Jenner Meletti, la Repubblica 30/6/2014, 30 giugno 2014
LA SECONDA VITA DI MUCCIOLI JR “IO, DA SAN PATRIGNANO A MAÎTRE ANTISPRECHI”
RICCIONE.
Un ristorante per tornare a vivere. «Evviva. Dolci e cucina a scarto zero», annuncia l’insegna, davanti all’ex lavanderia del Grand Hotel chiuso ormai da anni. Riparte da qui la seconda vita di Andrea Muccioli (cinquant’anni fra poco), figlio di Vincenzo, fondatore di San Patrignano. «A scarto zero perché non si butta via nulla. Nemmeno le bucce dei pomodori. Cerco di guardare le cose con gli stessi occhi di mio padre: andare oltre l’apparenza, cercare il bello e il buono rimasti nelle persone che altri giudicano fallite, violente, prive di dignità. Insomma, scarti sociali». Un ristorante bistrot che ricorda la comunità della collina. Anche qui un lungo tavolo dove si mangia tutti assieme. «Uno scarto forse è rimasto », dice con amarezza Andrea Muccioli. «Sono io. Ho letto che la signora che mi ha costretto a lasciare la guida di Sanpa ora si presenta come “cofondatrice” della comunità. Non è assolutamente vero. Questo è un furto di identità. Ed è grave e triste che nessuno dica nulla».
Nessuna rabbia, molto dolore. Andrea Muccioli (tre lauree) ha iniziato a lavorare come volontario sulla collina di Coriano nell’estate del 1992 e dopo la morte del padre — 19 settembre 1995 — ne è diventato la guida. Non pronuncia nemmeno i nomi di quelli che chiama «i finanziatori storici» (Letizia e Gian Marco Moratti, ndr) che nell’agosto 2011 l’hanno costretto alle dimissioni. «Voglio solo ricominciare a lavorare e a vivere. Sì, questo Evviva mi ricorda San Patrignano. Questa era un’area abbandonata, dopo la chiusura del Grand Hotel. Ma c’è un parco bellissimo e siamo a cinquanta passi dal mare. L’ex lavanderia era un rottame, ma con gli occhi giusti riesci a vedere la speranza, la bellezza e la rinascita anche in un luogo che sembra morto. Mi sono messo assieme a Franco Aliberti, che ha solo 28 anni ma ha lavorato con Bottura, Marchesi, Alajmo — era con me nel ristorante di Sanpa aperto al pubblico — e ho tentato l’impresa».
Non ci sono segreti, in questa nuova azienda: i numeri sono scritti sui muri. Dodici mesi di lavori, 186 mila euro di spese, 15 mila in tutto gli euro a disposizione, il resto prestato dalle banche. «E dicevano che da San Patrignano ero uscito pieno di soldi…». Nove i cuochi, pasticceri, camerieri, ortolani (c’è anche un grande orto) assunti «al calcio d’inizio». «Tre ragazzi in difficoltà — annuncia un altro cartello — lavoreranno qui in un progetto di sostegno e formazione». «Chi nasce tondo — dice Andrea Muccioli — non muore quadrato. Avevo 14 anni, quando è nata San Patrignano. Mi è rimasta nelle ossa e nel cuore». Ma su quella che veniva chiamata la «Collina benedetta» della famiglia Muccioli non è rimasto nulla. L’identità di Sanpa è stata rubata. Andrea è stato mandato via nell’agosto di tre anni fa. Sua madre Antonietta ha lasciato dopo pochi mesi, perché «nessuno la salutava più, fingevano di non vederla ». La stessa salma di Vincenzo Muccioli, nella primavera dell’anno scorso, è stata portata lontano dal piccolo cimitero incastonato nella comunità. Non è facile per Andrea Muccioli ricordare il distacco. «Vorrei parlare solo di Evviva, del futuro… Posso dire soltanto che ho dovuto subire un ricatto. La storia, quella vera, racconta che nel 1985 tutti i beni della mia famiglia — una villa, capannoni e decine di ettari di vigne — sono stati donati alla fondazione San Patrignano. Erano beni importanti, anche se molto inferiori ai soldi messi anno dopo anno dai finanziatori milanesi. Ma la mia famiglia ha messo nel piatto anche i nostri cuori, le nostre facce, le nostre vite».
Il figlio di Vincenzo vorrebbe parlare delle zucchine nell’orto, dei ragazzi che preparano rosticini, ravioli all’asparago e finissimi dolci. «Con me — dice — la gestione è cambiata. Ho aperto la comunità a tutti quelli che potevano insegnare qualcosa ai ragazzi. Anche la gestione finanziaria è mutata. All’inizio di ogni anno con i finanziatori storici, con in quali c’è stata una lunga e proficua collaborazione, discutevo dei progetti e delle relative spese. Fino all’agosto 2011. Dall’inizio dell’anno da Milano arrivavano meno soldi di quelli previsti ogni mese e così è scattata la trappola. “C’è un buco finanziario, Andrea Muccioli spende troppo”. Al telefono in viva voce, davanti a me circondato da cento operatori, le accuse di spreco, di arricchimento personale... E poi il ricatto: o se ne va Andrea o ce ne andiamo noi e voi restate con lui e con i debiti».
«Sono andato via. Non ho mai ricevuto né stipendio né contributi — quando era nata la fondazione era comunque assicurato un adeguato livello di vita alla mia famiglia — e ho sempre dato riscontro di ogni spesa. Mi hanno liquidato con 80 mila euro per più di vent’anni di lavoro. All’improvviso, con moglie e tre figli, mi sono trovato senza casa, senza auto, senza lavoro. Ecco il “ricco” Andrea. Chi ha molti soldi può fare il bene ma non solo».
Uno staff milanese gestisce ora la finanza della comunità. Le prospettive non sono buone. Sono state chiuse le comunità satelliti di San Vito Pergine in Trentino e quella di Botticella presso Pesaro. Dei Muccioli, sulla collina, è rimasta soltanto la grande seggiola di Vincenzo. Sembrava un trono, nella grande sala ristorante dove duemila ragazzi, allora, mangiavano in due turni. Ora gli ospiti sono meno di 1.200, compresi quelli arrivati dalle due comunità chiuse. La grande seggiola è rimasta solo perché l’artista Mimmo Paladino — il responsabile era ancora Andrea Muccioli — l’ha collocata in una «installazione» lunga 40 metri chiamata «Corale per Vincenzo». Potrebbe essere un monumento con epigrafe. «San Patrignano. Famiglia Muccioli 1978 — 2011. Seggiola vuota».
Jenner Meletti, la Repubblica 30/6/2014