Bernardo Valli, la Repubblica 2/7/2014, 2 luglio 2014
LA RETE DELL’EX PRESIDENTE
Adesso la rivincita sarà più difficile. Un personaggio che ha “regnato” per cinque anni nella monarchia repubblicana francese e che vuole riconquistare il potere perduto non si mette in quelle condizioni. Non finisce in stato di fermo, come un qualunque cittadino sospetto.
Fermato nell’ufficio di polizia giudiziaria di Nanterre, dove operano i magistrati anti-corruzione, alle porte di Parigi la sua capitale di un tempo. Nessun ex presidente era mai stato sottoposto a un interrogatorio sotto un regime coercitivo quale è la “garde à vue”, equivalente appunto al nostro fermo.
È stata un’umiliazione e c’è puzza di reato. Questo non contribuisce al prestigio di un ex capo dello Stato ancora attirato dalla grande avventura del suffragio universale, in vigore nella Quinta repubblica per accedere al palazzo dell’Eliseo. Il suo nuovo traguardo sembravano le presidenziali del 2017. La meta si fa nebbiosa. Può darsi che dopo le rituali ventiquattro ore di fermo (estensibili a quarantotto) il cittadino Nicolas Sarkozy diventi, magari proprio in queste stesse ore, un testimone semplice; oppure che resti nella incerta posizione del testimone assistito. Ma c’è anche il rischio che col tempo la procedura sfoci in qualcosa di più serio: in un atto di accusa. Lo stato di fermo ha senz’altro consentito ai giudici istruttori, due donne, Patricia Simon e Claire Thépaut, di mettere a confronto l’insolito testimone e i suoi probabili complici: l’avvocato Thierry Herzog, il fedele difensore, e due alti magistrati Gilbert Azibert e Patrick Sassoust, sospetti di violazione del segreto istruttorio e di essere stati partecipi al traffico di influenza (vale a dire concussione o abuso di potere) di cui si sarebbe reso colpevole Sarkozy. Tutti personaggi già in stato di fermo da lunedi mattina. L’ex presidente li ha raggiunti.
Per la Francia è un dramma inedito. Non proprio del tutto se si pensa a Jacques Chirac giudicato e condannato (con la condizionale) nel 2011, quando non era più presidente da quattro anni, per reati finanziari commessi quando era sindaco di Parigi. Ma Sarkozy è un personaggio diverso. Non rassegnato. Si aggira ancora attorno alla ribalta. Non è in pensione come Chirac. Ed è stato fermato. Affronto che il vecchio Chirac non ha subito. Il dramma politico è quindi nuovo per i francesi. Compiono tuttavia un errore gli italiani che alla notizia proveniente da Nanterre pensano a Sarkozy come a un Berlusconi d’Oltralpe. No. Non è cosi. È un’altra cosa. La versione francese non è quella di un uomo d’affari, di un venditore, che si è buttato in politica per non naufragare in un fallimento e finire in prigione. Non è un capo azienda che non sa governare un paese. Non manca di competenza e non è un campione del conflitto di interessi. È un uomo politico dalla punta dei capelli alla punta dei piedi. È un personaggio che sembra spuntato da un romanzo di Emile Zola, grande denunciatore della corruzione morale e materiale della République del suo tempo. Sarkozy è un uomo nato per la politica e per la politica pronto a vendere molto di se stesso. Anche l’anima. In quanto all’annessa onestà, ce lo diranno le magistrate di Nanterre. La versione italiana si può invaghire della politica, che appaga la vanità e dà potere. Ma quest’ultimo è uno strumento utile soprattutto per salvare se stessi e i propri beni.
Gli affari giudiziari in cui Nicolas Sarkozy è impigliato più o meno direttamente fanno pensare ha un’ampia rete tessuta negli intensi anni in cui ha esercitato funzioni politiche di primo piano. Cito le principali: ministro del tesoro, ministro degli interni, presidente del grande partito di centro destra (l’Ump) e sesto presidente della Quinta repubblica. Una rete che comprende, oltre a personaggi della società politica, magistrati e funzionari, compresi quelli di polizia. Quelle complicità sono preziose per sfuggire ai sospetti che si trascina dietro. Finora nessuno è riuscito a provare che il libico Gheddafi abbia finanziato nel 2007 la sua campagna elettorale (con cinquanta milioni di euro); né che grazie al suo intervento il furbo Bernard Tapie sia stato coperto di milioni per regolare un contenzioso col Credit Lyonnais; né che abbia in qualche modo aiutato, nella veste di suo portavoce, il finanziamento della campagna elettorale di Edouard Balladur con tangenti ricavate da vendite d’armi al Pakistan; né che abbia ottenuto dalla novantenne e svanita Liliane Bettencourt, grande azionista di Oréal e donna più ricca di Francia, un po’ di soldi per finanziare le elezioni; né a provare la sua complicità nelle false fatture servite a coprire le spese eccessive delle ultime presidenziali.
I giudici istruttori di Nanterre hanno osato intercettare le telefonate tra Sarkozy e il suo avvocato, e quelle dell’avvocato con alti magistrati disposti ad informarlo sull’andamento delle inchieste, in cambio di cariche ambite. Come quella di membro della Corte dei conti del Principato di Monaco. Gli inquirenti si sono accorti di puerili ma rivelatori trucchi adottati da Sarkozy. Ad esempio l’uso di cellulari con titolari fittizi. Una falsa identità era Paul Bismuth. L’ex ministro degli interni, un tempo esaltato come primo poliziotto di Francia, ha cercato di gabbare i suoi vecchi dipendenti. Cosi l’ex capo dello Stato è stato sbugiardato dalle magistrate dell’anticorruzione. Si arrossisce a cinquantotto anni, quanti ne ha Sarkozy, quando due signore, di cui ignoro l’aspetto, scoprono le tue menzogne? Chi ha conosciuto l’ebbrezza del trionfo politico forse non abbassa comunque lo sguardo.
Nel denunciare la politicizzazione della giustizia Nicolas Sarkozy e i suoi amici imitano inevitabilmente il capo di Forza Italia. Accusano Christiane Taubira, una socialista ministro della giustizia, di essere stata a conoscenza delle intercettazioni telefoniche, dimenticando che in Francia sulle procure c’è l’ombra ufficiale della Cancelleria, e quindi il suo titolare è inevitabilmente al corrente delle inchieste. Ma non può intervenire sui giudici istruttori. Il governo socialista è in realtà imbarazzato dalla vicenda Sarkozy. Teme infatti che i sostenitori dell’ex presidente e con loro larga parte del paese pensino seriamente a un complotto. Non devono essere invece troppo impietositi gli aspiranti candidati alla presidenza di centro destra. Sui concorrenti Alain Juppé e François Fillon, attuali leader dell’Ump, pesa di meno la minaccia di un ritorno di Nicolas Sarkozy.