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 2014  giugno 28 Sabato calendario

SON VALLANZASCA NON UN LADRUNCOLO


La notizia è minima, ma quello che c’è in gioco non è di poco conto. Perché, diciamola tutta, sto putiferio è nato e continua solo per il fatto che di mezzo c’è Renato Vallanzasca. Però, mettiamo che venerdì 13 giugno all’Esselunga di viale Umbria non ci fosse stato Vallanzasca, ma uno qualunque, che so, Felice Sciosciammocca – che magari venerdì 13 se ne sarebbe stato a letto, da buon napoletano che crede alla scaramanzia –, a voi vi pare che tutto sto po’ po’ di luci della ribalta ci sarebbe stato uguale?
Ieri si è svolto il processo per direttissima. Alle 20 di venerdì 13, un signore dall’aria dimessa entra all’Esselunga. I vigilanti, insospettiti da non si sa bene cosa, lo seguono mentre gira per gli scaffali. O attivano una qualche telecamera. Quando il signore va alla cassa a pagare le sue cose da mangiare gli dicono: «E quello?» – indicando uno zaino. Lui fa spallucce. Lo accusano di avere tirato fuori due mutande dalle confezioni e di averle infilate in quello zaino, dove avrebbe aggiunto un po’ di concime e un paio di cesoie. Settanta euro di merce. E così chiamano i carabinieri. Pare che il signore dall’aria dimessa abbia detto: «Vedete che casino adesso». Non voleva mica minacciare qualcuno, i vigilanti si saranno messi a ridere: quell’ometto smunto, con gli occhi slavati e quattro ciuffi di capelli in testa, un’aria quasi da barbone. Poi caramba gli hanno chiesto i documenti, lui li ha tirati fuori e lì è scoppiato il casino davvero. Nessuno fino a quel momento lo aveva riconosciuto. E come avrebbe potuto? Questo, signore e signori, era il re della Comasina, il bel Renè dagli occhi azzurri di ghiaccio che faceva innamorare le donne, l’uomo dei sequestri e delle rapine sanguinarie, il capo di una delle bande più feroci che si siano, viste in Italia. Un bandito vero, come si vedono nei film americani. Uno che ha collezionato condanne a quattro ergastoli e 295 anni di reclusione. Uno che era pure scappato da san Vittore, con un conflitto a fuoco. Uno che i giornali gli sbavavano dietro per avere un’intervista, una foto. Uno su cui ancora si scrivono libri. Un’epopea insomma in carne e ossa degli anni Settanta, quando succedevano queste cose. Ora, certo, è questa roba qui – uno accusato di rubare mutande nei supermercati. Luì, però, nega tutto. Ieri è comparso davanti al giudice e ha rilasciato dichiarazioni spontanee: «Sono innocente». E non ha chiesto il patteggiamento. Il suo avvocato, Deborah Piazza, ha ribadito: «Vallanzasca vuole difendersi per il semplice motivo che si considera innocente».
Vallanzasca era in regime di semilibertà: usciva dal carcere di Bollate alle 7.30 di giorno, per tornare la sera alle 19.30, ma godeva di un permesso di tre giorni, proprio perché sta filando dritto. Da venerdì a lunedì; li avrebbe passati con la sua nuova ragazza. Nessuno, a cominciare dal direttore del carcere di Bollate, riesce a credere davvero che abbia rubato quelle poche cose.
Però, intanto la semilibertà gli è stata sospesa, con un provvedimento provvisorio ma immediato: la decisione definitiva sarà presa entro la metà del mese prossimo. Anche in caso di condanna per l’episodio dell’Esselunga il tribunale potrebbe decidere di non revocare la semilibertà, perché non ci sono automatismi, e il reato contestato a Vallanzasca è indubbiamente di scarsa entità. Eppure, arrestato per furto aggravato, il fatto è poi stato riqualificato come rapina impropria. Contro di lui pesa il suo curriculum, anche se non dovrebbe proprio essere così. Ecco, se fosse stato Felice Sciosciammocca – certo non un pericolo pubblico numero 1 –, i giudici cosa deciderebbero? Eppure proprio così dovrebbe essere: dopo venticinque anni consecutivi di carcere, Vallanzasca forse avrebbe pure diritto a non essere più nessuno. A che noi, lo si dimenticasse.
Un paio d’anni fa aveva trovato lavoro, a Sarnico, sul lago d’Iseo. Commesso in prova in un negozio. La mattina usciva dal carcere di Bollate e con l’autobus arrivava a Sarnico, e ci lavorava tutto il giorno, «in modo ineccepibile», disse poi la titolare del negozio. Solo che qualcuno l’aveva riconosciuto, la notizia si era sparsa, e davanti al negozio, per tutto il giorno, sostava una folla di giornalisti e fotografi. Articoli sui giornali locali, lettere, un putiferio. Si erano indignati in tanti. Alla fine era stata la titolare del negozio a mettere fine alla vicenda, dando il benservito al suo commesso diventato ingombrante. Vallanzasca l’aveva saputo in carcere, la sera, che l’indomani non sarebbe più andato al lavoro. Comunque, per quel che riguarda l’episodio dell’Esselunga, stando al legale di Vallanzasca, qualcosa non torna. L’avvocato è andata in viale Umbria per un sopralluogo all’interno del supermercato, ha visitato gli scaffali dove erano in vendita mutande e cesoie, ha annotato i prezzi delle merci, e ha colto una serie di incongruenze rispetto alla denuncia che ha riportato in carcere il suo assistito. Peraltro, il video della sorveglianza relativo a quel giorno sembra scomparso, forse è andato distrutto. Venerdì prossimo, 7 luglio, Vallanzasca risponderà alle domande del pubblico ministero e darà la sua versione. Ecco, noi vorremmo solo che a quell’udienza il magistrato ponesse le sue domande a un uomo qualunque, che so. Felice Sciosciammocca.