Marco Zatterin, La Stampa 1/7/2014, 1 luglio 2014
COME FUNZIONA IL SEMESTRE E QUALI POTERI HA LA PRESIDENZA
1. L’Italia è presidente dell’Unione, e lo sarà per i prossimi sei mesi. Un’opportunità vera o solo un’altra parata?
«Una volta era meglio, ma anche oggi non ci si può lamentare. Sino al 2009, ovvero sino all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona che ha riformato l’Unione europea e i suoi poteri, essere presidente di turno voleva dire avere titolare del banco in tutte le principali riunioni del Consiglio, l’organo in cui sono rappresentati i governi nazionali. Poi le cose sono cambiate. Il Consiglio Europeo in cui siedono i capi di stato e di governo - cioè tutti i Merkel, Hollande e Renzi d’Europa - è condotto da un presidente dotato di un mandato quinquennale, in questo momento il fiammingo Herman Van Rompuy. E anche i Consigli Esteri e l’Eurogruppo hanno un loro apposito nocchiero, attualmente la britannica Ashton e l’olandese Dijsselbloem».
2. E allora cosa resta al presidente di turno?
«Restano tutte le altre riunioni ministeriali, dall’Ecofin allo Sport, passando per Interni, Giustizia e Industria, che si tengono regolarmente fra Bruxelles e Lussemburgo. Ad esempio, il consiglio dei ministri dell’Ambiente nei prossimi sei mesi sarà pilotato dal ministro dell’Ambiente italiano. E così via».
3. Che significa, in concreto?
«Il presidente prepara l’agenda, dunque stabilisce quali provvedimento debba essere discussi e quanto. E’ lui che deve portare al compromesso in genere necessario, lui che media fra le parti e chiude le discussioni sui vari dossier. E’ arbitro e motore delle decisioni, un ruolo molto delicato che richiede capacità, esperienza e senso negoziale. Può essere come il mossiere al Palio, è lui che decide quando si parte. Una buona presidenza si valuta anche dal numero, e dalla qualità, dei provvedimenti che vengono adottati o ben impostati nel semestre di mandato».
4. Sotto la luce della ribalta e dietro le quinte, no?
«La procedura europea prevede che ogni dossier, prima di arrivare in Consiglio, venga discussa dai rappresentanti permanenti nell’ambito del Coreper, organo che riproduce a livello di sherpa la formazione del Consiglio stesso. Nei prossimi sei mesi saranno gli italiani a condurre le danze, loro a cercare di accelerare i provvedimenti più importanti, loro a portare i partner verso l’intesa possibile».
5. Finisce qui?
«No, nient’affatto. La presidenza è una passerella importante per i paesi. Anzitutto, il premier e i ministri diventano interlocutori del parlamento europeo, l’uno per il programma, gli altri per i loro singoli dossier. In secondo luogo, c’è la prassi di organizzare riunioni informali del Consiglio nel paese della presidenza. Il governo italiano ha deciso di puntare sull’Expo di Milano per ospitare queste riunioni, dunque la città lombarda vedrà arrivare i ministri dell’Ecofin come degli esteri».
6. Un occasione per farsi un poco di pubblicità?
«Anche questo. Nel corso del semestre si organizzano mostre, eventi, spettacoli, e sagre popolari. Per noi si va dall’infinito di Pistoletto nel palazzo del Consiglio al torneo di calcio dei club di tifosi italiani a Bruxelles che si giocheranno in settembre la Coppa della presidenza in concomitanza col passaggio delle Frecce Tricolori. Il programma è ancora da definire con precisioni. Anche in questo, c’è un poco di Italia e, comunque, tutto quanto fa spettacolo..»
7. E’ una stagione dura?
«I semestri vengono attribuiti sulla base del calendario e di un meccanismo legato alla rotazione alfabetica dei nomi dei Paesi. L’Italia capita in un momento particolare, comincia con la nuova legislatura del parlamento Ue e nella fase di designazione dei nuovi vertici europei. Oltretutto, essendo la seconda metà dell’anno, il regno dura solo cinque mesi, perché in agosto è tutto fermo. Difficile in questa fase chiudere molti capitoli, ma sarà importante vedere cosa sarà avviato. Soprattutto, come promette il premier Renzi, sul fronte della crescita e dell’occupazione».
8. Come è andata in passato?
«Questa è la dodicesima presidenza italiana dal 1959. Due volte è cambiato il governo durante il semestre, nel 1968 e nel 1996. Una presidenza storica fu quella del 1990, in cui il presidente del Consiglio Andreotti attirò la britannica Thatcher in un vero e proprio trappolone politico e spianò la strada verso il varo del progetto di moneta unica che sarebbe stato varato l’anno dopo a Maastricht. Fu un colpo davvero basso. Ma senza, oggi, potremmo anche non avere la moneta unica».
Marco Zatterin, La Stampa 1/7/2014