Annalisa Dall’Oca e Giulia Zaccariello, il Fatto Quotidiano 30/6/2014, 30 giugno 2014
ITALIA CAMPIONE DEL MONDO, MA DI LATINO
Se sui campi di calcio l’Italia affonda, esiste una competizione internazionale dove invece brilla e balza in cima alle classifiche, davanti a mezzo mondo. Più che di piedi, è una questione di cervello, di cuore e di fiuto. Perché per tradurre dal latino all’italiano, senza mai inciampare, anche l’istinto aiuta. Non proprio un gioco da ragazzi, si dirà. E invece sì: il campione vincitore della 34 esima edizione della gara di giovani latinisti, Certamen Ciceronianum Aripinas, ha 18 anni, e lo zaino di scuola ancora ai piedi del letto. Si chiama Jacopo Quaglierini, vive a Empoli, a trenta chilometri da Firenze, e frequenta il liceo classico Virgilio, dove domani si presenterà davanti alla commissione per gli orali dell’esame di maturità.
Una passeggiata per uno che non solo legge Quintiliano e Seneca come fossero fumetti, ma che ha una pagella da sogno, miraggio di ogni genitore, con una media del 9.7. Traduzione: non una singola materia al di sotto del 9. Latino e greco compresi. “Secchione? Non direi. Sono bravo, ma non particolarmente fissato con i libri. Non ho mai avuto problemi a scuola perché studiare, qualunque argomento, da matematica a letteratura, mi appassiona. Trovo tutto interessante. Poi certo, ci vuole anche disciplina, altrimenti i voti non arrivano. Ma io cerco di affrontare in maniera positiva tutti i compiti e gli incarichi che mi vengono affidati. Credo che ogni esperienza vada considerata come un arricchimento, a prescindere da cosa si tratti. E questo è un atteggiamento che ho sempre avuto fin da quando ero bambino”. Merito del carattere e del dna, sicuro. Ma anche dei professori e dei genitori, madre insegnante alle elementari e padre avvocato, entrambi originari di Pistoia. Il ragazzo, del resto, a casa Quaglierini non è l’unico ad avere dimestichezza con versioni, declinazioni, simposi e autori antichi. “Ho partecipato al concorso del Certamen un po’ come sfida personale: mio padre l’aveva già fatto, senza vincere, e ho pensato di tentare a mia volta. Certo, non mi aspettavo un risultato simile. È stata un’esperienza che mi porterò sempre dentro”. Aperto agli studenti iscritti all’ultimo anno di liceo classico di tutto il mondo, il Certamen Ciceronianum è una manifestazione organizzata ogni anno, dal 1980, ad Arpino, città in provincia di Frosinone, nota per aver dato i natali proprio a Marco Tullio Cicerone. E infatti la gara, una delle più prestigiose al mondo per gli appassionati di cultura classica, consiste nel tradurre dal latino all’italiano e commentare un passo del famoso oratore romano. Tempo a disposizione: 5 ore. Una sorta di prova generale degli esami universitari. “Non è facile rimanere concentrati per così tanto tempo sull’analisi di un testo scritto in una lingua antica. Ma mi ha aiutato a imparare a gestire la pressione”. In tutto la competizione dura 4 giorni. “Il primo è dedicato all’accoglienza, mentre in quello successivo si lavora sulla versione. La terza giornata è riservata alla visita di Arpino, con la sua Acropoli, la porta Napoli e le cinta murarie. Per chiudere sabato con la premiazione”. Grazie a un compito giudicato dalla commissione il migliore per la fedeltà allo spirito originale con cui Cicerone scrisse il testo, tratto dal De Amicitia, Quaglierini si è piazzato primo, davanti 150 ragazzi. Portando a casa, oltre a mille euro “messi in banca il giorno dopo”, il titolo di migliore studente di latino del mondo. “Erano tutti molto preparati. Del resto, non c’è da stupirsi. In Germania, ad esempio, il latino si studia fin dalle elementari. Io lo amo, ma non sono un fanatico. Devo dire che, se la conoscenza delle lingue classiche non si applica alla vita quotidiana, non credo che approfondirle sia comunque una perdita di tempo. Come la filosofia, sono strumenti in più a disposizione. Un bonus nel mio bagaglio di conoscenze: in qualche modo contribuisce a rendermi la persona che sono. Studiare poi non è mai tempo perso, e nel mio caso è stato anche per divertimento”.
Brillante e preparato, è difficile non definirlo uno studente modello. Ma libri a parte, nella sua vita c’è la squadra di pallacanestro, con cui si allena da dieci anni, ci sono le canzoni di De André e di Guccini, c’è il cinema, e le vacanze con gli amici a Barcellona. E un’aspirazione, a metà tra desiderio e progetto. “Mi piacerebbe scrivere. Un libro mio, insomma. Anche se ancora non ho iniziato a lavorarci”. Politica? Poca. “Renzi mi piace perché ha il merito di aver dato una spinta. Se questa spinta produrrà effetti positivi o negativi lo vedremo solo nel tempo. D’altronde, la politica in questo momento non offre nient’altro”.
Non gli interessa molto l’idea di lasciare l’Italia, anche se niente è deciso. Il suo orizzonte è tutto da disegnare. “Non so ancora cosa voglio fare. Di sicuro proverò a entrare alla facoltà di Lettere della Normale di Pisa, perché amo la materia. Classiche o moderne. Ma se dovessi dire come mi vedo tra 5 anni non saprei farlo”. C’è tempo per pensarci. Una cosa alla volta. E prima di tutto ora viene l’esame di Stato, sigillo di 5 anni sui banchi. “Porterò una tesina sull’importanza del gioco nell’educazione, tra Maria Montessori e Marco Fabio Quintiliano”.
Annalisa Dall’Oca e Giulia Zaccariello, il Fatto Quotidiano 30/6/2014