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 2014  luglio 02 Mercoledì calendario

«TENTO’ DI CORROMPERE I GUIDICI». LA CORSA DI SARKO’ FINISCE IN GALERA

Fino ad oggi l’ultimo (e probabilmente unico) caso di un ex Capo di Stato francese fermato dalla polizia risultava quello dello sventurato Luigi XVI. Da ieri, Nicolas Sarkozy è nella stessa scomoda posizione: di certo salverà la testa, ma probabilmente perderà la faccia. Infine, dopo quindici ore di interrogatorio, Sarkò è passato dallo stato di fermato a quello di indagato, anche se a tardissima sera la notizia non era ancora ufficialmente confermata. Le accuse sono di corruzione in atti giudiziari e la violazione del segreto istruttorio. Pena prevista, fino a cinque anni.

Dalla villa alla polizia
Ieri mattina, prima delle otto, il sesto Presidente della Quinta Repubblica è salito su un’auto parcheggiata davanti alla casa di Carlà, nell’elegante Villa Montmorency dello chicchissimo sedicesimo arrondissement. Nera la cravatta, neri i vetri della berlina, nero l’umore di Sarkò, che si è fatto portare nell’assai meno chic Nanterre, banlieue ovest di Parigi, e per la precisione nell’orrido palazzone dove ha sede l’Oclciff, acronimo dell’Ufficio centrale di lotta contro la corruzione, le infrazioni finanziarie e fiscali. Qui gli hanno significato il fermo e l’hanno interrogato a lungo. Sarkozy ha rifiutato di farsi assistere da un avvocato: il suo, Thierry Herzog, era stato fermato il giorno prima con le stesse accuse insieme a due giudici della Cassazione, Gilbert Azibert e Patrick Sassoust. Poco prima di mezzanotte, Sarkozy è stato trasferito al Polo finanziario del Tribunale, nel tredicesimo arrondissement, e «presentato» alle due giudici che conducono l’indagine, Patricia Simon e Claire Thépaut. Il passo successivo dovrebbe essere quello della «mise en examen», appunto l’iscrizione nel registro degli indagati, sorte già toccata a Herzog e Azibert.
La vicenda, intricatissima, è all’incrocio dei vari «affaires», almeno sei, che vedono Sarkò protagonista. Riassumendo: nel gennaio scorso, i giudici hanno messo sotto controllo i telefoni dell’ex Président (che da quando è ex ha perso l’immunità) per indagare sui presunti finanziamenti dell’allora amicone Gheddafi alla campagna elettorale del 2007. Ma dalle intercettazioni si è scoperto che Sarkozy era singolarmente bene informato sui lavori dei giudici della Cassazione chiamati a sentenziare sulla liceità del sequestro delle agende di Sarkò nell’ambito di un’altra indagine su altri fondi neri, quelli che gli sarebbero stati versati dalla vegliarda miliardaria Liliane Bettencourt e per i quali il nostro è stato nel frattempo prosciolto. Tramite Herzog, Sarkozy avrebbe promesso ad Azibert un posto di prestigio nel Principato di Monaco in cambio di informazioni.

L’assedio nella banlieu
Ovvio che lo Spielberg di Sarkò, il numero 101 della rue des Trois Fontanot, a Nanterre, sia diventato subito l’ombelico del mondo mediatico francese. La concentrazione di giornalisti per metro quadrato era impressionante ma, vista l’altrettanto impressionante assenza di news, col passare delle ore i colleghi hanno iniziato a intervistarsi a vicenda. Alla fine, ci hanno guadagnato solo i due ristoranti adiacenti, il giapponese «Minamoto» e l’«italiana» pizzeria «Venizia» (sic). La vicenda si era già spostata sulle tivù «all news», dove i socialisti chiedevano alla giustizia di non guardare in faccia a nessuno.

Le reazioni nel partito
Più interessanti le reazioni all’Ump, il partito fondato da Sarkozy e affondato dai suoi successori. Tutti parlano di un clamoroso ritorno di SuperSarkò in vista delle presidenziali del 2017. Quindi i suoi fedelissimi hanno inondato Twitter con l’hastag #acharnement, accanimento, strepitando contro la giustizia a orologeria che s’immischia nella politica. Invece fra i non fedelissimi il silenzio è stato assordante, specie quello dei due probabili candidati per il ’17, l’ex primo ministro di Sarkozy, François Fillon, e quello di Chirac, Alain Juppé. A loro il Gran Ritorno tutto fa meno che piacere e lo scandalo potrebbbe sabotarlo.

Il cellulare sotto falso nome
Anche se Sarkò è uno specialista in resurrezioni, il colpo al suo prestigio è forte. C’è dell’ironia perfino nella geografia: Nanterre è vicino a Neully-sur-Seine, il sobborgo più elegante del mondo da cui partì, come sindaco, la scalata al potere di Sarkozy. Così, in pochi chilometri, Sarkò è passato dall’altare alla polvere, anche se con Napoleone ha in comune solo la statura. Ora tutti sono in attesa degli immancabili particolari imbarazzanti che trapeleranno. Uno c’è già: il telefonino comprato con un nome falso, Paul Bismuth, per poter comprare i giudici senza farsi intercettare. In Francia si perdona molto, ma non il ridicolo. E un successore di De Gaulle camuffato da monsieur Bismuth rientra in pieno nella categoria. Infine, sempre a proposito di coincidenze, a Nanterre c’è anche la sede del Front National. A Strasburgo, per l’apertura dell’Europarlamento, madame Le Pen è stata insolitamente sobria nel commentare la disavventura di Sarkò, che pure avvalora il suo eterno ritornello di «tous pourris», tutti marci. Ma aveva il sorriso soddisfatto del topo che si è mangiato tutto il camembert.