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 2014  luglio 01 Martedì calendario

RICCO’, IL LIBRO CONFESSIONE

Prima è una sensazione come di freddo. «Al tocco. Un po’ buio. Un po’ grigio. Il freddo dell’acciaio. E anche il suo odore strano». Poi è una sensazione come di pesante. «La passo dalla mano destra a quella sinistra. La contemplo. Mi inquieta. Mi guarda. Mi giudica. Mi aspetta. Pesante e fredda». Infine è una sensazione come di inevitabile. «E’ una Carl Walther waffenfabrik modello PPK-L calibro 7,65. Con sei pallottole nel caricatore».

Comincia con una fine e un finale. Comincia con la voglia di morire, sparire, fuggire, piangere, e poi con il bisogno di prendere un caffè e partire, ripartire, per tornare a essere un uomo. Comincia così Funerailles en Jaune , funerale in giallo, le confessioni del Cobra, libro a due teste e quattro mani, quelle di Salvatore Lombardo, scrittore, giornalista (di guerra) e critico (d’arte), e Riccardo Riccò, il Cobra, il corridore che aveva ustionato il Tour de France 2008. Due vittorie, strepitose, la prima a Super-Besse, la seconda a Bagneres-de-Bigorre, prima di essere scoperto positivo al Cera e cacciato, fermato, arrestato.
Lombardo e Riccò si sono incontrati, conosciuti, frequentati. Lombardo a casa di Riccò, Riccò a casa di Lombardo. Confidenze diventate confessioni, ricordi diventati storie, immagini diventate film, sensazioni diventate pagine. Il libro è già uscito in Francia, presto uscirà anche in Italia per Feltrinelli. «Non è un’opera di pietà – avverte Lombardo – né panegirico né satira, ancora meno un libro di sport. Questo libro malinconico è il romanzo di una vita esplosa tra i sogni di un bambino e gli incubi di un adulto quasi vecchio».

Stavolta, davanti a un uomo che ascolta senza giudicare, Riccò racconta. Racconta della prima sfida, «lanciata a un compagno delle scuole medie che praticava il ciclismo per dimagrire», della prima corsa, «eravamo più di 200 alla partenza di un percorso interamente pianeggiante, termino 20° nel blocco in testa», del primo titolo, «campione della provincia di Modena, un avvenimento, perché non vincevo spesso», della prima infatuazione, «per Pantani, le vittorie incredibili di Marco sono una rivelazione, e divento uno scalatore». Poi le cose cambiano. «Quando arrivo agli Under 23, sono un chierichetto». «Devo ripartire da zero. Quasi come uno zero». «Faccio la figura di un contadino fra i potenti». «A parte le tradizionali iniezioni di vitamine, e dico vitamine, nient’altro. Assolutamente niente». «Tutti i ragazzi attorno a me sembrano dei caccia aerei. Sorvolano le corse. Sembrano non essere mai stanchi. E, sorpresa assoluta, anche i grassi scalano». «Ne parlo con un ex pro divenuto un compagno. Si diverte della mia ignoranza e mi descrive la situazione senza ipocrisia». «Sconvolto, ne parlo a mio padre». «Anche se non può veramente immaginare a che punto un prodotto chiamato Epo può oggi cambiare le cose in corsa. Soprattutto se abbinato al testosterone». «Decido di fare come gli altri. Ma con moderazione. Una sola cura di due mesi prima della nuova stagione. Ed è immediatamente un altro mondo».

C’è tanta roba, in queste confessioni. Dal dottor Santuccione che «spiega che cosa prendere, prescrive la posologia, ma per l’acquisto dice di sbrigarmela da solo». Fino all’ultima trasfusione, «apro il frigo, prendo la sacca di sangue rinforzata di ferritina e mi allungo per farmi la trasfusione come mi hanno spiegato». Gli è costata 12 anni di squalifica.
Riccò è maledetto. E’, come sostiene Lombardo, il James Dean del ciclismo. E’ uno che non fa sconti, che non rivede i propri sogni al ribasso, che punta alle stelle. A costo di precipitare e suicidarsi. «Quando ripenso a questi anni folli ma non spensierati, capisco di non essere più lo stesso. In 10 anni di sofferenza e di umiliazione, in 10 anni di cattiva coscienza, in 10 anni di collera, in 10 anni di abbandono, sono cambiato… Non so più chi sono. Un dopato. Un recluso. Un bugiardo. Un uomo. Un bambino. Un escluso». Un cobra. Il Cobra.