ha l’impunità piena», fallo commesso a Napoli mentre era testimone al processo Lavitola: «cartellino giallo» e richiamo orale, la prossima volta «rosso» diretto ed espulsione. Il che, fuor di metafora nella situazione di un condannato definitivo per frode fiscale — ammesso a scontare in misura alternativa al carcere la pena di 1 anno sopravvissuta all’abbuono di altri 3 anni già cancellati dall’indulto —, significa che d’ora in avanti l’ex premier dovrà stare ben attento a non farsi revocare il beneficio dei servizi sociali e rinchiudere in detenzione domiciliare, senza più quegli ampi margini di manovra (sia personali sia politici come leader di Forza Italia) concessigli dall’ordinanza del 15 aprile del giudice di sorveglianza Beatrice Crosti. È proprio questo magistrato che ieri convoca Berlusconi alle 7 di sera in Tribunale. Era già passata la prima volta sopra le «dichiarazioni offensive» con le quali il 7 marzo, in vista della richiesta di servizi sociali, Berlusconi aveva «manifestato spregio nei confronti della magistratura, ivi compreso di questo collegio»: che lo aveva comunque graziato, prima prendendo per buona la tesi difensiva di una elettorale «strategia politica» rivolta al popolo di Forza Italia, e poi «non reputando allo stato di dover ritenere oggetto di apprezzamento questa strategia proprio per le sue connotazioni avulse dal contesto strettamente giudiziario».
Una seconda volta il giudice aveva poi avuto ancora pazienza quando Berlusconi a fine aprile definì «mostruosa» la sentenza e «ridicoli» i servizi sociali per un uomo politico del suo rango: si era limitata a fargli notare per iscritto (sulla scia dei rilievi del pg Antonio Lamanna) che quell’atteggiamento somigliava pericolosamente «a non rispettare le prescrizioni impostegli», appariva «in aperto contrasto con presupposti e finalità» del programma di reinserimento sociale, faceva intuire che un «mal utilizzo» degli spazi di libertà, e perciò lo stava «avvicinando sempre più a una richiesta di revoca del beneficio».
Passata liscia la prima, passata liscia la seconda, la terza ieri no: in un incontro a tu per tu nell’ufficio al VII piano, il giudice fa rilevare a Berlusconi che le sue frasi napoletane del 19 giugno sui magistrati sono offensive e insultanti; che già aveva sorvolato su precedenti infrazioni alle prescrizioni; che esse non sono impartite per scherzo, che i servizi sociali non sono un gioco e che non per niente sono alternativi al carcere o agli arresti in casa. Berlusconi risponde di aver a suo avviso reagito al tono brusco del presidente del Tribunale di Napoli, il giudice milanese gli spiega che, essendo persona di mondo, egli avrebbe dovuto esporre questa sua doglianza in termini più urbani. L’ex premier derubrica la frase a solo una battuta, e aggiunge che pensava l’unico vincolo fosse non insultare singoli giudici. Chiede perciò di rileggere l’ordinanza con le prescrizioni iniziali, e il giudice si mette con l’ex premier a ripercorrere i brani in cui non pretendeva da lui «manifestazioni di riconoscimento delle proprie responsabilità penali», e nemmeno «pentimento o autocritica» che se mai «attengono alla sfera intima della persona», e anzi gli riconosceva «il diritto di dichiararsi comunque innocente o vittima di errore giudiziario», ma nel contempo gli rimarcava l’obbligo di «mantenersi nelle regole della civile convivenza, del decoro e del rispetto delle istituzioni». A questo punto Berlusconi concorda, chiede scusa e promette di non ripetere l’errore, lasciando il Tribunale con nelle orecchie la poco rassicurante eco del congedo del giudice: «La invito a non mettermi più in difficoltà».