Mario Pappagallo, Corriere della Sera 1/7/2014, 1 luglio 2014
TEST SUI BIMBI PER LE CURE PEDIATRICHE DILEMMA TRA ETICA E SPERIMENTAZIONE?
«Voglio farmaci adatti a me. Sperimentazione? Ok». Una bambina che sembra giocare al piccolo dottore lancia il suo appello da manifesti affissi nelle nostre città o dagli spazi dedicati alla pubblicità su tram e autobus. Presto da giornali, radio e tv. E’ la campagna di comunicazione sull’impiego dei farmaci in età pediatrica dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Ma spesso chi la guarda ha una reazione avversa: «Ma come? Sperimentare sui bambini?». Una foto del manifesto e una mail al giornale con l’angosciosa domanda. Intento raggiunto in quanto a creare attenzione, ma forse occorre entrare nel merito del perché? Dietro c’è un progetto: diffondere informazioni «certificate e corrette sull’impiego dei farmaci», «orientare le scelte prescrittive all’insegna dell’appropriatezza». Problema internazionale. Spiega Luca Pani, il neuroscienziato che dirige l’Aifa: «Vogliamo sensibilizzare la popolazione a un uso responsabile e consapevole dei farmaci in pediatria». Vero. Lo chiedono anche le Società scientifiche.
Mancanza di dati
In effetti, in mancanza di dati di studi clinici specifici, vengono impiegati nei bambini medicinali autorizzati per l’età adulta, ma a dosaggi inferiori. In pratica il bambino diventa un piccolo adulto. «Ma ciò espone a rischi — interviene Pani —. Non tutti i medicinali utilizzati in ambito pediatrico, infatti, hanno la stessa identica risposta in lattanti, bambini e adolescenti, a causa delle differenze di metabolismo e assorbimento degli stessi nei diversi processi di crescita». Ed ecco che studi clinici dovrebbero proprio riguardare la somministrazione, la scelta dei principi attivi, i rispettivi dosaggi. Tutto da valutare in base alle diverse età dei giovani pazienti. Eppure c’è un dilemma etico che aleggia su questi temi: è giusto sperimentare sui bambini? In passato, negli Stati Uniti erano talmente rigide le regole in quest’ambito che spesso le poche sperimentazioni cliniche sui più piccoli sono state poi effettuate su popolazioni di Paesi meno garantisti. Oggi, però, si è compresa l’importanza di effettuare test controllati prima per evitare rischi maggiori dopo.
Il dibattito
I problemi su cui riflettere, aprire un dibattito, accendere l’attenzione dei genitori, dei nonni, delle tate, ma anche dei medici, sono molti ma così sintetizzabili:
1. Oltre il 50% dei farmaci utilizzati in età pediatrica è testato solo sugli adulti.
2. L’uso «off label» (fuori della sperimentazione effettuata e per cui il prodotto è stato approvato e autorizzato) negli under 18 è una regola e pone rischi legati alle differenze di metabolismo e assorbimento dei farmaci.
3. Tra 0 e 18 anni la presenza di tre diverse sottopopolazioni (neonati, bambini e adolescenti) da indagare rendono le sperimentazioni cliniche poco attrattive per il mercato (e anche costose per le aziende farmaceutiche: pensate solo alle assicurazioni di garanzia per bambini, donne, in particolare durante la gravidanza).
4. Il «pregiudizio etico» di sottoporre i piccoli ai trial clinici (ecco la reazione choc manifestata alla vista dei manifesti).
5. Informare e sensibilizzare medici e cittadini sull’importanza di segnalare gli effetti dei farmaci somministrati in età pediatrica.
Un passo indietro: la maggior parte dei farmaci (un tempo tutti) sono oggi sperimentati su giovani maschi adulti e il dosaggio è calcolato per un uomo medio di 70-72 chili.
I messaggi
Ma come divulgare queste informazioni? Ecco l’idea della campagna di comunicazione di massa. Con quali messaggi da trasmettere? Pani riflette e indica i principali: «Che il bambino non è un piccolo adulto è un concetto importante da diffondere, in grado di evidenziare la specificità del soggetto pediatrico rispetto all’adulto nella risposta al trattamento farmacologico. E che si commettono molti errori durante la somministrazione di medicinali ai bambini. Per esempio, la riduzione delle dosi di un medicinale comunemente utilizzato per adulti arbitrariamente ritarate in base al peso corporeo e all’età del bambino. Che si devono evitare il fai da te, il passaparola, il ricorso a fonti web. Che ciascun farmaco deve essere somministrato dietro opportuno consulto e controllo del medico». L’Aifa, inoltre, vuole richiamare l’attenzione su una corretta lettura del foglio illustrativo.
I pediatri
Che cosa dicono i pediatri, i medici dei bambini? Tutto scritto in un regolamento approvato cinque anni fa a livello europeo, a partire dall’Agenzia regolatoria dei farmaci in Europa (Ema) e dalla stessa Commissione Ue. «Urge la sperimentazione clinica dei farmaci sui bambini, così suddivisi: lattanti, bambini, adolescenti. Le tre fasi di sviluppo, con cambiamenti radicali nell’organismo, tra gli zero e i 18 anni». Il rischio è danneggiare invece di curare. A cinque anni dall’introduzione del regolamento, l’Ema e la Commissione tirano le somme: «Minimo anche l’aumento delle sperimentazioni cliniche sui bambini, che dal 2005 al 2011 cresce solo del 2,3%». L’Aifa, da parte sua, rende noto che dal primo luglio 2012 ad oggi sono state 4.700 le segnalazioni di sospette reazioni avverse ai farmaci in età pediatrica: il 6,3% del totale delle segnalazioni.
I dosaggi
E si torna ai test clinici e ai dosaggi. Guai a prendere una pillola per adulti, dividerla e somministrarla a un bambino. Lo fanno sia i familiari sia — raramente, ma lo fanno — i medici. Il dilemma etico sulla sperimentazione si scontra con quello dei rischi che corrono i piccoli a causa di una «faciloneria» scientifica su di loro applicata. Lo stesso discorso vale per le donne (la farmacologia di genere è ancora utopia), che non a caso segnano un record di segnalazioni avverse in farmacovigilanza. Donne che, in gravidanza, quasi non possono prendere nulla. La strategia adottata è quella del «meglio vietare che sperimentare prima». Dice Pani: «Negli anni ‘60 la scoperta degli effetti teratogeni (mutazioni genetiche nel feto tali da far nascere numerosi bambini focomelici, ndr ) del talidomide portò alla nascita della farmacovigilanza e delle moderne agenzie regolatorie nel campo dei nuovi medicinali. Oggi, però, si devono curare mamme e bambini alla luce delle migliori evidenze disponibili». C’è una nuova cultura da creare: garantire a donne e bambini cure «disegnate su misura» per loro. E’ possibile, va fatto.