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 2014  giugno 30 Lunedì calendario

ONE DIRECTION

& C. COSÌ IL POP PER RAGAZZINI VALE 2 MILIARDI –

ROMA
Chi volesse davvero diventare ricco, oggi, nel mondo della musica, dovrebbe riuscire a mettere su una bella boy band. I Backstreet Boys nel 1999 guadagnarono 60 milioni di dollari, superando i Rolling Stones. I Take That continuano a guadagnare, solo nel 2012 hanno incassato oltre 70 milioni di dollari, i New Kids on the Block, celebri negli anni Ottanta, sono arrivati quest’anno a incassare in America 10 milioni di dollari pur non essendo più “boy” sotto nessun punto di vista.
Il giro di affari complessivo delle boy band, secondo Forbes, si aggira oggi attorno ai 2 miliardi di dollari, contando band del presente e del passato, nuove star e ragazzi attempati ancora in circolazione, decine di gruppi e artisti.
Una miniera d’oro che dagli anni Sessanta ha prodotto centinaia di star destinate a ballare una sola estate e a riempire, con i poster, le pareti delle camere delle ragazze. Gioco facile solo in apparenza: basta mettere insieme un gruppo di ragazzi di bell’aspetto che sappia cantare dignitosamente, sostenuto da autori che scrivano canzoni in linea con i gusti giovanili ma dalla realizzazione complessa, perché devono convincere un pubblico numeroso e difficile, adolescenti che decidono di spendere solo per chi vogliono, non per chi l’industria cerca di vendergli. Oggi tocca ai One Direction, messi insieme da Simon Cowell dopo che avevano partecipato a X Factor . In quattro anni sono diventati la band di maggior successo del pianeta. Alla base di tutto c’è la musica, canzoni spensierate e sentimentali, da ballare o ascoltare a tutto volume.
Poi c’è il resto, le facce dei ragazzi, il loro stile, la simpatia, la loro amicizia, vendute assieme a un ecosistema di gadget. Prodotto commerciale, dunque, ma con un “plus” inafferrabile che solo le ragazzine conoscono, e che fa scegliere loro una band invece che un’altra decretandone il successo assoluto.
Secondo Business Insider, il giro d’affari del 2014 dei 1D dovrebbe arrivare a un miliardo di dollari, sommando i 470 milioni che arrivano dai biglietti venduti ai concerti, i 300 milioni tra album, cd, download e streaming, i 150 milioni incassati al cinema, i 65 milioni del merchandising (tshirt, poster, cappelli, penne, quaderni, tazze), i 15 milioni della vendita dei dvd. Secondo Forbes Liam Payne, Harry Styles, Louis Tomlinson, Niall Horan e Zayn Malik hanno, solo in Inghilterra, guadagnato ognuno 15 milioni di sterline nel 2013, cifra che dovrebbe raddoppiare quest’anno. Secondo l’Ipfi, l’associazione mondiale dei produttori, sono gli artisti che lo scorso anno hanno guadagnato di più al mondo, superando Eminem, Justin Timberlake, Bruno Mars e Katy Perry. Nessuno nel campo delle boy band aveva fatto tanto e in quattro anni.
Quello delle boy band è sempre stato un affare, dagli anni Sessanta. Ad aprire la strada sono stati i Jackson Five, con il piccolo Michael, e i Monkees, costruiti a tavolino per contrastare il successo dei Beatles in Usa. Con gli anni Ottanta il fenomeno trova una sua standardizzazione, conquistano le classifiche Take That e Backstreet Boys, New Kids on the Block e Blue e la girl band delle Spice Girls. Gruppi che nascono dalla necessità dei discografici di sfruttare il pubblico delle teenager, prodotti in linea con i loro gusti, destinati a durare relativamente poco.
Il successo stratosferico dei 1D, però, è anche motivato dalla deriva odierna del pop di consumo, stretto tra i rapper (con il loro linguaggio esplicito, la loro gestualità macho) e le girl band di ventenni, come le Little Mix, non meno volgari ed esplicite. O Miley Cyrus che, smessi i panni di Hanna Montana, ha deciso di smettere i panni tout court.
I prossimi? A Milano ad aprire il concerto c’erano i 5 Seconds of Summer, australiani, che già godono dell’entusiasmo adolescenziale, bravi, belli e, a differenza dei 1D, in grado di suonare e scrivere la propria musica. Si può scommettere sul loro successo, anche se per sostituire i One Direction ci vorrà ancora qualche anno.

Ernesto Assante, la Repubblica 30/6/2014