Andrea Valdambrini, il Fatto Quotidiano 30/6/2014, 30 giugno 2014
STRASBURGO, PIATTO RICCO MI CI FICCO
Gruppi parlamentari a Strasburgo e politici europei: l’europolitica costa, eccome. Le regole sull’uso del denaro pubblico ci sono, e sono rigide, anche se non manca qualche opacità. E mentre un argomento da sempre considerato ostico e inadatto al grande pubblico passa all’ordine del giorno con le alleanze europee tra partiti approdati a Strasburgo, è bene fare i conti in tasca ai finanziamenti pubblici alla politica dell’Unione europea.
Il bilancio complessivo del Parlamento Europeo è di 1 miliardo 756 milioni di euro per il 2014 . Nella ripartizione delle spese, la fetta maggiore (il 35%) se ne va per i circa 6.000 dipendenti che lavorano nell’amministrazione o nei gruppi politici. Poco meno di 500 milioni (esattamente il 27% del totale) è destinato a pagare lo stipendio degli eurodeputati, le indennità giornaliere e di viaggio, e i loro assistenti accreditati. Questa voce di bilancio copre anche il lavoro dei traduttori, essenziali in una struttura dove si parlano ufficialmente 24 lingue diverse (per 28 paesi). Se un altro terzo del totale serve per varie spese amministrative – anche considerando che il Parlamento ha formalmente tra sedi di lavoro: Strasburgo, Bruxelles e Lussemburgo – la voce destinata alle attività dei gruppi parlamentari e ai partiti politici europei occupa solo il 6% della torta (con i gruppi che hanno più o meno il doppio dei partiti). Poco, apparentemente Eppure non si tratta esattamente di qualche spicciolo.
MI COSTI? MA QUANTO MI COSTI?
I gruppi vengono finanziati con 59,8 milioni di euro (questo il budget per 2014 e il 2015), in leggera ma costante salita dal 2012, quando si era a 57 milioni. La distribuzione è proporzionale alla presenza in parlamento, e la parte del leone la fanno quelli che sono stati finora e che saranno ancora i due maggiori gruppi: Socialisti e Popolari. Ai primi sono andati oltre 20 milioni, ai secondi circa 15. Dopo le elezioni dello scorso maggio, il panorama politico è però cambiato e, di conseguenza, cambierà anche la distribuzione delle risorse. Al momento i liberal-democratici (Alde) non sono più terzi ma quarti numericamente, soppiantati da European Conservatives and Reformists (il cui nucleo è costituito dai conservatori inglesi) e poi a seguire, in termini di numeri e soldi, ci sono Sinistra europea e Verdi. Ultimo numericamente l’Efd, gruppo parlamentare che fa capo al leader dello UK Indepenedence Party, il britannico Nigel Farage. Nella scorsa legislatura (2009-2014) il gruppo era composto anche dagli eurodeputati della Lega Nord, mentre ora accoglie la delegazione dei 17 parlamentari 5 Stelle. I non iscritti, di cui al momento fanno parte proprio i leghisti di Matteo Salvini insieme a Marine Le Pen, prendono solo le briciole, in termini di soldi.
Secondo una stima del think tank britannico Open Europe - vicino alle posizioni politiche dei Tories del premier David Cameron -, le regole del finanziamento pubblico porterebbero alle casse del nuovo gruppo Efdd (Europe of Freedom and Direct Democracy) 3,8 milioni di euro all’anno. La stima è basata sul 2012, ma nel corso della presente legislatura (2014-2019) la cifra potrebbe anche aumentare, così come di fatto è successo in passato. Un aumento determinato sia dalla crescita della cifra totale destinata ai partiti, sia dalla possibilità che nuovi eurodeputati si aggiungano al gruppo già esistente, che per ora conta 48 membri ed è il settimo a Strasburgo. La cifra del finanziamento potrebbe salire fino a 5,6 milioni di euro l’anno se solo Ukip e 5 Stelle, le cui delegazioni formano la quasi totalità del gruppo parlamentare (41 su 48 membri), fossero parte di un partito politico europeo. Ma non è così.
