Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  giugno 30 Lunedì calendario

UNA NUOVA AGEVOLAZIONE OGNI 15 GIORNI


In attesa del grande riordino annunciato con la legge di stabilità, ogni quindici giorni viene introdotta una nuova agevolazione fiscale. Dall’inizio dell’anno sono 16 le nuove misure istituite da Governo e Parlamento: dal bonus Irpef di 80 euro per i lavoratori all’aumento dell’Ace per le imprese che si quotano in Borsa, dalla detrazione sui terreni affittati dagli agricoltori con meno di 35 anni fino all’Art-bonus per chi finanzia il recupero del patrimonio artistico.
Quella di aumentare le agevolazioni mentre ci si propone di riordinarle, però, non è una tendenza recente. Anzi. A luglio del 2011 il Governo Berlusconi inserì in Gazzetta Ufficiale il lunghissimo elenco delle oltre 700 tax expenditures censite da Vieri Ceriani e dal suo gruppo di lavoro, indicando l’obiettivo di tagliare le agevolazioni inutili per recuperare risorse. Da allora, però, tutti i ministri dell’Economia hanno dovuto registrare l’istituzione di nuove detrazioni, deduzioni o crediti d’imposta. Secondo il monitoraggio del Sole 24 Ore del Lunedì, dall’estate del 2011 a oggi sono state istituite 54 agevolazioni e ne sono state prorogate altre 18 che altrimenti sarebbero scadute. Il totale arriva a 72 bonus fiscali in 36 mesi: per l’appunto, uno ogni quindici giorni.
Finora il riordino è sempre stato rinviato o scongiurato in extremis attingendo da altre fonti le risorse necessarie: ad esempio, aumentando l’Iva oppure appoggiandosi alla spending review del commissario Carlo Cottarelli. D’altra parte, la materia dei bonus è politicamente delicatissima da maneggiare, perché a ogni agevolazione corrisponde sì una minore entrata per lo Stato, ma anche una minore imposta versata da qualche contribuente. E quindi tagliare i bonus significa far salire la pressione fiscale, almeno per qualcuno.
A conti fatti, il grosso delle risorse è assorbito dagli sconti d’imposta per lavoro dipendente – potenziati dal Governo Letta a fine 2013 – e per i pensionati, oltre che da quelli per i familiari a carico. Secondo la Corte dei conti, se fossero eliminate tutte le detrazioni e le deduzioni, l’aliquota media dell’Irpef passerebbe dal 19 al 27,3 per cento: uno scenario puramente teorico, che però fa capire qual è la posta in gioco. E che aiuta a comprendere le tante esitazioni mostrate dalla politica di fronte al dossier del riordino.
Dopo tre anni di rinvii, però, l’ora del riassetto sembra avvicinarsi davvero. Come ha ricordato la scorsa settimana il viceministro all’Economia, Luigi Casero, la prossima legge di stabilità – da varare in autunno – dovrà contenere anche il restyling delle agevolazioni. Un restyling imposto anche dalla delega per la riforma fiscale, oltre che dalle esigenze di bilancio.
La domanda chiave, allora, diventa questa: come si fa a riordinare le agevolazioni mentre si continua a crearne di nuove? Per rispondere, bisogna andare oltre il dato generale. Stando ai documenti ufficiali, i bonus introdotti da luglio del 2011 valgono più di 16 miliardi, ma il 95% di questa cifra dipende da una decina di misure su 72. Come dire: ci sono pochi sconti fiscali "pesanti" per le casse dello Stato, e moltissime misure che – prese singolarmente – costano "solo" pochi milioni di euro.
Questi mini-sconti di solito si rivolgono a un numero limitato di contribuenti o, in alternativa, si riducono a una mancia di pochi spiccioli di cui beneficia una platea più ampia. A volte sono stati introdotti per compensare almeno in parte un rincaro d’imposta (come la deduzione del 35% sull’affitto degli immobili storico-artistici). Altre volte per evitare una disparità di trattamento (il taglio d’aliquota sui fondi pensione residenti nell’Unione europea). Altre volte ancora per dare un segnale d’attenzione a un settore.
Tra le difficoltà dell’operazione di riordino, quindi, ci sarà anche quella di decidere se puntare sulle agevolazioni pesanti o sui mini-bonus, scegliendo chi scontentare e tenendo conto dei paletti fissati dalla delega. Senza dimenticare, però, le "altre" priorità politiche: il Governo, ad esempio, non ha alcuna intenzione di tagliare i quasi 6 miliardi del bonus Irpef, ma anzi vuole confermarlo e se possibile estenderlo a partite Iva e pensionati per i prossimi anni.

Cristiano Dell’Oste e Giovanni Parente, Il Sole 24 Ore 30/6/2014