Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  luglio 02 Mercoledì calendario

GLI ALBERI IN CITTA’

Spesso ci ritroviamo a parlare della natura, i paesaggi, i fiumi, i monti, le insenature, il fascino di certi tramonti e di alcune giornate di vento. Esperienze siffatte aumentano la nostra sensibilità al mondo che ci circonda. Tuttavia, c’è una carenza che andrebbe colmata: gli alberi delle nostre città. Li sfioriamo, talvolta li tocchiamo, ma non li conosciamo. Sì, l’Italia è un bosco, come recita il titolo del bel libro di Tiziano Fratus (Laterza) – una piacevole e istruttiva lettura – dove si racconta del superlativo e spesso poco valorizzato patrimonio boschivo italiano. Ma anche le nostre città sono delle piccole oasi.
Non parlo solo di alberi monumentali e rari, ma delle tante specie arboree che troviamo lungo le strade, alberi cresciuti accanto a muri diroccati, a fontanelle gorgheggianti o che ci proteggono dalle polveri sottili. Alcuni alberi sono delle epifanie, capaci di cambiare il tuo umore. Non si può essere seri a 17 anni quando i tigli lungo il viale sono verdi, scriveva Rimbaud (Romanzo). Tantomeno si può essere tristi una sera di luglio, a Roma, al tramonto, quando alzi gli occhi e noti le palme gemelle del Foro Romano, due meravigliosi esemplari di Washingtonia robusta che si trovano, tra l’altro, nel cortile interno del corpo dei vigili del fuoco. La coppia di palme alte più di trenta metri, di inestimabile valore, oltre a delimitare i Fori sono orientate a ovest, quindi rendono più belli e poetici i tramonti.
In autunno passeggi a Milano, per i giardini Indro Montanelli e ti accorgi dell’esistenza di un cipresso calvo, una particolare conifera, con le fronde dolcissime, le piccole foglie aghiformi che prima di cadere, con un barlume di energia supplementare, diventano rosso intenso. Si può tuttavia parlare anche dell’arruffato carpino nero a corso di Porta Vittoria, a Milano. O della Canfora secolare in un giardinetto privato, a via Cernaia, a Roma. E i cedri, i lecci, le querce, biancospini, gli agrumi, i fichi, i tigli, i platani, gli olmi, gli aceri del monte, gli aceri negundi resistenti alla siccità – un po’ tristi, imbronciati – e quei pioppi dai lunghi piccioli che tremano al vento? Ogni albero potrebbe raccontare una storia: Chi è? Da dove viene? A quale mito fa riferimento?
La storia di Roma, per esempio, può essere narrata attraverso la flora. In epoca romana prevalgono gli alberi autoctoni (lecci, querce), poi arrivano quelli importati dall’area asiatica mediterranea (platano, pino, melograno). In epoca rinascimentale comincia l’importazione degli alberi provenienti da altri continenti. Poi ci sono i papi che privilegiano gli olmi, disposti in filari e piantati in occasione dell’apertura di una nuova chiesa, e i gelsi per i loro frutti, ecc.
Ecco, parliamo di natura, viaggiamo, fotografiamo, eppure se cerchiamo informazioni semplici sugli alberi delle nostre città, non le troviamo. Mancano database, mancano – a parte rari casi – anche semplici ed economiche targhette illustrative. Solo per fornire alcuni numeri, a Roma ci sono 300 mila alberi, di cui 150 mila su strade pubbliche, ebbene solo pochi cittadini sono a conoscenza di questo patrimonio pubblico. Possibile che il ministero, le Regioni, gli enti, gli uffici comunali tra tanti soldi spesi per promuovere sagre paesane e prodotti tipici, non trovino il modo e un po’ di soldi per fotografare e mappare gli alberi della città? Per creare un’applicazione smart, di quelle facili da usare, così che noi possiamo conoscere qualcosa di più del patrimonio boschivo? Possibile che non si trovino tecnici agrari, botanici, semplici appassionati disposti a mettere su una start-up utile al suddetto obiettivo?
È bello parlare di natura, ancora più utile però è conoscerla a fondo, analizzare alcune sue specifiche dinamiche. Si eviterebbero così quelle fastidiose fallacie, quelle che ci fanno pensare alla natura come una madre mitologica, immobile, cristallizzata, un contenitore di valori ancestrali. Se, per esempio, cominciassimo dagli alberi ci renderemmo conto di come sono diversi, mutevoli, alcuni imponenti, resistenti, altri fragili, malinconici, scortecciati, nudi, esposti alle intemperie e alla inciviltà. Così simili a noi, insomma, alla nostra immagine che talvolta intravediamo – tra cattivi e buoni umori, e quando meno ce l’aspettiamo – tra le fronde degli alberi o le rughe dei tronchi.