Carlo Tecce, il Fatto Quotidiano 1/7/2014, 1 luglio 2014
NON CAMBIA VERSO: PROMOSSO IL DALEMIANO NELLI FEROCI
Chi l’avrebbe mai detto. Non Matteo Renzi, che non l’ha detto, ma l’ha fatto. Continua la riabilitazione dalemiana. Il Consiglio dei ministri ha indicato l’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci (68 anni) commissario italiano in Europa, incarico a tempo di quattro mesi, va a sostituire Claudio Tajani, eletto a Strasburgo con Forza Italia, che deteneva il portafoglio “industria”.
Massimo D’Alema ha costretto per due anni il diplomatico giramondo Nelli Feroci al ministero degli Esteri, capo di gabinetto, secondo e ultimo governo di Romano Prodi. E poi l’ha spedito a Bruxelles, attraverso un’estrema pratica di Palazzo Chigi (il professore di Bologna era dimissionario): rappresentante di Roma presso le istituzioni europee.
Il gusto di ricevere una promozione in scadenza è un’abitudine per Nelli Feroci: fu nominato ambasciatore a fine gennaio 2006, il ministro era Gianfranco Fini e l’esecutivo di Silvio Berlusconi stava per sigillare un quinquennio fallimentare. L’Unione prodiana aveva il favore dei pronostici, non dei numeri per la legge elettorale porcata di Roberto Calderoli, e Nelli Feroci non poteva aspettare. Non poteva rischiare.
Salto in lungo. Ecco Mario Monti, il tecnico che s’aggira con sicumera fra Bruxelles e Strasburgo, ma che s’aggrappa anche ai contatti di Nelli Feroci per non soccombere ai tedeschi. E in cambio, il senatore a vita ha allontanato l’imminente pensione di questa feluca dai rapporti trasversali.
In ordine cronologico: Fini a destra, D’Alema a sinistra e Monti fra destra e sinistra, Nelli Feroci ha servito tanti governi e tanti orientamenti. Berlusconi lo convocava per le riunioni europee al Quirinale e lo utilizzava da scudo - compito da impavidi - nei mesi di ignominia per le cenette eleganti e la reputazione europea inesistente.
Dopo 41 anni in diplomazia, Nelli Feroci ha accettato la pensione nel giugno 2013. Non s’è ritirato a vita privata: insegnamenti universitari, presidenze di Iai (Istituto affari internazionali) e Simest, una società pubblica di proprietà della Casa depositi e prestiti che assiste le aziende italiane che investono oltre continente. Doppio assegno mensile: una tradizione per chi frequenta la Farnesina.
Nelli Feroci va a infoltire il gruppo di toscani che Renzi ha piazzato un po’ ovunque: non è fiorentino, ma pisano. Esclusa la comune regione di appartenenza, non esistono punti di contatto fra Renzi e Nelli Feroci. Non evidenti, almeno. Il tratto di carriera che ha convinto Renzi è il sodalizio con D’Alema: senza mancare di rispetto ai 41 anni fra l’Onu e l’Ue, Nelli Feroci va considerato in quota dalemiana. E va letto in quota tecnici: Renzi poteva scegliere un politico, un Tajani democratico (nel senso di Pd), poteva lanciare un giovane, ma ha preferito un usato sicuro, referenziato, preparato, che dà un segnale politico non equivocabile. Il sistema culturale dalemiano non fa difetto al ragazzo di Pontassieve. E l’ha già dimostrato con la squadra di governo e le nomine pubbliche. Nelli Feroci, ieri, combinazione astrale, era in audizione a Montecitorio. Massimo D’Alema non è stato localizzato, ma le aspirazioni sono sempre pulsanti. È in ballottaggio con Federica Mogherini per la poltrona di responsabile europeo per la politica estera e la sicurezza. Un impegno perfetto per chi vuole svernare senza troppi impicci, ma tante passerelle. E volete mettere, la sintonia con Nelli Feroci? Ambientale, non pratica: va bene lo stesso. Perché D’Alema sfida il ministro Mogherini, prima fedele a Walter Veltroni e ora a Dario Franceschini. Ci sono strati di differenza, ma è sempre D’Alema versus Veltroni. Può sembrare dietrologico o nostalgico, ma ogni volta che un dalemiano vince qualcosa – si può scommettere – il lìder maximo esulta.
Carlo Tecce, il Fatto Quotidiano 1/7/2014