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 2014  luglio 02 Mercoledì calendario

IL CASO SARKOZY


CORRIERE DELLA SERA
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — Alle 7.33 di ieri Nicolas Sarkozy ha lasciato il suo domicilio alla Villa Montmorency di Parigi (casa Carla Bruni); la Citroën C6 blu è arrivata nella sede della polizia giudiziaria di Nanterre alle 7.55. L’auto è entrata nel parcheggio interno, il 59enne ex presidente della Repubblica francese è salito negli uffici dei magistrati che lo attendevano per interrogarlo. Anche a lui è stata applicata la procedura di tutte le garde à vue : perquisizione e confisca momentanea del telefonino.
Per la prima volta un ex capo dello Stato francese è stato posto in stato di fermo. Ad accompagnarlo non c’era il suo avvocato, Thierry Herzog: lui era già lì, aveva passato la notte in Procura, lo avevano convocato il giorno prima.
Il fermo di Sarkozy in fondo era nell’aria da quando, lunedì, la stessa misura era stata decisa per il suo legale e per i giudici di Cassazione Gilbert Azibert e Patrick Sassoust. Ma quando la notizia è stata confermata l’effetto è stato gigantesco. L’uomo che dal giorno della sconfitta contro François Hollande e del ritiro dalla politica attiva, il 6 maggio 2012, è atteso da metà Francia come l’unico capace di risollevare il centrodestra e il Paese, rischia 10 anni di carcere, 10 anni di interdizione dai pubblici uffici, e un’ammenda di un milione di euro.
L’ex presidente è sospettato di avere usato il suo potere per corrompere, tramite l’avvocato Herzog, il giudice Azibert al fine di ricevere informazioni riservate sulla sua situazione processuale nell’affare Bettencourt. Azibert non aveva accesso diretto al dossier Sarkozy, per questo si sarebbe rivolto all’altro giudice di Cassazione Patrick Sassoust, in grado di trovare i documenti nella rete interna della Corte. In cambio, al 67enne Azibert il presidente emerito avrebbe promesso un aiuto autorevole, insomma un piston come lo chiamano in Francia, per ottenere la prestigiosa, molto remunerata e poco faticosa poltrona di giudice al Principato di Monaco. Un fine carriera ideale.
Invece ieri sera alle 21 Azibert è stato deferito con l’avvocato Herzog ai giudici del polo finanziario parigino, che potrebbero decidere di incriminarli. Nel pomeriggio i quattro erano stati posti a confronto. A tarda sera, Sarkozy si trovava ancora nei locali di Nanterre. Il fermo scade stamane intorno alle 8 ma potrebbe essere ripetuto per altre 24 ore, e poi l’ex capo di Stato potrebbe essere liberato da ogni accusa, acquisire lo status di «testimone assistito» (pronto a essere interrogato di nuovo in qualsiasi momento) o incriminato.
Per Nicolas Sarkozy è un momento decisivo, e lo si capisce dalla spaccatura del Paese e del mondo politico: vittima di accanimento giudiziario secondo gli amici, cittadino chiamato come tutti al rispetto delle leggi a parere degli altri. Inevitabile pensare alla storia di Silvio Berlusconi, che tante volte si è difeso dalle accuse parlando di magistratura politicizzata. Trent’anni fa il loro primo incontro, quando Sarkozy fu uno degli avvocati di Berlusconi nella vicenda La Cinq; poi la famosa risata Sarkozy-Merkel ai danni del premier italiano alla conferenza stampa del 2011; adesso le figure di Sarkozy e Berlusconi tornano a incrociarsi, con Sarkozy che vede il suo impegno politico legato alle inchieste dei giudici, come tante volte è capitato a Berlusconi.
Marine Le Pen non sta nella pelle: «Un fermo non è sinonimo di colpevolezza», dice, ma subito aggiunge «in ogni caso Sarkozy è completamente screditato per qualsiasi ruolo pubblico». Dall’affare Karachi ai finanziamenti della Libia, sono sei gli scandali che coinvolgono l’ex presidente.
