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 2014  giugno 28 Sabato calendario

E LA FINANZA NACQUE PER BATTERE LUIGI XIV


Il rapporto tra guerra e crescita economica non è mai così chiaro come nel caso della nascita della finanza. Una vicenda che inizia nel 1694, con la fondazione della Banca d’Inghilterra – lo snodo fondamentale di una storia che caratterizza la storia monetaria moderna e annoda strettamente la finanza alla finanza di guerra.
Come raccontato dal professore della Bocconi Massimo Amato in Le radici di una fede: Per una storia del rapporto fra moneta e credito in Occidente, all’epoca sul trono d’Inghilterra c’è Guglielmo III d’Orange-Nassau, asceso al trono come monarca costituzionale, che necessita di denaro per condurre la sua guerra contro la Francia di Luigi XIV.
Con un problema: le casse sono vuote e aleggia la minaccia della “bancarotta” del precedente sovrano, Carlo II, prodromo della Gloriosa Rivoluzione. Per ottenere 1,2 milioni di sterline a favore di Guglielmo, il Parlamento decide di istituire una banca (la Banca d’Inghilterra) di interesse pubblico – ma rigorosamente privata – il cui capitale è pari alla quota da finanziare, e i cui soci sono investitori che mettono quote da 10mila sterline in monete metalliche, nella promesso di un tasso di interesse dell’8% sul prestito. In cambio, la banca emette titoli di debito pubblico, in capo allo Stato. La vera novità dell’operazione è tuttavia legata al fatto che, con un tratto di penna, il Parlamento concede alla Banca d’Inghilterra di emettere banconote fino a una quota pari alla cifra versata dai sottoscrittori.
In questo modo, la moneta conferita si può di fatto duplicare (da 1,2 a 2,4 milioni) e i titoli di debito della Banca d’Inghilterra iniziano a circolare come banconote, liberamente utilizzabili e scambiabili. È, come riportano Luca Fantacci e Massimo Amato in Fine della finanza, la prima operazione di cartolarizzazione del debito pubblico e la nascita delle istituzioni alla base della finanza moderna. Inoltre, poiché la banca ha il diritto di emettere titoli di debito pubblico anche a seguito di operazioni di sconto commerciale, la moltiplicazione è persino accelerata e, già nel 1696, la copertura aurea dei titoli è bassissima: al 2,7%.
Ma questo conduce a un problema di cui gli estensori del modello si rendono ben presto conto – e che determinerà la storia monetaria moderna fino all’esito della sospensione della conversione del dollaro in oro decisa da Nixon nel 1971. Cosa succede, infatti, alla fine del prestito, quando cioè alla banca dovrebbero essere rimborsati i propri titoli di credito? In questo caso, la circolazione delle banconote emesse dovrebbe cessare ed essere prontamente rimborsata in oro. Il che non conviene né ai privati, che usano i propri debiti come moneta, né allo Stato, che di fatto non dovrà mai ripagare la cifra presa a prestito. E così la concessione alla banca, originariamente temporanea, viene rinnovata sistematicamente. Secondo lo storico dell’economia Horsefield, «Durante il XVIII secolo il futuro della banca non fu mai deciso in un futuro di pace o di stabilità. Le pressioni e le aperture di ostilità furono tali che le nuove negoziazioni furono avviate a dispetto di accordi esistenti o ancora lungi dallo scadere, con il risultato che l’autorizzazione fu sempre rinnovata quando la nazione era in guerra o ne stava appena uscendo».
Così, nel 1714, la sottoscrizione era decuplicata, fino a 11,7 milioni di sterline, un potere di leva finanziaria che diede all’Inghilterra un potere economico senza precedenti. Quello di una finanza che nasce grazie, e vive per, la guerra.