Paolo Brusorio, La Stampa 30/6/2014, 30 giugno 2014
“IL TORO È FATTO POI ARRIVERÀ LA CILIEGINA FINALE”
[Intervista a Urbano Cairo] –
Tocca al Toro ricominciare, vetrina impegnativa dopo il fallimento della Nazionale. Presidente Cairo, siete pronti?
«Scriveremo la prima pagina della nuova stagione, ci fa piacere. È il segnale che abbiamo fatto qualcosa di buono nell’ultimo campionato».
Partite presto per l’Europa League: preoccupato per la sentenza Tas?
«Sono sereno. L’ho spiegato anche al Parma, non siamo guerrafondai o avvoltoi. Noi siamo stati bravi, il Parma di più tanto che ho fatto loro i complimenti. Poi hanno avuto il problema con l’Irpef: se non ci fossimo mossi noi, o se noi non avessimo avuto le credenziali, si sarebbe mosso il Milan. Insomma, il nostro è stato un atto dovuto».
Bene, ma la preoccupa il verdetto del Tas o no?
«Quel che decideranno non dipende certo da me. Tre gradi di giudizio mi sembrano parlino chiaro però...».
Partire il primo luglio ha dato una vistosa accelerazione al mercato: quanto vi ha complicato le scelte?
«Ormai è da un paio di stagioni che ci muoviamo così. La squadra ora è fatta, per quando saliremo a Bormio saremo al 90%. La ciliegina sulla torta più avanti, ma non troppo».
Basta con gli affari last minute allora?
«L’ho imparato sulla mia pelle. Spesso quelli non solo affari, ma sóle».
Cosa le ha fatto cambiare idea?
«L’esperienza e soprattutto Ventura. Prima di lui nessun allenatore aveva posto l’attenzione sulla necessità di avere i giocatori a disposizione il prima possibile. Per questioni fisiche, ma anche tecnico-tattiche».
Europa League: quanto conta per convincere i nuovi a venire al Toro?
«È stata importante ma non decisiva. Da un paio di anni c’è molta più voglia di vestire la maglia granata, i giocatori hanno capito che la nostra è una piazza dove si cresce. Ambiente, gruppo e un certo modo di fare calcio: si può arrivare qui da sconosciuti o quasi e arrivare in Nazionale. Proprio come Darmian».
Già che ci siamo: che effetto le ha fatto vederlo con la maglia azzurra?
«Di grande orgoglio e di grande emozione. Mi creda, palpitavo ogni volta che gli arrivava il pallone: speravo facesse sempre la cosa migliore. Direi che se l’è cavata proprio bene. Lui incarna la crescita del Toro, l’ho detto prima del Mondiale. Non posso che ribadirlo».
Rimarrà in granata?
«Non ci sono dubbi. Da qui non si muove».
La parola è un po’ desueta, ma si può dire che è incedibile?
«Si può dire».
Anche per Cerci?
«Non ho ancora parlato con lui, quindi non so quale sia la sua volontà. Di certo, non ho ricevuto alcuna offerta. Farò di tutto per tenerlo qui, magari non mi chiama neanche e il problema non c’è. Mi aspetto da Cerci un bel messaggio di fedeltà, sarebbe bello arrivasse».
Josef Martinez, Sanchez Mino: come li avete scelti?
«Muovendoci per tempo. E facendoli vedere da più occhi».
Scommesse o qualcosa di più?
«Beh, visto quanto li ho pagati direi che scommessa non è la parola giusta».
Sta arrivando anche Ruben Perez, centrocampista dell’Atletico Madrid in prestito all’Elche. Conferma?
«Parlo solo dei giocatori che sono già nostri».
El Kaddouri tornerà?
«Siamo a buon punto. Con il Napoli stiamo studiando un prestito oneroso con diritto di riscatto».
La ciliegina sulla torta sarà un attaccante?
«Sì».
Per stare all’identikit: più Quagliarella o più Zapata? Insomma: si punta sull’esperienza o sulla gioventù?
«Stiamo valutando tre profili. Tra italiani e stranieri».
Quagliarella ha tanta esperienza ma anche un ingaggio di due milioni netti. Ha un profilo da Toro?
«Tutto è legato alle motivazioni».
A proposito di centravanti, pentito di aver venduto Immobile così presto e a soli 19,5 milioni?
«Come si dice: cosa fatta capo ha. Qualcuno mi ha anche detto che se avessimo aspettato il mondiale avremmo portato a casa anche meno visto come è andata. Ma qui ha deciso la volontà di Immobile, voleva cambiare».
L’ha delusa?
«No. E gli auguro tutto il bene possibile. È stato qui troppo poco tempo perché si legasse a noi in maniera così importante. Ci speravo, vero, ma non l’ho mai ritenuta una opzione possibile».
Immobile chiama il disastro della Nazionale: lei fa parte del consiglio di Lega, la sua ricetta per ripartire?
«Quattro punti: investire nei vivai, migliorare gli stadi...»
Non proprio originalissimi...
«Vero, ma imprescindibili. Gli altri due? Una quota italiana di giocatori in campo in ogni partita e le seconde squadre. Un giovane è meglio farlo crescere in casa che mandarlo in giro per categorie inferiori».
Ne ha parlato con i colleghi?
«Per ora è solo una mia idea».
Alla Figc meglio un manager esterno o un federale?
«Come sempre il problema sono i progetti. Un manager senza idee o, peggio, con le idee ma privo di capacità di manovra sarebbe inutile».
Quante volte ha sentito Ventura?
«Non molte. L’ultima sabato sera. “Mister, gli ho detto, ma non è stufo di stare in vacanza?”».
Paolo Brusorio, La Stampa 30/6/2014