Già, perché oltre ai gruppi parlamentari, esistono anche i partiti politici. Non quelli nazionali, ma quelli che fanno capo alle famiglie europee appunto. Non sono la stessa cosa dei gruppi, non sempre corrispondono a questi ultimi e soprattutto hanno conti separati. Il totale del finanziamento ai partiti può essere stimato in circa un terzo di quello destinato ai gruppi, fermandosi apparentemente a meno di 20 milioni euro. Di partiti se ne contano ben 13. Quelli più grandi, riconoscibili, a cui corrisponde quasi perfettamente un gruppo parlamentare, sono anche i partiti che prendono (e spendono) più soldi: in testa il Partito popolare europeo con 9,5 milioni di euro l’anno, poi i Socialisti con poco meno di 6,5, i Liberal-democratici con poco meno di 3, Verdi e Conservatori inglesi appena sotto i 2 e Sinistra europea a quota 1,2. Seguono una serie di formazioni più piccole e meno identificabili rispetto ai gruppi politici in Parlamento. Si scopre ad esempio che al Movimento per un’Europa della Libertà e Democrazia con sede a Parigi, aderisce la Lega Nord, ma non il britannico Ukip (con cui il partito di Salvini era alleato nella scorsa legislatura, prima di virare verso Le Pen) che prende più di un milione, mentre il Partito Democratico europeo – in cui spunta anche l’Api di Francesco Rutelli – sta a 6 milioni e mezzo.
UNA CONTABILITÀ OPACA
A che servono questi soldi? Rigorosamente ad attività per la promozione dei partiti a livello europeo (convegni, eventi per 28 Paesi), non nazionale, e naturalmente alle attività di campagna elettorale, ci spiegano dagli uffici del Parlamento di Strasburgo. Il finanziamento pubblico ai partiti europei è cresciuto esponenzialmente negli anni. È vero che nel bilancio 2014 sono comprese le elezioni europee che si sono appena tenute, ma dati alla mano l’esborso da parte dei contribuenti è più che raddoppiato. Per restare ai due maggiori partiti, il Ppe riceveva all’inizio della scorsa legislatura (2009) circa 3,5 mln rispetto ai 9,5 attuali e i Socialisti 3,1 rispetto ai 6,5 di adesso. Complessivamente il finanziamento pubblico europeo per le attività dei soli partiti supera nel 2014 i 25 milioni di euro.
Chi controlla come vengono spesi i soldi dei contribuenti destinati ai partiti europei? Tutti i bilanci sono disponibili online, è vero, ma i partiti hanno l’obbligo solo di fornire il totale, non di rendicontare le singole spese. Le eventuali sanzioni, se ci sono stati abusi, sono verificate da una società esterna entro un anno dall’ultimo bilancio. Sia ben chiaro, il finanziamento per i gruppi politici del Parlamento fa conto a sé, come anche quello per gli stipendi dei singoli eurodeputati. I gruppi vengono finanziati con 59,8 milioni di euro (questo il budget per 2014 e il 2015), in leggera ma costante salita dal 2012 (57 milioni). Per i singoli parlamentari, le cifre pagate con i soldi dei cittadini europei sono le seguenti: 6.250 euro netti di stipendio mensile base, a cui va aggiunta l’indennità giornaliera di 304 euro e infine una cifra forfettaria di 4.299 al mese per generiche spese amministrative, una voce molto controversa perché non richiede giustificazione. Ci sono anche 21.000 euro complessivi per pagare fino a tre assistenti, soldi gestiti dall’amministrazione del Parlamento e non dai singoli deputati. L’assistente riceve uno stipendio che oscilla da un minimo di circa 2.000 euro per un lavoro full time a un massimo di 7.000 e che è proporzionale alle sue competenze professionali e agli anni di servizio.
@andreavaldambri
Andrea Valdambrini, il Fatto Quotidiano 30/6/2014