Stefano Montefiori

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DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — Nicolas Sarkozy. Nome in codice Paul Bismuth. «Avrebbero potuto almeno chiedermi scusa», dice il prestanome a sua insaputa, un signore israeliano che fa l’agente immobiliare a Netanya, poco lontano da Tel Aviv, e che da ragazzo a Parigi era compagno di scuola di Thierry Herzog, l’avvocato di Sarkozy. Si chiama Paul Bismuth, e ha scoperto di essere l’identità segreta del presidente emerito della Repubblica francese.
Mesi fa l’avvocato Herzog si è accorto che le chiamate col telefonino personale di Sarkozy erano ascoltate dai magistrati. Allora ha pensato di comprarne un altro sotto falsa identità, e il primo nome che gli è venuto in mente è stato quello di quel vecchio compagno di liceo, mai più visto né sentito, dal destino meno illustre dell’amico Nicolas. Il vero Paul Bismuth ieri come sempre stava in Israele, scocciato per una improvvisa notorietà mondiale, dalla quale si sente travolto. Il Bismuth finto, a Nanterre, rispondeva alle domande dei magistrati.
Di grottesco non c’è solo il dettaglio del nome, nella trascrizione delle sette telefonate pubblicata dal giornale online Mediapart . Il sito francese ha avuto accesso alla sintesi delle conversazioni avvenute tra il 28 gennaio e l’11 febbraio 2014 tra Nicolas Sarkozy e il suo legale, Thierry Herzog, che cercavano di ottenere informazioni in anticipo riguardo all’inchiesta sui finanziamenti di Gheddafi alla campagna elettorale del 2007, e sul destino delle agende presidenziali sequestrate nel dossier Bettencourt. I giudici autori del sequestro delle agendine vengono elegantemente definiti da entrambi «i bastardi di Bordeaux».
La prima conversazione posta sotto esame ha luogo martedì 28 gennaio, alle 12.24. Herzog è in grado di anticipare a Sarkozy l’atteggiamento — benevolo, per fortuna —, del relatore della Corte di cassazione quanto alle agende (l’ex presidente spera di rientrarne in possesso al più presto, non vuole che vengano esaminate anche nel processo per l’arbitrato Adidas a favore di Bernard Tapie, o nell’inchiesta per i finanziamenti libici).
Sarkozy è felice dell’ottimismo di Herzog, e chiede se «il nostro amico» ha per caso informazioni opposte: no, Herzog lo rassicura. «Il nostro amico» è l’alto magistrato di Corte di cassazione Gilbert Azibert, 67 anni, detto «Annulator» per la passione con la quale fa il suo lavoro, cioè cassare le sentenze altrui. Il sospetto della Procura di Nanterre è che Sarkozy tramite Herzog si sia messo d’accordo con Azibert: tu mi riveli in anticipo la mia posizione nelle varie inchieste, io metto una buona parola per farti avere la poltrona di giudice nel Principato di Monaco.
Il 29 gennaio nuova chiamata, alle 19.25: l’avvocato conferma a Sarkozy di stare tranquillo, la relazione sulla questione delle agende sarà «volontariamente neutra» ma si punta a restituirgliele, lo assicura «Gilbert» (Azibert) che ha pranzato con l’avvocato generale. L’avvocato si compiace della collaborazione della talpa Azibert, «si è dato davvero da fare», dice a Sarkozy. Giovedì 30 gennaio, alle 20.40, Herzog racconta a Sarkozy di avere parlato con «Gilbert» la mattina, gli comunica che le famose agendine saranno dissequestrate e torneranno in suo possesso, e che in più i giudici dovranno togliere ogni menzione nell’inchiesta Bettencourt, «cosa che darà un gran lavoro a quei bastardi di Bordeaux» (i giudici, ndr ), chiosa l’avvocato.
Sabato primo febbraio, alle 11.22, Nicolas Sarkozy raccomanda di «prendere contatto con i nostri amici perché facciano attenzione, non si sa mai», perché gira voce che i suoi uffici saranno perquisiti dai magistrati che indagano sulla sua denuncia contro Mediapart per la vicenda libica. Ancora quel sabato, venti minuti dopo, Nicolas Sarkozy chiama l’avvocato Herzog e organizza una messa in scena che, a posteriori, sembra un po’ ridicola: parlarsi sulla linea ufficiale, non quella segreta intestata a Paul Bismuth, per non insospettire gli inquirenti. Herzog accetta, gli propone una falsa conversazione a proposito della denuncia contro Mediapart , e dice «ti chiamo io, sembrerà più naturale».
Mercoledì 5 febbraio, alle 9.42, l’avvocato ricorda a Sarkozy l’impegno preso con il giudice Azibert per il posto a Montecarlo, il presidente emerito conferma che lo aiuterà. Del resto, Herzog aveva già rassicurato il giudice: «Ma scherzi? Con tutto quello che stai facendo...». Una settimana dopo, martedì 11 febbraio, alle 22.11, Herzog dice a Sarkozy che «Gilbert» è sempre dei loro, «domani andrà a caccia» di informazioni.
S. Mon.

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DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — Edwy Plenel ha fondato Mediapart nel 2008 dopo una vita a Le Monde dove è stato a lungo direttore della redazione. Le rivelazioni del suo giornale sono al centro delle inchieste che hanno portato al fermo di Nicolas Sarkozy.
Gli uomini dell’ex presidente parlano di giustizia a orologeria.
«E’ un argomento privo di fondamento. Le inchieste si basano su un lavoro giornalistico che abbiamo condotto anche, e con quali risultati, contro la sinistra: da Jérôme Cahuzac al consigliere dell’Eliseo Aquilino Morelle. Abbiamo fatto dimettere il ministro Cahuzac, e a seguito di quello scandalo il governo ha creato l’Ufficio centrale di lotta contro la corruzione che sta indagando adesso su Sarkozy. A smuovere le cose non è una magistratura politicizzata, ma la stampa indipendente».
E’ un fatto che il fermo arrivi proprio quando la candidatura di Sarkozy alla guida dell’Ump sembrava imminente.
«Credo che il rapporto sia inverso: l’ex presidente sa che sta per essere convocato dalla polizia, mette in scena attraverso i suoi uomini l’ipotesi di un suo ritorno per potersi poi atteggiare a vittima di una persecuzione».
Che pensa di Claire Thépaut, cotitolare dell’inchiesta a Nanterre e autrice, all’indomani della sconfitta di Sarkozy nel 2012, di commenti sfavorevoli all’ex presidente, proprio su «Mediapart»?
«A differenza che in Italia la Procura in Francia non è indipendente, si può muovere entro limiti ristretti, se l’inchiesta è stata aperta è perché ce ne erano tutti i presupposti».
E il caso del «mur des cons», la bacheca nella sede del Sindacato della magistratura, dove erano affisse le foto dei «cretini» da colpire, in primis Sarkozy?
«Sono polemiche superficiali, scappatoie. I fatti parlano. C’è il sospetto che Sarkozy abbia creato una rete al suo servizio nel cuore dello Stato. Per ogni sua campagna elettorale esiste uno scandalo: nel 1995, quando militava per Edouard Balladur, l’affare Karachi; nel 2007, i finanziamenti di Gheddafi; nel 2012, le fatture false dell’Ump».
Ora il ritorno di Sarkozy si allontana o si avvicina?
«Farà di tutto per salvarsi, userà la politica come scudo contro i processi. Bisognerebbe che, come è accaduto in Italia con Berlusconi, alcuni fedelissimi trovassero il coraggio di abbandonarlo per il bene della loro famiglia politica. Per adesso non sta accadendo».
S. Mon.